Dopo gli Stati generali dell’economia, convocati da Giuseppe Conte per dare una scossa all’attività di governo, la maggioranza giallo-rossa anziché un passo avanti ne compie uno e mezzo all’indietro. Sulla riduzione dell’Iva, dopo la freddezza con cui Pd, Italia Viva e in parte M5s hanno accolto la proposta, il premier ha innestato una parziale retromarcia, facendo proprie le perplessità e limitandosi a confermare che si “sta studiando” una soluzione. Ben più netto, invece, il rinvio di quella che doveva essere “la madre di tutte le riforme”: il decreto semplificazioni, che doveva essere varato entro fine maggio, slitta ancora, perché Partito democratico e Movimento 5 Stelle non hanno ancora trovato una sintesi su diversi punti. “È la conferma di uno schema ormai consolidato a Palazzo Chigi – osserva Guido Gentili, editorialista del Sole 24 Ore -: comprare tempo e rinviare le decisioni. Ma a settembre tempo non ce ne sarà più”. Una crisi economica e sociale che sta montando come uno tsunami, i nodi del Mes e del Recovery fund, le elezioni regionali – “le prime dopo l’emergenza Covid” – potrebbero innescare scenari politici non certo favorevoli a Conte e al suo governo.



Partiamo dagli Stati generali dell’economia. Dieci giorni di incontri e l’unica idea che hanno partorito sembra essere la riduzione temporanea dell’Iva. Può funzionare per rilanciare domanda interna e consumi?

Direi di no. È un’ipotesi che costa molto e dubito che le ferite profonde provocate dalla particolare contingenza in cui ci troviamo si possano rimarginare così. Tanto più perché si tratterebbe di una misura, venuta a galla in modo estemporaneo, limitata nel tempo e non da tutti condivisa nella stessa maggioranza di governo. Non ha molte gambe per correre.



Si parla di abbassare l’Iva o di ridurre le tasse sul lavoro, ma alzando le imposte sulla casa. Scambio accettabile?

No. Tassare gli immobili è la ricetta che ha sempre raccomandato la Commissione Ue negli ultimi anni, spostando il peso fiscale dalle persone alle cose. Lo fece Monti nel 2012, poi i governi successivi ingranarono progressivamente la marcia indietro. Credo però che tornare a parlare di tasse sulla casa, peraltro un bene già gravato di imposte varie, sulla scia di una crisi che si annuncia pesantissima , sarebbe un tema divisivo, anche se elettoralmente allettante, Ma non è la strada giusta.



In alternativa che cosa si potrebbe fare?

Tralasciando la triste e inutile tiritera del taglio della spesa, che sarebbe necessaria ma su cui nessun governo riesce a incidere, sarebbe opportuno rivedere e ridimensionare due provvedimenti del Conte 1: quota 100 e reddito di cittadinanza.

Qualcuno potrebbe però obiettare che in questo momento il Rdc è un sostegno per le famiglie più povere…

Vero. Ma sul fronte delle politiche attive il reddito di cittadinanza ha fallito, è rimasta lettera morta tutta la parte relativa alle opportunità di lavoro.

Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha invocato una riforma complessiva del fisco, non interventi imposta per imposta. Che riforma fiscale servirebbe al paese?

Servirebbe tagliarle e semplificarle. Ha ragione Visco: riformare tassa per tassa – prima l’eliminazione dell’Irap, poi il riordino dell’Irpef, le manovre sul cuneo fiscale e adesso l’Iva ridotta – è un puzzle che non funziona.

Sulla riduzione dell’Iva Conte ha raccolto il gelo di Pd e Italia Viva, e anche il M5s non è del tutto convinto. È la sua seconda iniziativa spot, dopo gli Stati generali, senza consultarsi con i partiti della maggioranza. Conte è sempre più solo?

Oggi più di ieri per Conte è difficile far quadrare il cerchio tra le forze della maggioranza che sostengono il suo governo. L’impostazione della fase 3 ha mostrato diverse crepe, a partire proprio dagli Stati generali, un’iniziativa che è stata all’inizio vissuta con fastidio dal Pd e poi anche da alcune frange del M5s. Stati generali che si sono chiusi con la sortita sulla riduzione dell’Iva, annunciata proprio per poter dare un finale ad effetto su questo evento che lo stesso Conte aveva caricato di eccessive aspettative. Salvo poi fare immediatamente una mezza retromarcia appena ha visto la freddezza con cui l’annuncio è stato accolto. È la conferma di una certa solitudine del premier, la cui consuetudine, quasi uno schema fisso, è comprare tempo per smussare le polemiche politiche interne alla maggioranza e per rimandare scelte per qualcuno dolorose.

