Approvato il Decreto sostegni, per il Governo Draghi gli impegni a breve termine non sono certo finiti. Oltre a rafforzare il piano vaccinale dovrà infatti presentare il Piano nazionale di ripresa e resilienza, il Documento di economia e finanza, con all’interno la richiesta di un nuovo scostamento di bilancio con cui finanziare altri interventi a favore delle imprese, senza dimenticare la necessità di riuscire finalmente ad avviare quei cantieri finora sbloccati solo sulla carta. Ma un primo test importante per la maggioranza, come evidenzia l’ex direttore del Sole 24 Ore, Guido Gentili, lo si avrà già nei prossimi giorni con l’iter parlamentare del decreto appena licenziato: “C’è infatti poco tempo se si vuole rispettare la promessa fatta sull’arrivo dei contributi a fondo perduto sui conti correnti dei beneficiari entro la prima metà di aprile. Vedremo quindi se l’impegno preso verrà rispettato”.
Questa necessità di fare in fretta riuscirà anche a evitare frizioni tra i partiti della maggioranza come quelle che si sono viste prima dell’approvazione del decreto?
L’iter parlamentare sarà in questo senso un test politico importante, anche perché sembra sia emersa la volontà di non ricorrere al voto di fiducia. Si potrebbe avere quindi la prova dell’effettiva capacità di arrivare a una sintesi capace di evitare uno scontro tra i partiti nella fase finale dell’approvazione di un provvedimento e ciò rappresenterebbe indubbiamente una novità positiva. Molto dipenderà dalla risposta delle forze della maggioranza all’invito del premier a mettere da parte i temi identitari. Non sarà un test facile, anche perché Letta, appena insediatosi alla guida del Pd, ha spinto tantissimo sia sulla svolta interna ai dem che nell’indicare il suo partito come primo sostegno e riferimento di Draghi, cercando di emarginare la Lega. Su questo il premier cammina un po’ sulle uova.
Quanto il segretario del Pd può complicare la vita a Draghi?
Sarebbe un problema se al di là dei normali e fisiologici distinguo che ci sono tra le forze politiche della maggioranza, Letta dovesse intestardirsi ad additare la Lega come un pericolo o come distonica rispetto al progetto del Governo Draghi, perché questo certamente lo aiuterebbe ad affermare un’identità del Pd diversa, però creerebbe un problema forte al premier. Dopo mesi trascorsi al rimorchio dei 5 Stelle e di Conte, il segretario del Pd ha la necessità di ridare un’anima al Pd, ma in un Governo di emergenza, di unità nazionale, con una maggioranza così eterogenea, dovrà forse calibrare le sue uscite.
Con il nuovo decreto già annunciato a favore delle imprese riemergeranno frizioni tra i partiti?
Draghi, nel presentare il Decreto sostegni, ha spiegato che le misure approvate non sono sufficienti e che per questo chiederà un nuovo scostamento di bilancio, che credo sarà ingente, non di pochi miliardi di euro. Dicendo chiaramente che al momento non si pone un problema relativo al debito ha dato a tutti i partiti della maggioranza una rassicurazione sul fatto che si potranno mettere in campo nuovi interventi. Credo sarà poi in grado di trovare una sintesi tra le varie istanze.
Vedremo magari un’impronta di Draghi sui provvedimenti, anche per evitare scontri tra i partiti come quelli che ci sono stati nel caso della cancellazione delle cartelle fiscali?
Questo primo decreto è stato in qualche modo a cavallo tra la fine del Governo Conte-2, con quello che si era cominciato a discutere allora, e il primo mese di vita del nuovo esecutivo. Terminata questa fase di passaggio di consegne, ci sono ora le condizioni perché il Governo Draghi si manifesti con quella che è la sua ricetta, come del resto sta avvenendo parallelamente in tema di vaccini.
