Caso Sea Watch, assestamento di bilancio rinviato a lunedì prossimo, scontro Lega-M5s sull’autonomia. Sono i dossier più scottanti del governo. Intanto il decreto crescita è stato approvato in via definitiva dal Senato. Secondo Stefano Folli, editorialista di Repubblica, Salvini non farà cadere il governo perché il riassetto dei poteri in Europa non è completato e la strada è ancora lunga. Meglio aspettare e usufruire di una rendita di posizione stando a Palazzo Chigi con Conte e Di Maio. Almeno fino a fine anno. Dall’anno prossimo invece tutto può succedere.
Folli, cosa bolle all’interno del governo?
Non ci sono più margini per accordi su riforme di rilievo, perché nella maggioranza il dialogo è tra sordi. È come se il governo fosse già in crisi e si limitasse al disbrigo degli affari correnti.
Salvini non doveva aver guadagnato margini di agibilità politica dopo le europee, a discapito di M5s?
Bisogna distinguere. Su temi come immigrazione e sicurezza ha la strada spianata e i 5 Stelle possono solo seguirlo. Anche la Tav adesso è fattibile perché i 5 Stelle stanno mollando. Sul resto le cose si complicano. L’autonomia è un tema così difficile e complesso che l’attrito con M5s basta a bloccare tutto.
Non si farà?
Servirebbe un accordo politico di profilo così ampio da essere fuori portata.
I 5 Stelle sono coesi dietro Di Maio, nonostante le divisioni interne?
La linea governista di Di Maio è insidiata dal movimentismo di Di Battista e dalla sinistra di Fico, però è ancora prevalente, per evidenti ragioni di potere. I 5 Stelle oggi non sono in grado di immaginare una prospettiva politica alternativa all’attuale governo; per la verità, nemmeno Salvini.
Nella Lega ci sarebbero diverse linee. Salvini non vuole le elezioni, tutti gli altri sì; idem sulla politica economica: Giorgetti e Garavaglia da una parte, Bagnai e Borghi dall’altra.
Salvini è il leader che ha portato la Lega dal 4 al 34% e nessuno oggi ha la forza di contestarlo. Il problema semmai è cosa vuol fare lui, Salvini. Le posizioni di Bagnai e Borghi hanno spazio e peso politico solo se Salvini lo permette.
Secondo lei cosa vuole fare Salvini?
Secondo me l’idea di andare alle elezioni lo preoccupa. Non ha nessuna intenzione di farlo.
Quindi quando sostiene di volere andare avanti con Di Maio dice la verità.
Evitare l’incognita delle urne e ricavare vantaggi da una rendita di posizione al governo può essere conveniente, dalla Sea Watch alla Tav. Se si andasse al voto è chiaro che Salvini vincerebbe, da solo o con la Meloni o anche con il vecchio centrodestra, ma questa vittoria comporterebbe una responsabilità politica enorme che Salvini dovrebbe assumersi in proprio, da solo, il giorno dopo il voto, facendo il premier. A quel punto non ci sarebbe più nessun filtro, né Conte, né M5s da usare come capro espiatorio. Ma soprattutto diventeremmo la grande anomalia d’Europa.
Meglio evitarlo.
Saremmo un paese con un premier e una maggioranza nettamente di destra. Nessun paese importante come l’Italia ha un profilo politico del genere in Europa occidentale. Questo determinerebbe una serie di conseguenze al momento insondabili e dunque imprevedibili.
E Salvini è l’ultimo che vuole mettersi in questa situazione.
Infatti. Per questo a mio modo di vedere il voto a settembre è un problema che non si pone. Però il nodo della convenienza politica di Salvini e del governo bloccato dovrà trovare una soluzione entro l’anno; dunque la prospettiva di andare a elezioni nel 2020 rimane valida.
Ci prepariamo a una manovra finanziaria di compromesso?
Bisogna vedere cosa succede in Europa. Sulla procedura di infrazione non tutto è stato deciso, ci sono cautele, aperture. Questo perché la procedura, anche se formalmente non è così, si lega allo stato dei rapporti politici in Europa.
Si riferisce ai negoziati sulla nuova Commissione?
Sì, ci sono difficoltà politiche senza precedenti. Non solo: anche le condizioni di salute della Merkel possono diventare un elemento da tenere in considerazione. Potremmo non avere la Commissione prima della fine dell’anno.
E questo inevitabilmente si intreccia con la procedura di infrazione. Pesano di più le ragioni tecniche o quelle politiche?
Indubbiamente le seconde. Si vuole punire l’Italia. È sempre la volontà politica a premere sull’acceleratore delle procedure, ma per farlo ci vuole qualcuno che ne abbia la forza politica e la convenienza. E qui torniamo a quanto detto. A Salvini non conviene far precipitare il castello di carte mentre siamo in questa zona grigia. E questo il capo della Lega lo ha ben chiaro.
(Federico Ferraù)