Biden dice che “continuare la guerra è dare ad Hamas ciò che cerca”. Ma agli israeliani l’idea di un cessate il fuoco definitivo non sembra proprio andare a genio. Prendono in considerazione una tregua più lunga, forse fino a domenica, poi però vogliono continuare nell’opera di eliminazione dell’organizzazione protagonista della tragica e devastante azione del 7 ottobre. A costo di andare contro il loro maggiore alleato e sconfessare nei fatti le sue parole. Nelle stesse ore delle dichiarazioni del presidente Usa, racconta Camille Eid, giornalista libanese residente in Italia e collaboratore di Avvenire, il governo Netanyahu mette disposizione fondi per occupare altri territori in Cisgiordania e un collaboratore del premier pubblica una cartina di quelli che potrebbero essere i confini dei due Stati di Israele e Palestina, facendo coincidere quest’ultima con la Giordania. Il seme gettato da Biden, insomma, cade in un terreno arido: pressato dall’interno del suo partito e dall’opinione pubblica statunitense tenta di scongiurare la ripresa dei combattimenti. Nessuno lo ascolta, anche per questo la sua credibilità è in discesa.
Quali probabilità ci sono che le parole di Biden vengano prese in considerazione?
Per ora si parla solo di prolungare questo cessate il fuoco, anche se molti Paesi ritengono che si debba pensare a qualcosa di più di una tregua umanitaria al termine della quale Israele ricominci a bombardare. Gli americani hanno mostrato disponibilità a parlare di questo ma ci sono molte resistenze da parte degli israeliani. Il ministro fondamentalista Ben Gvir ha minacciato di ritirarsi dal governo se non si continuerà l’operazione che ha come obiettivo di decapitare Hamas.
Che intenzioni hanno Usa e Israele in merito a ostaggi e tregua?
Gli Usa sono combattuti: ci sono segnali positivi come l’invio del capo della Cia in Qatar per trattare le proroghe, sulle quali Israele pone delle condizioni. Finché ci saranno ostaggi faranno lo scambio calcolandone 10 per ogni giorno di tregua in cambio di 30 prigionieri liberati. Ma vogliono includere anche i militari, cosa che Hamas non accetterà mai, a meno che non aumenti considerevolmente il numero dei detenuti liberati per ogni ostaggio. Israele, tra l’altro, ha liberato 150 persone in questo scambio, ma dal 7 ottobre ha arrestato 3.290 persone in Cisgiordania. Di ostaggi, comunque, ce ne sono ancora 160 circa, anche se le armi dovessero tacere per otto o nove giorni, poi si continuerebbe a combattere.
Cosa ha spinto il presidente americano a far presagire una possibile fine della guerra?
Biden è tra l’incudine e il martello: viene criticato all’interno del suo partito e sta perdendo consensi in previsione delle elezioni presidenziali del 2024. Sta perdendo credibilità: quando ha detto che bisogna dare ai palestinesi una prospettiva politica con la soluzione dei due Stati, la risposta israeliana è stata quella di incentivare con 340 milioni di dollari la costruzione di nuovi insediamenti in Cisgiordania. Se non reagisce nemmeno a questo affronto vuol dire che la sua credibilità è ridotta a zero. E anche il suo peso. Che senso ha esprimere la sua visione se poi viene contraddetta in questo modo? Le sue parole diventano un boomerang.
Il governo Netanyahu ha messo a disposizione tutti questi soldi per finanziare nuovi insediamenti?
Per finanziare nuovi insediamenti o per ampliare quelli vecchi. Questo mentre gli Usa parlano dei due Stati come soluzione politica alla questione palestinese. Quando si avanza questa ipotesi si pensa alla Palestina formata dalla Striscia di Gaza e dalla Cisgiordania, magari con qualche ritocco alle frontiere. Poche ore fa uno dei consiglieri di Netanyahu ha pubblicato una cartina in cui prende in considerazione questa soluzione, ma fa coincidere la Palestina con la Giordania, perché questa sarebbe la Palestrina storica del mandato britannico.
Ma Netanyahu la pensa così sui due Stati?
Mai e poi mai ha accettato questa soluzione. Le dichiarazioni di Biden finiscono nel cestino dopo poche ore perché Netanyahu risponde picche, mettendo in imbarazzo il suo principale alleato. E il presidente americano non osa chiudere il rubinetto. Netanyahu pensa di poter guidare lui il gioco.
