Non ci sono le condizioni per sostituire Conte, almeno per ora, dice Stefano Folli, editorialista di Repubblica. Soprattutto perché chi preme per andare a un rimpasto – “un modo per parlare di crisi di governo senza essere accusati di destabilizzare” – non ha in mente né un sostituto di Conte né una maggioranza alternativa. Eventuali novità, secondo Folli, potrebbero venire solo con la fine dell’emergenza sanitaria. 



I maggiori problemi vengono invece dalla riforma del trattato Mes. Nella riunione di ieri dell’Eurogruppo, il ministro dell’Economia Gualtieri ha annunciato che l’Italia non porrà il veto alla riforma del trattato. Ora “rimane la firma del trattato e la procedura di ratifica”, ha detto il commissario europeo Gentiloni.



Il Parlamento dovrà pronunciarsi il 9 dicembre. Chiediamo a Folli se anche i 5 Stelle seguiranno definitivamente la linea Conte-Gualtieri: sì alla riforma del trattato, ma “assoluta contrarietà all’uso”, come ha detto ieri in audizione il titolare dell’Economia.

“Sì, secondo me faranno così. Mi sembrano avviati ad accettare la riforma del trattato, ma senza utilizzarlo, perché – questa la motivazione addotta – non ne abbiamo bisogno”.

L’operazione avrà i voti di Berlusconi?

Se avverrà in questi termini, via libera alla riforma senza utilizzo, sì. 

Un conto è votare lo scostamento di bilancio, cosa che il centrodestra ha già fatto più volte, un conto è votare il Mes. Ma la Lega si è sempre opposta al trattato in modo risoluto.



Lo scostamento di bilancio era una piccola cosa rispetto alle sfide sulle scelte di fondo che il centrodestra deve affrontare. E questa del Mes è una scelta di fondo…

Qual è la sua previsione?

Se Berlusconi lo vota, come sicuramente farà, o il centrodestra evolve rapidamente in maniera significativa, ma al momento non ci sono indizi che inducono a pensarlo, oppure il centrodestra si divide. Non c’è altra soluzione. Se ci fosse la spaccatura, sarebbe un fatto nuovo molto significativo.

Lei ha parlato di “cortina fumogena di commissioni ed esperti” per gestire il Recovery Plan. È quella di chi sa molto bene cosa fare o piuttosto di chi non sa da dove cominciare?

Il Recovery non è per domattina, è tutto da costruire. Ci vorrà del tempo per avere i fondi, perché ci sono dei nodi europei che vanno sciolti. E non riguardano solo Polonia e Ungheria. Il fatto che l’Italia sia parecchio in ritardo non piace affatto a Berlino e a Parigi, dove si è diffusa la sensazione che non stiamo facendo quello che dovremmo.

Da che cosa dipendono le divergenze?

Vertono sulla gestione e l’organizzazione dei progetti, ma soprattutto sul fatto che il capo del governo, giustamente, vuole avere l’ultima parola.

Commissioni e sottocommissioni…

Sembrano un modo per mettere la sordina ai nostri ritardi. Allo stesso tempo nel governo si ragiona e si parla del Recovery come se fosse già arrivato. Non va bene.

Che senso ha parlare di rimpasto?

Rimpasto può voler dire due cose. Se riguarda ministri secondari, non interessa a nessuno. Se invece riguarda ministri di primo piano, finisce per chiamare in causa il presidente del Consiglio. Allora non è più un rimpasto, e parlare di rimpasto è un modo per parlare di crisi di governo senza essere accusati di voler destabilizzare.

D’accordo. Quando?

Non credo che possa succedere qualcosa domani. Siamo nel pieno dell’emergenza sanitaria e questo è un grande deterrente.

Mattarella ha fatto chiaramente sapere che cosa pensa del rimpasto. Servirebbe l’apertura formale di una crisi e un voto di fiducia davanti alle camere.

Mattarella è preoccupato dell’instabilità. Tutto quello che va in questa direzione non può piacergli perché non ce lo possiamo permettere.

I leader dei partiti conoscono Mattarella. Si atterranno alle indicazioni del Colle, oppure le pressioni su Conte significano che la moral suasion è esaurita?

Io penso che ognuno faccia ancora la sua parte. Il Quirinale sta spingendo il governo ad essere solerte rispetto alle istituzioni europee e al fatto che dobbiamo presentarci con le carte in ordine. I partiti vorrebbero un cambio di passo, anche con una crisi di governo, ma non basta volerlo.

Che cosa intende?

Al momento non ci sono idee chiare su chi potrebbe sostituire Conte e soprattutto su quale dovrebbe essere l’assetto politico dell’eventuale nuovo governo. 

(Federico Ferraù)