Proprio sui vaccini abbiamo visto un premier che ha sferzato non solo le Regioni, ma anche l’Europa…
Non mi sorprende, perché Draghi non è mai stato, come ha dimostrato quando è stato presidente della Bce e si è mosso spesso in contrapposizione con il presidente della Bundesbank Weidmann, un europeista con i paraocchi. È un europeista pragmatico, che non ha mai avuto un’idea di Europa assolutamente priva di difetti, che si sono visti clamorosamente nel caso dei vaccini. Il premier ha l’autorità per inserirsi nel vertice della costruzione europea, insieme a Merkel e Macron, e in questi giorni non le ha mandate a dire a Bruxelles.
Questa posizione sull’Europa di Draghi potrà essere un vantaggio per l’Italia nel momento in cui si tratterà di rivedere le regole del Patto di stabilità e crescita?
Questo è un punto importante, perché quando si aprirà una sorta di fase costituente sulle nuove regole, con Draghi l’Italia potrà davvero essere protagonista di questo processo e non andare a rimorchio di una posizione francese o tedesca. Non bisogna certo pensare che Draghi sia a favore della crescita del debito tout court: rivedremo presto applicato ai provvedimenti del Governo il suo discorso sulla distinzione tra debito buono e debito cattivo, specie con il Recovery plan.
A proposito del Recovery plan: manca un mese alla scadenza fissata e si procede sotto traccia, ne sappiamo poco.
Emerge poco, e da quel poco che emerge sembra che ci sia un’attenzione più selettiva a mettere in campo dei provvedimenti che non siano semplicemente degli impegni presi per indicare il da farsi evidenziando l’importanza di spendere bene le risorse che arriveranno. Credo che avremo una selezione molto più puntuale di quella che avremmo avuto con il Governo Conte. La cabina di regia che sta lavorando al Pnrr appare infatti molto attenta a raccordare il tema dell’impegno finanziario all’effettiva capacità di realizzare delle opere, con una scelta che tiene conto anche del risultato atteso di queste opere.
Aprile è anche il mese del Def, un documento che deve rappresentare tutta la maggioranza. Questo può essere un problema?
Ho l’impressione che avremo un Def che terrà conto del forte scostamento di bilancio che è stato annunciato e che raccoglierà le indicazioni fornite dallo stesso Draghi: non verrà messo l’accento sulla necessità del controllo del debito, ma sarà un Def più “sviluppista” di quello che potevamo immaginare. Un documento che dovrebbe tenere conto di tutte le richieste che arrivano sul tavolo di Draghi dai partiti della maggioranza, sintetizzate da un progetto che deve essere credibile. Non mi aspetto una sommatoria di impegni per accontentare tutti, ci sarà qualcuno che raccoglierà meno di quello che ha seminato in termini di promesse. Non dimentichiamo che Draghi ha già detto nelle scorse settimane che non vuole promettere nulla che non sia realizzabile.
Per favorire la ripresa, il Governo dovrà riuscire anche a sbloccare finalmente i cantieri delle opere già finanziate. Ce la farà?
Vedo all’interno del Governo due posizioni diverse; una è quella di Giovannini, secondo cui il modello Genova non è replicabile per altre opere; l’altra è quella di Cingolani, che ha invece detto che il modello Genova è molto valido sia come governance che come risultati. Draghi ha già detto che non ritiene necessario arrivare a cancellare il codice degli appalti. Mi aspetto quindi una soluzione da parte del premier che sia incisiva su ciò che si può realmente sburocratizzare e sulle procedure straordinarie che possono essere messe in campo, ma non un modello Genova tout court o persino potenziato.
Tra tutte queste sfide e impegni che il Governo ha di fronte a sé nel breve periodo, su quale Draghi si gioca di più la propria credibilità?
Il piano vaccinale è decisivo e anche per questo il premier sta cercando di dare un’accelerata, mettendo pressione alle Regioni che, come dimostrano i numeri, marciano in ordine sparso. Su questo tema Draghi si gioca davvero molto.
(Lorenzo Torrisi)
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