Dopo l’età d’oro del gas, il boom delle rinnovabili, siamo ora giunti all’era dell’elettricità. È risaputo che senza un’elettrificazione spinta non c’è transizione; che il mondo elettrico – automobili a batteria, riscaldamento con pompe di calore, fornelli elettrici – è meno inquinante. Sempre che siano fonti a basso contenuto di carbonio a generare quell’elettricità.



Il rapporto presentato martedì dall’Agenzia internazionale per l’energia (Aie) evidenzia che dal 2010 a oggi l’impiego di elettricità è cresciuto a un ritmo doppio rispetto alla domanda di energia primaria: mediamente 2,7% l’anno contro 1,4%. Ma aggiunge anche che l’accelerazione della domanda di kilowattora in tutto il mondo rende più difficile per i Paesi abbattere le proprie emissioni e mantenere il cambiamento climatico sotto controllo. Nel prossimo decennio, a politiche correnti, il fabbisogno elettrico globale crescerà ogni anno dell’equivalente della domanda del Giappone”, più di 900 Terawattora, trascinato dalla domanda della manifattura, l’elettrificazione dei trasporti, la diffusione dei climatizzatori e il potenziamento dei data center. Rispetto alla fame di energia di questi ultimi, stimata intorno al 2,5% della domanda globale, è notizia recente che sia Google che Microsoft e ora anche Amazon scommettono sul nucleare, riattivando dei reattori spenti o investendo nella costruzione di piccoli reattori modulari (Smr).



Rispetto alle proiezioni dell’anno scorso, l’Agenzia prevede un aggiustamento al rialzo (+6%) della domanda elettrica. Per quanto l’Agenzia sia fiduciosa sulla capacità degli Stati di soddisfare entro la fine del decennio l’aumento della domanda con fonti pulite – solare, eolico e nucleare – siamo fuori traiettoria dell’obiettivo NZE2050, ossia azzerare il saldo netto delle emissioni, tra quelle nuove emesse e la capacità di assorbimento con sistemi naturali e man-made come carbon capture. Le fonti green dovrebbero più che raddoppiare entro 2035.

Per capire, la portata della sfida, va ricordato che nell’ ultimo anno per il quale esistono dati certi, il 2023, la domanda totale di energia è cresciuta del 2%, sopra la media decennale afflitta dal rallentamento imposto all’economia dalla pandemia. Di questo 2% solo una parte minoritaria dalla crescita è stata coperta dalle rinnovabili (0,4 punti percentuali), mentre il restante dai combustibili fossili tradizionali. Dunque, nonostante la crescita tumultuosa delle rinnovabili, la fame di energia lo è anche di più riducendo la curva in discesa delle emissioni di gas serra. A politiche vigenti, il calo delle emissioni di carbonio è 3% entro il 2030, mentre per raggiungere gli obiettivi di Parigi servirebbe -33%. La discesa dei prezzi delle tecnologie di energetiche pulite ne favoriscono la diffusione, tuttavia gli investimenti nelle reti e accumulatori devono accelerare per stare al passo.



Inoltre, incombono diversi i fattori di incertezza. Il rallentamento delle vendite delle auto elettriche in Europa e negli Stati Uniti non controbilancia l’ottima performance del mercato cinese, dove metà delle nuove immatricolazioni riguarda veicoli con batteria. A dispetto delle proiezioni dell’Agenzia, il carbone non viene consumato meno per effetto della penetrazione del solare ed eolico, anzi. Quest’anno ha toccato il nuovo picco storico di 8,7 miliardi di tonnellate. Langue anche l’atteso tramonto del mercato dei carburanti fossili per i quali l’Agenzia aveva previsto una discesa della domanda in questa decade per effetto dell’elettrificazione dei trasporti. L’elevato numero di terminali per il trasporto del gas liquefatto in costruzione negli Stati Uniti e Qatar potrebbe di portare a un eccesso di offerta con conseguente calo dei prezzi, per il sollievo dei Paesi europei e asiatici strozzati dai rialzi causati dall’invasione russa dell’Ucraina nel 2022. Rendendo di converso meno allettante la transizione energetica.

Le prossime elezioni statunitensi del 5 novembre sono un’altra incognita che pesa sul futuro delle tecnologie pulite. Il candidato Trump ha promesso di cancellare tutte le misure a beneficio di queste e di riprendere lo sfruttamento dei giacimenti nazionali di petrolio e gas. Il rapporto dell’Agenzia, quindi, prudenzialmente riconosce che “c’è, a breve termine, maggiore incertezza del solito” su come le politiche energetiche globali evolveranno. Senza dimenticare che l’euforia degli investitori e dei risparmiatori a pagare un sovrapprezzo per la sostenibilità si è – in quest’ultimo anno – notevolmente raffreddata.

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