Governo al capolinea? La situazione rimarrà com’è fino a settembre, dice Stefano Folli, editorialista di Repubblica. Ha poco senso parlare di patto Prodi-Berlusconi. “La vera novità verrà dalla situazione che si crea nel paese con la crisi economica, che sarà terribile, e dal voto regionale. Solo allora vedremo quali saranno le ricadute negli equilibri di governo”.
L’Europa dell’Italia non si fida e vuole ingabbiarla, Berlusconi e il Mes – spiega Folli – servono a questo.
Conte prima annuncia la proroga dello stato di emergenza fino al 31 dicembre, poi ci ripensa. Se verrà deciso, si dovrà passare per il Parlamento.
Bisognerebbe avere un quadro completo della situazione sanitaria, ma prorogare adesso, quando sta scadendo il vecchio stato di emergenza (31 luglio, ndr) ha il sapore di un espediente politico. Se è una mossa fatta per durare, non credo che sarà sufficiente.
Autostrade, la crisi di M5s, il sì di Berlusconi al Mes, il sì di Prodi a Berlusconi, l’inadeguatezza del governo: da dove cominciare per capire la crisi?
Lo diciamo da tempo: è chiaro che tutto il dibattito politico ruota intorno alla crisi d’autunno e a chi se ne farà carico. Questo governo è fragile e precario, e non è adeguato a sostenere una sfida così terribile come quella in arrivo. D’altra parte una formula politica diversa al momento non si vede.
Davvero siamo sempre allo stesso punto?
Quale dovrebbe essere la via d’uscita alternativa? Io non la vedo. Un governo di salute pubblica?
Intanto c’è la disponibilità di Berlusconi ad appoggiare Conte. È sempre più concreta, anche se Berlusconi la nega, come ha fatto ieri sul Fatto Quotidiano.
Ma Berlusconi non può aggregarsi a questa maggioranza così su due piedi, questo è fuori discussione. Perché avvenga, occorre immaginare una vera e propria crisi di governo. Altrimenti bisognerebbe immaginare che Berlusconi e M5s siano insieme in maggioranza. Non è possibile.
Forse con una parte dei 5 Stelle.
Ma allora bisogna immaginare una scissione definitiva del Movimento. In questo caso, anche sommando un pezzo di M5s, FI e Pd, si rischia di non avere voti sufficienti al Senato.
Insomma mancano le condizioni politiche.
Ad oggi sono assenti. C’è un altro elemento. Finora Berlusconi ha scelto di rimanere alleato della destra non per simpatia nei confronti di Salvini, anzi tra i due la distanza è profonda, ma perché c’è un reticolo di potere locale che fin qui ha suggerito di mantenere l’alleanza FI-Lega. Bisognerebbe quindi immaginare un Berlusconi che rompe definitivamente questa alleanza.
Possibile?
Non lo ha mai fatto. Berlusconi cerca semmai di distinguersi in maniera netta dall’alleato che non gli piace, oggi lo fa con il Mes, ma evita puntualmente di fare gli ultimi passi verso la separazione.
E l’ipotesi di Berlusconi come nuovo perno di forze centriste?
Sulla carta, giornalisticamente parlando, è possibile tutto, nella realtà molto meno. Sarebbero manovre puramente parlamentari.
Però la situazione non può rimanere così in eterno.
Bisogna accettare l’idea che fino a settembre non succede niente e ci teniamo questo governo inadeguato. A settembre ci sono le elezioni regionali, quello è il nuovo punto di partenza.
Lei che cosa prevede?
Tutto dipende da M5s e Pd. Il Pd è in affanno, sta gestendo una situazione complessa e secondo me non si discosta molto dal risultato delle ultime politiche (18-19%, ndr) anche se i sondaggi lo danno un po’ sopra. M5s è in uno stato di disgregazione secondo me irreversibile.
Sulla base di questa premessa?