Le dichiarazioni di Biden significano che gli Stati Uniti stanno cambiando la loro strategia?
Non hanno cambiato obiettivi ma si rendono conto, perché anche nell’amministrazione Usa ci sono anche persone che pensano con la loro testa e non sono sotto l’influenza delle lobby, che fino alla tregua sono stati condotti decine di attacchi contro le basi americane in Iraq e in Siria, poi tutto è cessato. Senza parlare poi dei soldi che i contribuenti Usa stanno pagando: prima sono stati messi a disposizione 12 miliardi, poi sono stati aperti i magazzini militari per permettere a Israele di prendere quello che serve loro. Il costo della guerra ogni giorno che passa aumenta. Infine, pongono una domanda a Israele: sono stati abbattuti migliaia di edifici, erano tutto occupati da Hamas? Ci sono interi quartieri rasi al suolo. Fa specie vedere Elon Musk che va a vedere i danni nei kibbutz di fronte alla devastazione di Gaza: su questo circolano vignette sulla stampa araba. Poche ore fa, invece, due palestinesi sono morti uccisi dai cecchini in Cisgiordania.
La tregua sembra che valga soltanto per Gaza; in Cisgiordania le cose sembrano andare avanti come prima. È così?
Anzi, la repressione è diventata più pesante. A Gaza, comunque, vogliono riprendere l’operazione militare: prima hanno detto alla popolazione della parte settentrionale di spostarsi al Sud, da lì vorrebbero mandarla nel Sinai. I miliardi di cui ha parlato la Ue con Al Sisi sono per dare una sistemazione agli sfollati, servirebbero per ospitarli nel Sinai ipotizzando la creazione di dieci città.
Ma se i palestinesi vengono allontanati da Gaza chi arriverà nella Striscia?
Ci sono delle magliette stampate in Israele con la scritta “Make Gaza Jewish again”, come per dire di colonizzare nuovamente Gaza.
Dall’Onu intanto viene la notizia di una risoluzione approvata dall’Assemblea generale a maggioranza che chiede il ritiro di Israele dalle alture del Golan in Siria. Cambia qualcosa nell’economia della guerra?
Nessun Paese ha riconosciuto l’annessione di quel territorio da parte di Israele e non è la prima volta che l’Onu chiede di liberare quella zona. Israele continuerà a stare lì. Paradossalmente lo Stato che è nato grazie a una risoluzione dell’Onu, Israele appunto, non ha mai rispettato le risoluzioni delle Nazioni Unite. Ce ne sono decine che non vengono prese in considerazione.
Cosa dobbiamo aspettarci, adesso, che la tregua prima o poi finisca e che si ricominci a sparare? Israele sembra voler prolungare il cessate il fuoco al massimo fino a domenica: riprenderà da dove ha lasciato qualche giorno fa?
Pensano che ci siano ancora 80 tra donne e bambini come ostaggi. Facciamo finta che si continui a non sparare per tutta la settimana. E poi? Si continuerà a spianare edifici? Per arrivare a che cosa? Dobbiamo aspettarci la ripresa dei combattimenti. La spinta che viene dal governo, dal gabinetto di guerra, è per la prosecuzione del conflitto, perché l’obiettivo della decapitazione di Hamas non è stato raggiunto. Non si rendono conto che per ogni civile ucciso ci saranno due o tre nuovi appartenenti ad Hamas. Al massimo, forse, cambierà il nome dell’organizzazione. Se ne decapiti una uccidendo a destra e a sinistra senza nessun criterio crei nuovi terroristi: chi ha la sua famiglia sterminata e non hai più prospettive di vita viene spinto a questa scelta.
La soluzione militare, insomma, non porta a niente?
Nel 2006 Israele ha distrutto mezzo Libano per riavere due soldati in ostaggio. Un’operazione che non ha avuto esito: gli israeliani hanno dovuto trattare per riaverli indietro. La soluzione politica non può essere accantonata e quella militare non porta a risultati effettivi: sanno già che alla fine dovranno trattare. A meno che si prosegua su questa strada per togliere ogni possibilità di pace.
(Paolo Rossetti)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.