Un governo immobile dopo aver approvato la legge di Bilancio 2020 e incerto di fronte ai preoccupanti sviluppi del quadro internazionale, dal Medio Oriente alla Libia, potrebbe di nuovo entrare in una fase di fibrillazione: oggi è in programma un vertice di maggioranza sulla giustizia, uno dei temi più divisivi per Pd, M5S e Italia Viva. Sullo sfondo, intanto, aleggiano una verifica di governo che nessuno vuole affrontare adesso, una certa insofferenza degli Stati Uniti verso la figura del premier Conte, l’approssimarsi della decisiva tornata elettorale in Emilia Romagna. Il governo riuscirà a passare indenne tra queste insidie? Lo abbiamo chiesto a Stefano Folli, editorialista di Repubblica.
Il nodo della prescrizione può diventare uno scoglio pericoloso sul cammino del governo?
Molto pericoloso. Si vedranno, ma non arriveranno a una conclusione. Non sapendo esattamente cosa fare, spira una forte aria di rinvio, almeno fino alle elezioni in Emilia Romagna, che stanno diventando il refugium peccatorum.
Il voto in Emilia è un crocevia decisivo, anche per le sorti del governo?
Il punto di maggiore rilevanza del voto in Emilia sarà su chi diventerà il governatore, se toccherà ancora a Bonaccini o prevarrà la Borgonzoni. In subordine, sarà importante vedere se un’eventuale vittoria di Bonaccini gli garantirà anche una maggioranza consiliare per governare la regione. In terzo luogo, ma con un’importanza quasi pari al primo punto, tutto ruoterà su come andranno i Cinquestelle.
Che scenari si potrebbero aprire?
Se i Cinquestelle usciranno distrutti in questo turno elettorale, raccogliendo molto meno di quanto vengono accreditati nei sondaggi nazionali, oggi intorno al 16%, e in una regione come l’Emilia Romagna è possibile che ciò accada, si aprirebbe un serio problema politico nella maggioranza, perché la loro spinta centrifuga si accentuerebbe e i rapporti di forza con il Pd non reggerebbero più. Già adesso sono difficili, figuriamoci dopo.
Dovesse andare incontro a una debacle elettorale, Di Maio non sarebbe a quel punto tentato di riproporre con maggior forza i temi più fortemente identitari, accentuando così divisioni e inerzie?
Certo, ma questo pone un problema enorme al Pd, che a sua volta ha dovuto cedere su parecchi temi, vedi la prescrizione. Soprattutto se si dovesse verificare la forbice: Bonaccini vince, rincuorando così i democratici, ma al tempo stesso il M5s entra nell’area della destabilizzazione totale. Difficile a quel punto che Di Maio possa imporre di nuovo un radicalismo che risulterebbe inaccettabile per il Pd.
La crescente debolezza del M5s è il motivo che sta spingendo Conte sempre più vicino al Pd?
Conte ha tutto l’interesse ad avvolgersi nel mantello del Partito democratico, ma il Pd non lo vuole tanto in casa come un indipendente qualunque. I democratici hanno bisogno che porti in dote una cospicua quantità di voti dei Cinquestelle, in rappresentanza della parte buona, ragionevole, governativa del Movimento.
E Conte ha questa possibilità?
A mio avviso il M5s tenderà a dividersi in tre mozziconi. Uno legato a Paragone e Di Battista, anti-sistema e un po’ sovranista, con la velleità di essere un po’ autonomi ma con il rischio poi di entrare nell’orbita della Lega. Un altro mozzicone che fa riferimento a una sorta di orgoglio primitivo, vicino a Di Maio, ma sempre più in difficoltà. Un terzo troncone, infine, più filo-govenativo e filo-Pd, che passa da Grillo e arriva a Conte e Patuanelli. In questo troncone potrebbero confluire anche quei parlamentari grillini che hanno paura di non essere ricandidati alla prossime elezioni, ma potrebbero non essere sufficienti.
Intanto il governo continua a non far nulla, non decide su nulla, rinvia tutto, ma resiste…
Resiste perché è immobile. Sembra la fotografia di quell’orsetto lavatore che abbiamo visto in questi giorni su internet: una volta scoperto dopo essere entrato in un giardino, si è bloccato come fosse una statua.
Ma fino a quando può continuare questo immobilismo? Dopo il 26 gennaio può diventare implosione?
In un governo già oggi debole l’implosione potrà esserci se si verificano le tre circostanze a cui accennavo prima. Cercheranno comunque di trovare qualche compromesso, ma entreranno in gioco altri fattori, a partire dal contesto internazionale.
Le tensioni Usa-Iran e il caos libico hanno evidenziato quanto l’Italia sullo scacchiere internazionale sia debole e incerta. A distanza di sei mesi dal famoso tweet di Trump, gli americani oggi si fidano ancora di “Giuseppi” Conte?
La scarsissima considerazione in cui gli Usa ci tengono mi pare evidente. Hanno lasciato nascere questo governo l’estate scorsa, ora ci devono fare i conti, almeno finché non cambierà lo scenario politico. Comunque, se anche dovesse essere confermata questa perdita totale di favore da parte dell’America, gli sviluppi successivi non sarebbero immediati. Il cambio di scenario passa solo attraverso nuove elezioni.
Ma oggi chi ha interesse davvero ad andare al voto, visto che divisioni e inerzia del governo giallo-rosso non fanno altro che incancrenire e moltiplicare i problemi?
Formalmente ad avere interesse sono Salvini e Meloni. In pratica credo che tutti abbiano una certa paura a prendere in mano il Paese in una situazione interna, economica e ora anche internazionale così difficile. L’idea, in se’ non assurda ma del tutto irrealizzabile, che si possa fare un governo di solidarietà nazionale fa capire come al di là della retorica quasi nessuno vuole andare alle elezioni in questo momento. Ma questo non significa che non ci si possa arrivare. Se questa fragile lastra di ghiaccio su cui cammina il governo Conte dovesse rompersi, non vedo un altro governo in questa legislatura. Tutti hanno interesse ad aspettare il voto in Emilia Romagna e quando si attribuisce una tale importanza a una scadenza significa che non si sa bene che pesci pigliare. Si aspetta questa scadenza e poi si comincia un nuovo giro di roulette.
Il caso Gregoretti potrebbe azzoppare la corsa di Salvini?
Penso di no. Salvini ha già abbastanza frenato la sua corsa nei sondaggi, il suo momento magico è finito, il che non vuol dire che non possa tornare in base a qualche elemento nuovo. Una persecuzione giudiziaria lo favorirebbe, perché sarebbe troppo palese l’intento politico di questa iniziativa dei giudici. Ma non basterebbe comunque né ad annientarlo, né a rilanciarlo in pieno.
(Marco Biscella)