“È stato un intervento di rottura” dice Guido Gentili, direttore editoriale del Sole 24 Ore. Siamo in guerra e in guerra ci si salva facendo debito. Non lo ha detto un improvvisato difensore – magari “sovranista” – della finanza allegra, ma l’ex presidente della Bce, Mario Draghi, in un articolo pubblicato sul Financial Times nell’ora più cupa dell’Eurozona dal 2012 e alla vigilia del Consiglio europeo che ieri si è concluso con la contrapposizione frontale di Italia e Spagna al blocco tedesco.
Con Gentili abbiamo parlato delle possibili implicazioni politiche, per l’Italia, del ritorno di Draghi sulla scena internazionale.
Lo ha definito intervento di rottura. Perché?
Draghi ha detto che va fatto debito per proteggere il lavoro, che occorre inondare le imprese di liquidità a tasso zero, ha addirittura prospettato la cancellazione del debito privato. Soluzioni impensabili per l’ortodossia europea.
Perché Draghi ha fatto questo intervento e perché adesso?
Ha rivestito i panni del 2012 quando a Londra fece il discorso del “whatever it takes”. Oggi ha detto tutto quello che bisogna fare in una situazione ancora più drammatica.
A chi parla l’ex presidente della Bce?
Il messaggio va innanzitutto all’attuale governance dell’Europa. Ma poi la platea è ben più ampia e va dall’Italia agli Usa e alla Cina.
Dunque si è rivolto all’establishment di Francoforte e Bruxelles, che lui conosce molto bene.
Eccome se lo conosce. Draghi ha sempre goduto della sponda politica di Angela Merkel, ma è sempre stato criticato dalla componente tedesco-olandese della Bce. A loro ha mandato un messaggio molto netto. In parte recepito addirittura anzitempo.
Vale a dire?
Sul Financial Times Draghi ha risposto al suo successore Christine Lagarde, a quel “non è nostro compito abbassare gli spread”. Ma è sulla scia di Draghi, non di Lagarde, che la Bce ha deciso di andare verso l’acquisto illimitato di titoli sovrani del debito. Però per Draghi non basta ancora.
In Italia non da ieri si parla di lui come alternativa a Conte. È giunto il momento?
Sappiamo che esiste un fronte trasversale favorevole a che Draghi guidi un governo di salute pubblica. Nella maggioranza, Italia viva e larghi settori del Pd, mentre M5s è più rigido. Nell’opposizione, la Lega di Salvini è stata la prima a dire sì.
Gli ostacoli?
Bisogna vedere se Draghi ha intenzione di cimentarsi in un’operazione del genere, in questa fase, e se il messaggio che ha lanciato nelle ore in cui si gioca l’esistenza stessa dell’Europa non lo porti in un’altra direzione.
Ad esempio?
Un ruolo di possibile “commissario” europeo per strappare l’Ue alla depressione. Come dicevo, l’intervento sull’FT non mi è parso rivolto solo all’Italia.
Però se l’Italia salta, salta l’Eurozona. Se Draghi dovesse entrare in campo?
Raccoglierebbe un vastissimo consenso. Ma potrebbe farlo solo se avesse la certezza di essere il timoniere di un governo di salute pubblica. È inimmaginabile, per la sua posizione, pensare a maggioranze risicate.
Dunque non ci sono le condizioni.
Ricordiamoci che M5s esprime i numeri parlamentari del 4 marzo 2018. Se sommiamo M5s, FdI più altri nel Pd e a sinistra e immaginiamo un asse anti-Draghi, avremmo un’ampia parte dello schieramento che è contraria. Al momento un governo Draghi non mi sembra un’ipotesi percorribile. A meno che i contrari non cambino idea.
Allora Conte può ritenersi al sicuro?
In questa situazione non c’è sicurezza per nessuno. Dipende da come evolve il quadro epidemiologico ed economico. Oggi i numeri dicono che siamo lontani dalla soluzione e ci potrebbe essere l’esigenza di una manovra economica molto più forte di quella progettata con il decreto in arrivo ad aprile.
L’operazione Monti nel 2011 ebbe come regista Napolitano. Oggi chi avrebbe il suo ruolo?
Mattarella ha uno stile diverso, ma se dovessero esserci le condizioni per cui una larga parte dello schieramento parlamentare converge su Draghi, le valuterebbe con molta attenzione.
Mi ha già detto che l’arrivo di Draghi è prematuro. Se non ora, quando?
Un’ipotesi potrebbe essere quella della seconda manovra, il secondo decreto di aprile per la ripresa.
Bastano altri 25 miliardi?
No, un altro decreto da 25 mld sarebbe del tutto insufficiente. Sento parlare di cifre più importanti che arrivano forse a 50 mld, ma sarebbero ugualmente insufficienti. È lo stesso Draghi che smentisce l’adeguatezza di soluzioni così limitate.
Collochiamo Draghi in un’altra prospettiva. Non quella di un successore di Conte, ma dell’unico “commissario” che può salvare l’Italia e con essa l’Ue dall’implosione.
È uno schema plausibile.
L’ex presidente della Bce è sempre piaciuto agli Usa.
Sì e in questo mi ricorda Marchionne. Entrambi uomini di grande piglio decisionale e chiarezza di idee. E anche il Trump delle ultime 48 ore va in questa direzione.
(Federico Ferraù)