Giuseppe Conte ha chiamato opposizioni e parti sociali a un tavolo di confronto per mettere a punto quello che ha definito un “Piano di rinascita” per il Paese. Il Premier ha parlato, durante la conferenza stampa di mercoledì, di “nuovo inizio”, ma, come ci spiega Guido Gentili, editorialista del Sole 24 Ore, la sua è una mossa per guadagnare tempo e cercare di ottenere dall’Europa un’ancora di salvezza per il suo Governo.
Quello di Conte è apparso un discorso programmatico da insediamento del Governo. La maggioranza lo seguirà, visti anche i continui segnali di malessere che arrivano alternativamente dai partiti che la compongono?
In effetti è sembrato un discorso programmatico, ha parlato di “nuovo inizio” come aveva fatto al momento della presentazione dell’attuale esecutivo. Credo però che lessicalmente si sia espresso in modo infelice.
Da che punto di vista?
Ha parlato di “Piano di rinascita”. Un’espressione, secondo me, infelice perché richiama il “Piano di rinascita democratica” di fine anni 70 della P2. Detto questo, la situazione è molto complicata, perché i rapporti con la maggioranza erano e sono destinati a rimanere nel solco di una necessaria mediazione continua tra il premier e le quattro componenti che sostengono l’esecutivo. In ogni sede, come quella di conversione di provvedimenti importanti come il decreto rilancio, ci sono sempre dei distinguo da parte dei partiti di maggioranza e lui deve continuare a mediare. Mi desta poi una certa perplessità la scelta di convocare gli Stati generali dell’economia.
Dove tra l’altro il Governo troverà sia Confindustria, con cui i rapporti non sembrano idilliaci, sia la Cgil di Landini che, in un’intervista al Manifesto, ha chiesto al premier di lasciare perdere le vecchie ricette di Bonomi e di ascoltare quelle del sindacato. Cosa farà Conte?
Il Governo vuole in qualche modo ritornare sulla strada della concertazione, ma alla fine dovrà fare una scelta. Finora è sembrato più sensibile alle richieste della Cgil, anche se nel decreto rilancio alla fine ha lanciato un segnale alle imprese con la misura sull’Irap. Nella maggioranza ci sono partiti, come Pd e Italia Viva, pronti ad ascoltare le richieste delle imprese, ma ci sono anche Leu, una minoranza del Pd e il Movimento 5 Stelle che su certi temi sono più vicini alle posizioni della Cgil. Tra l’altro le parole di Conte di mercoledì non sono state certo distensive verso Confindustria, anzi la sua mi è sembrata una riposta dura. Il premier dovrà quindi scegliere quale strada percorrere, ma non riesco a capire a cosa serva convocare gli Stati generali dell’economia.
In che senso?
Nel senso che Conte ha già detto che la task force guidata da Colao sta per presentare le sue proposte che già sarebbero frutto di un confronto con le parti che ora vengono chiamate in causa. Inoltre, si sono appena tenuti gli Stati generali delle professioni, con categorie in subbuglio visto che non sono arrivati tutti i soldi promessi. Non riesco quindi a capire come il premier possa arrivare a una sintesi, a una proposta di rilancio del Paese che abbia un’anima vera. La sua mossa mi sembra quindi un modo per prendere tempo.
Con quale finalità?
È evidente che tutto questo serve dal punto di vista politico, perché non credo che Conte sia nelle condizioni di poter fare un rimpasto di governo, dato che si amplificherebbero le tensioni tra i partiti di maggioranza. In più i soldi del Recovery fund non arriveranno nei tempi che forse si immaginavano, non sono destinati a entrare subito nelle casse del Tesoro. Questo è un problema molto serio, perché riapre la questione relativa al ricorso al Mes sanitario, che sappiamo essere un tasto dolente per Conte.
Dunque Conte cerca di comprare tempo anche perché le risorse dall’Europa non arriveranno a breve, e non a caso Gualtieri ha parlato di presentazione del piano nazionale di ripresa, necessario ad accedere al Recovery fund, a settembre. Funzionerà questa tattica?