Il governo guadagna tempo ma il paese perde tempo…

A metà maggio Conte aveva annunciato per fine mese il decreto semplificazioni, che invece slitta ancora e ormai viaggia con almeno un mese di ritardo. Ma la resa dei conti prima o poi arriva. E senza decisioni, non prenderà mai forma una vera manovra per la ripartenza del paese.

Sul fisco si può aprire una nuova crepa nella maggioranza?

Difficile dirlo. Nell’ultimo mese Renzi si è un assopito rispetto al precedente tambureggiamento. Intanto, sulla scia delle dichiarazioni del sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, si è innescato un dibattito sul ruolo di Zingaretti, che mi sembra ancora in una fase di studio, dove nessuno vuole fare un passo deciso verso un chiarimento. Si galleggia, senza andare da nessuna parte.

Non siamo ancora a una guerra interna, seppure a bassa intensità? E questo non potrebbe rendere il quadro politico ancora più instabile?

Mi sembra che nel Partito democratico, a cominciare da Franceschini, sia stato bloccato il dibattito sulla leadership di Zingaretti. L’impressione è che il partito voglia prendere tempo fino alla primavera del 2021, prima di porre in atto un chiarimento. Ma non arriveremo a quella data in questo modo.

Infatti nel Pd serpeggia la voglia di andare oltre Conte, magari puntando sullo stesso Franceschini o su Guerini. Scenario possibile per l’autunno?

Potrebbe essere un possibile sviluppo che coverà nei prossimi due-tre mesi. Basti pensare a quel che sarà la stagione turistica, alla scadenza del 17 agosto quando scadrà il decreto che impedisce i licenziamenti o al fatto che la Caritas ha denunciato come siano esaurite le risorse da mettere in campo per assistere chi ha bisogno. Scenari preoccupanti. Se il governo non riuscirà a dimostrare l’efficacia dei suoi interventi, a settembre si preannuncia una fase molto complicata e difficile dal punto di vista economico e sociale. E speriamo che non arrivi una seconda ondata del Covid…

Questo governo è in grado di far fronte a tutto questo?

Finora ha reagito guadagnando tempo, a settembre questo tempo non ci sarà più.

Non sarebbe stato meglio anticipare la discussione sulla Legge di bilancio 2020 prima dell’autunno? Il governo non avrebbe dato un bel segnale, non tanto all’Europa, ma agli italiani?

Assolutamente sì. In Germania è prassi varare la manovra ad agosto, non sarebbe un problema. Ma già il fatto che il Recovery plan sarà presentato a fine settembre fa pensare che non ci sia alcuna volontà di anticipare una manovra di bilancio tra fine luglio e fine agosto.

Non ha l’impressione che il governo Conte resti troppo appeso ai fondi Ue?

Ne sono convinto. Si è creata un’atmosfera politico-culturale per cui ci si aspettano dall’Ue sovvenzioni senza condizioni, senza costi, senza neppure dover spiegare troppo come si spendono i soldi. Ma non facciamoci pericolose illusioni, come ha ricordato il governatore Visco: nessun fondo è gratis. I fondi e i debiti si ripagano.

I soldi del Recovery fund, comunque, non arriveranno prima del 2021. Prima ci sono quelli del Mes. Il nodo gordiano che divide M5s da Pd e Italia Viva rischia di diventare il nodo scorsoio per Conte?

Il Mes, che è il primo strumento operativo che può essere messo in campo, è davvero un passaggio complicato. Non a caso, Conte ha evitato finora il voto in Parlamento, anche se c’è chi favoleggia che al momento opportuno i pentastellati voteranno a favore. Di certo il Mes era e resta un bel problema per Conte.

A settembre si voterà in alcune regioni. Il centrodestra ha scelto i suoi candidati, il centrosinistra fa fatica a trovare alleanze. Potremmo assistere a qualche risultato a sorpresa? Si confermerà lo spostamento verso il centrodestra cui abbiamo assistito nelle precedenti regionali, fatta eccezione per l’Emilia Romagna?

Difficile fare previsioni, perché le regionali saranno il primo appuntamento elettorale dopo lo scoppio dell’emergenza Covid. Quale sarà l’onda lunga? Che impatto avrà sull’elettorato? Se prendiamo per buona l’ipotesi che avremo un autunno molto difficile, sarà più facile che le critiche si scaricheranno su chi ha in mano le redini del potere, cioè il governo e la sua maggioranza. È quindi possibile che l’opposizione possa conquistare nuove regioni. Per esempio, vedo molto in bilico la Puglia.

In caso di sconfitta del centrosinistra, il governo Conte potrebbe anche cadere?

Per Conte si porrebbe un problema in più. E nel Pd potrebbe, da una parte, accelerare il dibattito interno sulla leadership di Zingaretti e, dall’altra, crescere la voglia di cambiare guida a Palazzo Chigi.

(Marco Biscella)

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