Il Governo si prepara a definire i dettagli del decreto agosto, con il quale per buona parte si prolungheranno le misure già previste nei precedenti provvedimenti seguiti all’emergenza coronavirus, e a incassare il voto favorevole di Camera e Senato allo scostamento di bilancio per altri 25 miliardi euro, reso ancora più agevole dal fatto che Forza Italia si è detta pronta a dare il suo assenso già oggi nella votazione a palazzo Madama, dove ieri, con 157 sì, è stata approvata la proroga dello stato di emergenza fino al 15 ottobre. Per Guido Gentili, editorialista del Sole 24 Ore, il mese di agosto ormai alle porte resterà comunque difficile per l’esecutivo. «Vedo che è sparita dai radar la proposta di Renzi di dedicare il lavoro dei parlamentari ad agosto a un confronto sul Recovery plan, ma anche se Camera e Senato chiuderanno i battenti resteranno sul tappeto dei temi delicati e difficili per la maggioranza».



Tra questi ci sarà sicuramente il Mes. Nonostante il risultato del Consiglio europeo, è un tema che crea più attriti all’interno della maggioranza che non tra maggioranza e opposizione.

In effetti sul Mes siamo rimasti alla medesima divisione all’interno della maggioranza, in particolare tra Pd e M5s, presente prima del Consiglio europeo. Credo che le condizioni del Paese, tenendo anche conto delle ultime valutazioni della Banca d’Italia, secondo cui il Pil quest’anno scenderà del 9,5%, e delle parole del capo del Servizio Struttura economica di via Nazionale in audizione presso le commissioni Bilancio congiunte che evidenziano la necessità di un cambio di passo, faranno riemergere la questione del Mes nella sua continua attualità.



Perché?

Perché l’Italia continua a navigare in una zona pericolosa dal punto di vista dei mercati. È vero che la Bce ci sta aiutando, ma non potrà farlo a lungo e con la stessa intensità mostrata negli ultimi mesi. Nel frattempo il deficit/Pil, come ha spiegato l’Ufficio parlamentare di bilancio, quest’anno chiuderà in doppia cifra e il debito/Pil supererà il 160%, Fitch parla di un quinquennio senza crescita per l’Italia e l’Istat di un 38% di imprese a rischio chiusura. Considerando la copertura per costi diretti e indiretti nella sanità, un campo che tutti reputano strategico, il tema del Mes si riproporrà presto con tutta la sua virulenza, a meno che i 5 Stelle non facciano marcia indietro e accettino di farvi ricorso.



Nel Governo è in atto anche un braccio di ferro sulla gestione delle risorse che arriveranno con il Recovery fund. Conte ha riunito ieri sera il Comitato interministeriale per gli affari europei, con l’obiettivo di affidare a questa struttura che fa capo a palazzo Chigi tale compito, ma il Mef vuole poter dire la sua…

Sulla gestione dei fondi che arriveranno dall’Europa siamo ancora all’anno zero, nel senso che finito il lockdown ci sono stati i risultati dei lavori della commissione Colao e gli Stati generali dell’economia, ma al di là di titoli e slogan non si è capito cosa il Governo intenda fare. Si parla anche di creare una commissione bicamerale o due monocamerali, ma il Parlamento avrebbe solo un potere di indirizzo e non di gestione dei fondi, che sarebbe in ogni caso in capo all’esecutivo, all’interno del quale è in atto un braccio di ferro su questo tema. I tempi però stringono, perché a metà ottobre andrà presentato il Recovery plan nazionale.

E nelle ultime ore sta esplodendo anche il caso migranti.

Questo è un ulteriore problema per l’esecutivo, che non mi sembra avere idee precise su come affrontare una situazione che è stata lasciata galleggiare, anche per via di una scarsa attenzione a quello che succedeva dal punto di vista geopolitico in Libia. Il risultato è che ci troviamo a dover fare appello alla Tunisia, ma questo non basta. La situazione rischia di sfuggire di mano. Mi sembra un tema che, insieme a quello della scuola, per cui ancora non è chiaro se si riaprirà il 14 settembre per poi chiudere subito causa elezioni amministrative e referendum e come si riaprirà, rappresenta un’altra mina per il Governo.

