Antonio Tajani, leader di Forza Italia nonché ministro degli Esteri e vicepresidente del Consiglio, non si è lasciato sfuggire la platea dei 20mila scout radunati a Verona per ribadire che sullo ius scholae non arretrerà di un passo. “È la nostra idea di società”, ha detto, “e non c’entra nulla con la stabilità del governo”. Dopo la folla del Meeting di Rimini, Tajani ha tentato di andare alla conquista di un’altra ribalta giovanile e, più estesamente, dell’elettorato centrista. Ha anche precisato che non è certo sua intenzione spostarsi a sinistra. Il che nell’immediato è senz’altro vero, nel medio termine (cioè nella prossima legislatura) si vedrà, considerate anche le ripetute aperture di Marina e Piersilvio Berlusconi verso il Pd di Elly Schlein.
È altrettanto vero che la polemica sulla cittadinanza per i ragazzi stranieri che hanno completato un ciclo di studi in Italia non mira a fare cadere Giorgia Meloni. Cadere no, ma indebolire sì. La modifica della legge sulla cittadinanza non è nel programma di governo, e per essere attuata richiederebbe un iter molto complicato che non può essere percorso positivamente senza una chiara adesione di tutte le forze che sostengono l’esecutivo. Inoltre i numeri delle nuove cittadinanze dicono che il sistema in vigore funziona, anche se con lentezze e intoppi. Dunque, le dichiarazioni del successore di Silvio Berlusconi non servono ad aprire la strada a una riforma, ma semplicemente a segnare il terreno, a lanciare segnali alla Schlein e a infastidire la premier alla vigilia di un vertice di maggioranza (dovrebbe tenersi entro fine mese) che si preannuncia piuttosto complicato.
Tuttavia, giornali e tv tacciono su questo tatticismo per sottolineare unicamente quanto sia opportuna – se non indispensabile – la svolta del leader degli azzurri in tema di diritti. Se è Salvini a mettere sul tavolo una questione di bandiera che potrebbe indebolire la Meloni, viene dipinto come un guastatore. Invece Tajani può liberamente esprimersi sotto un grande ombrello protettivo che lo tiene al riparo da critiche e contestazioni. Un paravento che, in ultima istanza, viene steso da Bruxelles stessa visto che la proposta di introdurre lo ius scholae riflette perfettamente il metodo del Ppe: fare di tutto, in accordo coi socialisti, per cambiare la rotta dei governi sgraditi o refrattari alla grande coalizione ormai di casa a Bruxelles.
Insomma, Tajani parla perché ha le spalle molto ben coperte e sa che non sarà certo l’establishment a creargli problemi: “stiamo lavorando per occupare uno spazio politico che un centrodestra moderno non può lasciare ad altri” ha dichiarato Tajani. Proprio mentre la Meloni ha scelto, anche dopo la scottatura seguita alle elezioni europee, di ritornare su posizioni più vicine al suo elettorato tradizionale. Ci attendono dunque altri giorni di schermaglie polemiche. Almeno fino al 30 agosto.
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