No, nel senso che comunque sia, proprio perché i soldi non arriveranno a breve, si prospetta la necessità di richiedere al Parlamento un nuovo scostamento del deficit. Questo pone dei problemi seri perché negli ultimi mesi un’analoga richiesta è già stata presentata due volte e in Parlamento il dialogo con le opposizioni sui temi concreti è di fatto inesistente. È difficile quindi far passare un terzo scostamento, con una situazione del deficit e del debito che è ben nota e sulla quale peraltro Conte non ha speso una parola mercoledì.
Senza dimenticare che la Bce già ci sta aiutando acquistando più titoli di stato di quanto dovrebbe…
Assolutamente, le cifre lo indicano chiaramente, sono stati acquistati titoli italiani ben al di là della soglia stabilita con la capital key. Senza la Bce il Paese sarebbe stato messo alle corde.
A questo punto torna a galla la questione Mes sanitario: se non può varare un terzo scostamento del deficit, Conte deve per forza farvi ricorso.
Esatto. Solo che su questo tema sappiamo come sono schierate le forze politiche in Parlamento. Al momento c’è una forte intransigenza del Movimento 5 Stelle. Il ricorso al Mes sarebbe quindi tutto da conquistare per Conte.
Potrebbe però trovare i voti favorevoli di Forza Italia…
Sì, sicuramente può trovare il consenso in Parlamento di Forza Italia e fuori dalle Camere anche quello delle categorie produttive che hanno già invitato il Governo ad accedere a questa linea di credito. Tuttavia per Conte si creerebbe un problema gigantesco all’interno della maggioranza.
Dunque entro l’estate questo nodo verrà al pettine.
Proprio così. La convocazione degli Stati generali dell’economia comporterà una fase di ascolto, poi il premier dovrà fare una sintesi e andare ben oltre il discorso di mercoledì elencando delle proposte concrete. Che dovranno poggiare anche su dei finanziamenti. E se non ci sono, come non ci saranno, i soldi del Recovery fund, potrà forse chiedere un anticipo, una sorta di prestito ponte, ma non sarebbe un bel vedere. Secondo me, la partita si giocherà tra giugno e luglio.
Che ruolo potrà avere il presidente della Repubblica?
Vedremo. Fin qui si è ancorato a una posizione “tradizionale”, quella di un capo dello Stato che cerca di sollecitare le forze politiche a condividere delle politiche di risanamento nell’interesse del Paese. È già da alcuni mesi che Mattarella insiste su questo terreno, ma questa condivisione al momento non c’è. Lo vediamo nella partita dei decreti in corso di conversione: il dialogo con l’opposizione non è decollato.
Il Governo rischia di cadere?
Se Conte non avrà un anticipo delle risorse del Recovery fund dovrà inevitabilmente ricorrere al Mes e/o chiedere un nuovo scostamento del deficit in Parlamento. Entrambe sono strade che confluiscono verso un confronto parlamentare duro, che potrebbe rappresentare il momento della verità. Anche perché finora abbiamo avuto uno scudo importante da parte della Bce che non potrà durare però all’infinito.
Molto dipenderà quindi da come andrà il Consiglio europeo del 19 giugno.
Certo. Se non arriveranno i soldi del Recovery fund si creerà un problema serio, anche perché i dati drammatici sul mercato del lavoro comunicati dall’Istat mercoledì non fanno prevedere nulla di buono, bisognerà continuare a sostenere i redditi di tante persone.
L’Europa è stata indicata tra i primi sostenitori e promotori dell’attuale esecutivo. Continuerà a sostenerlo garantendogli questo anticipo delle risorse del Recovery fund?
Devo dire che l’Europa ha già fatto tantissimo, anche perché quando parliamo di Europa parliamo anche della Bce che ha appena ampliato il piano di acquisti Pepp. È stata quindi messa in campo una serie di iniziative importanti, ma non si può pretendere che all’assenza della condizionalità finanziaria si affianchi anche quella di qualsiasi tipo di controllo. Che i piani siano credibili e che si sappia per cosa, come e in che tempi si spendono le risorse credo sia non solo un buon motivo di controllo da parte dell’Europa, ma anche interesse degli stessi italiani.
(Lorenzo Torrisi)