Le elezioni francesi sono state sorprendenti solo per coloro che non hanno inteso che il potere di Macron era una sorta di cappa di vetro calata sulla Francia dal potere oligopolistico dell’alta finanza franco-anglosferica (quella che inizia dai tempi della lotta a fianco degli insorti puritani contro Sua Maestà britannica e che ebbe i suoi moderni campioni in Aristide Briand e Jean-Jacques Servan-Schreiber, per culminare con gli acuti mentori dell’erigenda UE Alexandre Kojève e Michel Rocard, che contendevano ai tedeschi – con il grande Pierre Mendes France – il controllo sull’UE). I francesi con quel loro stile ineguagliabile per eleganza; i tedeschi con quella loro aura contadinesca che si dismetteva e si dismette ancor oggi solo all’apparire dell’aristocrazia prussi-amburghese.
La sostanza è che tanto tuonò che non piovve e questo perché la cappa anglo-finanziaria non soffocava solo l’operaio bianco disoccupato per la globalizzazione e l’ordoliberismo, ma anche l’islamico che non votava e stava rintanato nella banlieue. L’errore della destra è stato di travestirsi con Bardella in guisa di maschera di una commedia dell’arte che ha il cupo sapore della tragedia degli ebrei che fuggono dalla Francia.
Certo, mi si dice che gli ebrei hanno paura anche dei seguaci di Mélenchon. Il quale, però, non si nasconde e chiama a votare gli invisibili e tocca tutte le corde della tradizione storica del movimento operaio francese. Mélenchon costituzionalizza e include, Le Pen inganna con Bardella quello che non è possibile nascondere…
Di qui la delusione delle forze motrici della destra, di contro invece la liberazione delle forze della macchina imperfetta del Nouveau Front Populaire: imperfetta per fare i Governi, ma non per portare al voto i francesi che da molti anni non votavano. Insomma, la stratificazione sociale si è mossa e come Parigi non decide più da sola la politica francese, neppure il contado ora può farlo.
In fondo la cappa ha tenuto il punto e rimane il secondo gruppo parlamentare, mentre la macchina della sinistra operaia riformista e anarco-sindacalista sta insieme certo a fatica, ma mobilita le masse come da anni non si era visto; questo travolge tutti i pronostici e pone le basi per cambiare non l’Europa (che è già cambiata da molto), ma l’UE. Non si potrà non tener conto della trasformazione della macchina politica francese.
Se Orbán persegue con rapidità il disegno di precostituire una soluzione coreana in Ucraina con il cessate il fuoco che di fatto non caccerà indietro Putin, ma che farà finire la guerra senza pace, ebbene dopo questo risultato elettorale la Francia dovrà ripensare da capo a fondo il suo ruolo europeo.
Mentre si lottava per giungere a votare, il sistema internazionale cambiava volto: il centro dell’Europa tornava a essere come negli anni Trenta del Novecento tutta una Mitteleuropa che era stata sfigurata da Versailles e che per questo cova nel suo seno tanto lo stalinismo, quanto il fascismo e il nazismo, che non sono mai morti. In fondo è proprio con queste elezioni francesi che tutta intera la storia terribile è riemersa.
La ragione? Ma la ritirata statunitense, che vuole lasciare le nazioni europee a se stesse nel confronto con la Russia e i suoi alleati.
Ragioni economiche? Questo lo afferma la stoltaggine trumpiana e ordoliberista che vede il mondo come se fosse una cassaforte incantata che distribuisce denari. Il vero volto del mondo è quello che invece ci ha restituito la terribile è angosciante douce France: una lotta perenne e terribile tra il male e il bene, dove tanto il male quanto il bene sono in ogni dove e l’unica speranza è impedire che il male si diffonda così tanto da tutto annichilire.
Per questo in Francia ci è andata bene… per noi che continuiamo con Péguy a sperare…
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