Una questione, quella dei migranti, che ha fatto emergere anche un nuovo punto di tensione tra Di Maio e Conte, visto che il ministro degli Esteri ha richiamato il Premier a occuparsene.

Non dobbiamo dimenticare che Conte è stato indicato, sia nel 2018 che l’anno scorso, come Premier proprio dai 5 Stelle. Poi, anche a motivo dell’emergenza coronavirus, Conte si è ritagliato un suo spazio autonomo, ma, come dimostra la vicenda del Mes, per lui resta cruciale il rapporto con M5s. Ora che si avvicinano le elezioni il tema dei migranti rappresenta un ulteriore punto critico nel rapporto tra 5 Stelle e Conte, che a questo punto diventa un terreno minato.

Sul tema migranti l’Italia sconta anche errori e indecisioni di politica estera?

Si stanno raccogliendo i frutti di quello che è stato seminato. L’Italia non ha giocato una partita attiva. Certo, Di Maio è andato in Libia, in Egitto, ha compiuto missioni diplomatiche, ma di fronte all’avanzata di Erdogan nel Mediterraneo la risposta italiana risulta essere stata ininfluente. Il Paese si ritrova quindi improvvisamente un po’ fuori fase rispetto all’emergenza migranti.

Se nella maggioranza ci sono tensioni, nel centrodestra sembrano emergere delle spaccature. È così?

È vero che i sondaggi danno complessivamente all’area del centrodestra dei consensi intorno al 47-48% e si potrebbe dire che in caso di elezioni vincerebbe, ma al di là di quello che dicono le intenzioni di voto, mi sembra che le fratture siano abbastanza profonde. Abbiamo Forza Italia che assicura di non essere un sostegno del Governo, ma che nell’interesse del Paese può votare lo scostamento di bilancio e che quindi pare tornata ai tempi del Patto del Nazareno. Salvini, invece, continua su una linea di opposizione più netta all’esecutivo, senza riuscire bene a esporre proposte che vadano oltre gli slogan, come nel caso del taglio delle tasse, mentre la Meloni cerca di tenere una posizione intermedia tra i due alleati e sembra stia incrementando i suoi consensi ai danni della Lega.

Sono spaccature che alla fine aiutano il Governo a restare in piedi nonostante le sue contraddizioni…

Certo. C’è dichiarata unità, ma in realtà vi sono differenti posizioni all’interno del centrodestra. Questo incrina la possibilità di un’opposizione dura sul piano parlamentare, nonostante i numeri ballerini al Senato per la maggioranza. Ovviamente questa situazione finisce per aiutare la navigazione difficile del Governo.

E fa sembrare impossibile un cambio a palazzo Chigi anche dopo il voto di fine settembre, visto che ci sono da presentare Recovery plan nazionale e Legge di bilancio a ottobre: non ci sarebbero spazi per cambiamenti in corsa.

Mettiamola così: il Governo può cadere più per problemi di carattere interno o perché scoppia un’emergenza che viene governata male che non per il ruolo dell’opposizione con una sua battaglia senza quartiere.

Nel frattempo, come ha evidenziato anche il Presidente di Confindustria Bonomi, la situazione economica per il Paese resta difficile e il Governo sembra voler utilizzare ancora gli stessi strumenti della fase 1.

Mi sembra che il Governo continui a ragionare ancora in termini di emergenza, e quindi di bonus, di cassa integrazione, di blocco licenziamenti: tutte misure che avevano senso in una prima fase dell’emergenza, ma che non servono a riportarci sul sentiero della crescita. Continuare coi bonus a pioggia è rischioso ed è una strategia che nessun altro Paese sta seguendo. È certamente comoda dal punto di vista elettorale, ma il Paese deve rimettersi in piedi e riprendere a camminare e crescere.

Non vede il rischio che nei prossimi mesi, non economicamente facili, si possano vedere divisioni tra le parti sociali, con sindacati e imprese che non remano dalla stessa parte?

Sì, c’è il rischio che le parti sociali, che spesso hanno avuto una funzione di traino e di scommessa sul futuro, finiscano per dividersi. Questo sarebbe molto grave e rappresenterebbe una complicazione in più sulla strada della ripresa considerando il fatto che la politica fatica a decidere e a mettere in atto misure coerenti con questo obiettivo.

(Lorenzo Torrisi)