Un 2020 che si porterà dietro tutte le sciagure di questi ultimi anni conducendole alle estreme conseguenze, ci ha detto Gian Micalessin,  corrispondente de Il Giornale e autore di reportage per la Rai e Mediaset da decine di teatri di guerra. Libia in primo piano, con la sconfitta ormai definitiva dell’Europa, di cui a pagare le conseguenze maggiori sarà l’Italia, e la vittoria della strategia russo-turca per spartirsi il paese. Sconfitta europea anche per quanto riguarda l’Ucraina, abbandonata a se stessa e costretta a riprendere i rapporti con Mosca. Il tutto mentre Hong Kong vede avvicinarsi la repressione armata di Pechino che non può permettere ancora le manifestazioni di protesta e mentre Trump, grazie al fallimento inevitabile dell’impeachment, si candida a una quasi sicura vittoria elettorale grazie anche al calo della disoccupazione a livelli mai toccati nella storia americana. Ecco cosa ci ha detto.



Proviamo a immaginare le tendenze e gli sviluppi delle varie crisi sparse nel mondo nel corso del nuovo anno. Sicuramente la Libia è quella più preoccupante?

La Libia è sicuramente il posto più caldo. Penso che in Libia vedremo un ridimensionamento sempre maggiore del ruolo europeo e soprattutto italiano e un sempre maggiore coinvolgimento di Russia e Turchia. Nei primi giorni di gennaio Erdogan e Putin si incontreranno per definire un accordo allargato che va dalla Siria alla Libia.



Una spartizione?

Si tratterà della chiusura del conflitto siriano con l’eliminazione delle formazioni qaediste nella provincia di Idlib e una sostanziale spartizione in zone di interesse in Libia. Erdogan rinuncia all’influenza sulla Siria per averne una maggiore intorno a Tripoli e Misurata e spartirsi il resto del paese con la Russia.

Un panorama inquietante soprattutto per Europa e Italia, no?

Per l’Italia soprattutto, perché rischiamo di perdere le nostre concessioni energetiche di gas e petrolio dato che la Turchia è affamata di energia ed è il motivo vero del suo interesse per la Libia. Lo abbiamo visto con la firma del trattato turco-libico sul Mediterraneo orientale che ha come motivo la ricerca di gas sulle coste libiche e quelle di Cipro. Inoltre la Libia diventa il secondo avamposto da cui Erdogan può minacciare l’Europa con l’arma dei migranti. Ci minacciava dalla Turchia con i siriani, ci raddoppia la minaccia dalla Libia.



Dalla crisi ucraina arrivano invece segnali di disgelo: è un fatto positivo?

Non per il popolo ucraino. Dopo il recente incontro tra Macron e Putin si sta arrivando a un’intesa per arrivare alla pacificazione della crisi ucraina. Macron gioca a fare l’ago della bilancia per ragioni interne, per rilanciare la grandeur francese, e Putin e il nuovo presidente ucraino si stanno trovando d’accordo dopo che quest’ultimo ha perso le speranze di avere l’aiuto europeo.

In che senso?

Quella di Kiev di entrare nell’Unione e ricevere soldi a fondo perduto era un’utopia. Il presidente ucraino sta capendo che il suo naturale sbocco economico è la Russia, si sta tornando al pre 2014. È appena stato annunciato un nuovo scambio di prigionieri, ulteriore dimostrazione di cui come l’America sia sempre più assente in ogni parte, dal quadrante libico a quello mediorientale e quello europeo. La crisi ucraina era stata manovrata dagli Usa e l’Europa era solo lo strumento.

Torniamo in Africa. I paesi del Sahel, oltre la Somalia, dal Niger al Burkina Faso sono sempre più teatro di guerre sanguinarie con milizie jihadiste. Che scenario ci dobbiamo aspettare?

Ci siamo sempre illusi di aver vinto il fondamentalismo sconfiggendo l’Isis a Raqqa e Mosul, ma quello era solo l’aspetto più esteriore del fondamentalismo islamico. In questi paesi africani invece lo scontro si gioca sui numeri e il numero dei musulmani in centro Africa è enorme. In questo mare è chiaro che il fondamentalismo ha un ruolo importante, è una battaglia globale. Isis e al Qaeda sono solo manifestazioni esteriori del carattere di una parte dell’islam, i salafiti e i wahabiti che vogliono imporre il dominio sul mondo, sarà una battaglia che durerà decenni e non solo in Africa.

Che futuro prevedi per Hong Kong?

La Cina primo o dopo dovrà mettere fine alla rivolta perché lasciarla vinta significherebbe dare fiato e speranze a chi nel fronte interno è contro il comunismo e il capitalismo di Stato. Ogni anno in Cina ci sono centinaia di rivolte locali represse con il sangue. Lasciare che a Hong Kong si continui a manifestare sarebbe un grave rischio. Temo purtroppo che la rivolta verrà stroncata con la forza nell’indifferenza del mondo che della Cina è interessato solo ai rapporti economici.

L’impeachment di Donald Trump finirà in una bolla?

Finirà in nulla non appena arriverà in senato dove la maggioranza è repubblicana e quindi si sgonfierà tutto, come era prevedibile. Di questo beneficerà Trump per la sua rielezione, che ha dalla sua l’economia e un’America profonda che pensa che queste manovre democratiche siano l’uso giudiziario della politica perché non riescono a sconfiggere politicamente Trump il quale sarà quasi sicuramente rieletto nel 2020 visto che ha il 50% dell’appoggio popolare, un’economia che cresce e una disoccupazione che cala a livelli senza precedenti nella storia americana. Infine anche perché i democratici non riescono a trovare un candidato credibile.

Il tema dei migranti che dimensioni assumerà nel 2020? Recentemente il governo ha detto che nel corso del 2019 il numero si è dimezzato. Continuerà così?

Assolutamente no. In questi giorni è successo un fatto senza precedenti, sono sbarcati 30 migranti libici. Fino a oggi non era mai scappato quasi nessuno dalla Libia. Se cade Tripoli potremmo trovarci davanti a una emergenza senza precedenti.

Quale?

Dovremmo accoglierli tutti perché scappano davvero davanti a una guerra e poi il nostro rapporto con la Libia è sempre stato amichevole. In quanto ai numeri del governo sono falsi, perché dire che il numero dei migranti si è dimezzato nel 2019 non dice che è successo negli otto mesi in cui Salvini era ministro. Nei quattro mesi invece della nuova gestione Conte il numero è raddoppiato e questo ci dice come il governo ci stia propinando cifre false.

(Paolo Vites)