Dopo aver ottenuto la fiducia da Camera e Senato, Conte è al lavoro per cercare di allargare il perimetro della maggioranza, specialmente a palazzo Madama, e mettere poi a punto il patto di legislatura, oltre che rivedere il Piano nazionale di ripresa e resilienza approdato in Parlamento. E ieri, mentre i leader del centrodestra sono stati ricevuti al Quirinale e Renzi ha riunito i gruppi di Italia Viva, il Presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini ha chiesto anche al suo partito di coinvolgere maggiormente gli amministratori locali. “C’è un Paese nel quale ci sono importanti esperienze, di governo quotidiano del territorio, che a mio parere andrebbe un po’ più ascoltato”, ha detto l’esponente del Pd a Mattino5. Secondo Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie, i democratici sono in una situazione effettivamente difficile dopo quello che è accaduto negli ultimi giorni: «C’è una minaccia a carico del Pd».



In che senso Professore?

Nel senso che Conte sta sempre più personalizzando l’iniziativa dei cosiddetti “costruttori” e di fatto sta costruendo un suo partito populista di sinistra, prendendo anche una parte dei voti dei 5 Stelle che sono populisti per natura, perché vogliono sussidi. Uno di questi è il Reddito di cittadinanza, che non a caso il Premier difende. Un altro è il cashback, un sistema con cui si finge di risolvere un problema fiscale: invece di abbassare le imposte, cosa che aiuterebbe a ridurre l’evasione, si dà una mancetta a chi usa i pagamenti elettronici. Non parliamo poi della lotteria degli scontrini. Il dato più drammatico è che mentre si spendono risorse per Reddito di cittadinanza e cashback, i ristori vengono erogati col contagocce.



Il Pd è cosciente di questa minaccia rappresentata da Conte?

È evidente che il Pd, pensando al suo futuro e non alle attuali poltrone che occupa, non ha convenienza a restare con Conte. Ha bisogno di ricostruire la propria identità di partito di sinistra, che si è andata scolorendo e che è messa in serio pericolo da politiche che più che guardare agli interessi dei lavoratori servono a dispensare mance e a far crescere il debito. Nella crisi europea delle sinistre in atto da tempo, un partito che si mette su questa strada pone le basi per un’autodistruzione. Tra i democratici c’è consapevolezza di ciò e anche un certa insofferenza pensando al protagonismo che si andrà a perdere in partite importanti come quelle per l’elezione del capo dello Stato.



I democratici diventeranno meno rilevanti per la scelta del successore di Mattarella?

Considerando anche i delegati regionali, il centrodestra ha un buon pacchetto di voti. E potrebbe persino pensare di mettersi d’accordo con Renzi, che ha ormai le mani libere. Dunque è l’ex Premier ad avere acquistato protagonismo per la partita del Colle a scapito proprio dei democratici. Che tutt’al più possono sperare in una riconferma di Mattarella come “compromesso” in grado di trovare l’appoggio di partiti esterni anche all’attuale maggioranza. Anche nelle elezioni locali c’è il rischio che il Pd perda protagonismo, posto che ancora non ha deciso cosa fare per la corsa al Campidoglio.

Secondo lei, Conte riuscirà a rimanere a palazzo Chigi fino all’inizio del semestre bianco?

È molto difficile fare previsioni in questo momento, ma credo che ci siano scadenze molto importanti che mettono in difficoltà il Premier, a cominciare dal Recovery plan su cui l’Italia ha già ricevuto dei richiami dall’Europa. Servono anche decisioni sulla rete unica di telecomunicazioni e su Autostrade per l’Italia. Senza dimenticare il fatto che non è chiaro se serviranno nuovi scostamenti di bilancio dopo quello da 32 miliardi di euro che è stato appena approvato dal Parlamento.

Si parla anche delle difficoltà che il Governo potrebbe avere quando la prossima settimana Bonafede andrà a presentare in Parlamento la Relazione sulla Giustizia…

La giustizia di Bonafede è ingiustizia, che rischia di avere anche effetti negativi a livello economico. Occorre infatti rendere i processi più veloci per evitare che riesploda il problema dei crediti deteriorati, le cui garanzie sono molto spesso immobili, il cui mercato potrebbe patire conseguenze negative se non ci sarà una velocizzazione delle procedure giudiziarie. Di questo c’è bisogno, non di abolire la prescrizione. Il vero problema è che questa impostazione non è presente nel Recovery plan e bisognerebbe quindi intervenire per modificarlo, cercando in tal modo di evitare un aggravamento della crisi.

(Lorenzo Torrisi)