Al momento Marche e Puglia sono regioni contendibili. Lo è anche la Liguria, con Toti in vantaggio. Se il Pd vince in queste regioni e in Toscana, oltre a mantenere la Campania, conferma di contare. Ma se il Pd in queste regioni perde, conservando solo Lazio, Toscana e Campania, vuol dire che il partito che storicamente ha fatto da perno nel sistema di potere regionale italiano è in crisi grave.
In che modo i risultati regionali condizionano il quadro nazionale?
Perché l’ipotesi Berlusconi prenda corpo, occorre un Pd non frastornato dalle elezioni ma consolidato, e un centrodestra non troppo sulla cresta dell’onda nella sua versione sovranista. Solo a questo punto, non prima, si può fare uno scenario realistico.
Eppure viene spontaneo pensare a uno scambio Prodi-Berlusconi: rilegittimazione dell’ex premier, che va in maggioranza con il Pd, e Prodi al Colle.
Sono congetture che lasciano il tempo che trovano. Quella di Prodi è una mossa per attirare Berlusconi nell’area di governo, ma non dimentichiamo che Berlusconi è nel Ppe, ha tutto l’interesse ad essere interlocutore delle forze di governo, non serve pensare a chissà quali patti.
Interesse pubblico ma anche privato: vedi alla voce Mediaset-ProSiebenSat.
Certo: è quello che Berlusconi ha sempre fatto, tutelare se stesso e i suoi interessi economici restando in un’area di governo allargata. Non c’è niente di veramente nuovo in questo. La vera novità verrà dalla situazione che si crea nel paese e dal voto regionale. È allora che vedremo le ricadute in termini di equilibri di governo.
I Cinquestelle su Autostrade terranno la linea dura?
Non credo a un’ipotesi scenografica che veda la cacciata dei Benetton. Si troverà una qualche forma di compromesso che permette al governo di vantare una discontinuità col passato. Ma è evidente che per M5s non sarà un gran successo.
Andiamo in Europa. Richiamo solo alcuni elementi: la fretta di ripristinare il patto di stabilità, il messaggio “non si può agire come prima del Covid”, il nuovo capo dell’Eurogruppo Paschal Donohoe, una vittoria dei rigoristi. Molti altri se ne potrebbero richiamare. Che cosa le dicono?
Che non c’è una particolare apertura all’Italia. L’Europa fondamentalmente non si fida di questo assetto italiano. Una delle ragioni per cui si cerca di richiamare Berlusconi nell’area di governo è proprio perché, con tutti suoi limiti, rappresenta l’aggancio col Ppe. Tutte le mosse di Berlusconi vanno lette in questa chiave.
Come è visto a Bruxelles M5s?
Malissimo. Non è ritenuto affidabile.
Non è bastata l’operazione von der Leyen, che ha fatto saltare il contratto M5s-Lega?
Ha suscitato qualche apertura, ma i 5 Stelle sono visti come un oggetto misterioso, un movimento senza una classe dirigente affidabile. Della maggioranza delle forze politiche italiane l’Ue non si fida.
Che è affidabile oggi per l’Ue?
I partiti riconducibili alle famiglie europee dei Popolari e dei Socialisti, cioè Pd e Forza Italia. Che però non fanno la maggioranza. Perché l’Ue dovrebbe essere compiacente e generosa verso un assetto che vede con diffidenza? Se ci poniamo questa domanda, molti conti tornano.
Anche quelli del Recovery Fund?
Certo. Il Fondo di ricostruzione è una coperta che tende a restringersi. I soldi arriveranno, ma tardi e probabilmente con il contagocce. E questo spiega l’insistenza sul Mes.
Vale a dire?
Il Mes è pronto subito. Le vere condizionalità sono politiche, perché implicano l’accettazione di un percorso vincolante dentro la cornice europea. Di fronte ai misteri italiani, ad alchimie politiche incomprensibili, in Europa pensano che la priorità sia quella di evitare un contagio italiano del continente.
Come andrà a finire la partita del Mes?
Bella domanda. Quando sarà chiaro che il Recovery Fund non è lo zio d’America che arriva con la valigia piena di soldi, il problema del Mes si porrà sul serio. A quel punto sul Mes si può anche creare una nuova maggioranza.
(Federico Ferraù)