Come va l’economia mentre gli italiani partono per le vacanze? Lunedì avremo i dati sul prodotto lordo nel secondo trimestre in Italia e in Europa. Si prevede crescita zero rispetto al primo trimestre e un andamento positivo anno su anno: +1,9% in Italia, +1% in media nell’Unione europea con la Germania maglia nera. L’inflazione, invece, sembra in lenta discesa rispetto a giugno, ma è ancora troppo alta: a luglio i prezzi sarebbero saliti del 5,7% in Italia e del 5,3% in Europa. “Continueremo così tutto il tempo necessario”, ha detto Christine Lagarde commentando giovedì il nuovo rialzo di un quarto di punto deciso dalla Bce. Mentre Joachim Nagel, Presidente della Bundesbank, ha gelato le speranze di una pausa in autunno: “Abbiamo bisogno che i tassi di interesse siano sufficientemente alti e a lungo – ha detto Nagel -. L’inflazione primaria è ostinata, quindi la nostra politica monetaria deve essere ancora più tenace”.
La settimana scorsa, del resto, abbiamo assistito a un susseguirsi di docce scozzesi. La doccia calda ci ha confortato: non ci sarà recessione, il rallentamento è cominciato, ma la spinta dei mesi precedenti consentirà di chiudere l’anno bene. La doccia fredda è che il Pil è sostenuto dai consumi interni, puntellati dalle misure del Governo, tuttavia la domanda estera langue e così gli investimenti. Una doccia calda arriva dalla politica economica: nessuna austerità anche se una parte dei sostegni monetari saranno ridimensionati. Ma sarà possibile evitare una stretta d’autunno solo se nel bilancio dello Stato non si apriranno nuovi buchi. La delega fiscale che ha ricevuto via libera dal Senato e dovrà essere approvata dalla Camera introduce un qualche sollievo alle imprese e ai cittadini che intendono mettersi in regola. Non è la “pace fiscale”, non è un altro condono, è un modo di affrontare con pragmatismo l’ingorgo post-Covid. Tuttavia, ed ecco anche qui l’acqua ghiacciata, i conti pubblici non mostrano spazi per quella riforma organica alla quale sta lavorando il viceministro Leo, tanto meno alla possibilità che si riduca in modo significativo la pressione fiscale complessiva.
Anche sul Pnrr abbiamo lo stesso alternarsi di sollievo e preoccupazione. La terza rata è stata sbloccata, arrivano 18,5 miliardi di euro, sia pure in ritardo: sono legati alle scadenze del 2022 e saranno disponibili solo “dopo la pausa estiva”, ha detto il commissario Paolo Gentiloni. Il Governo spera di ottenere entro la fine dell’anno i 16,5 miliardi che dipendono dagli impegni assunti entro il 30 giugno scorso. Tuttavia, vengono ridimensionati molti degli impegni: sono stati rivisti 144 obiettivi su 349, nove progetti “definanziati” per 15,89 miliardi. Nel bilancio dello Stato non c’è spazio per recuperare con fondi pubblici italiani quel che non viene pagato dai fondi europei. “Troveremo una soluzione”, ha detto il ministro Fitto. Le amministrazioni comunali e i sindacati stanno già facendo rullare tamburi di guerra.
Il Fondo monetario internazionale ha mandato un chiaro avvertimento nel suo rapporto sull’Italia: anche se l’economia sta andando meglio che in altri Paesi europei, con un Pil in cresciuta dell’1,1% quest’anno e dello 0,9% nel 2024, ci sono almeno quattro grandi nubi all’orizzonte da diradare subito, per non compromettere il futuro. Primo, le politiche che frenano la riduzione del debito pubblico; secondo, l’applicazione del Pnrr; terzo, le scelte fiscali; quarto la crisi demografica, che sicuramente richiede di aumentare la partecipazione al lavoro, in particolare delle donne, ma anche l’ingresso di nuovi immigrati.
Molto netto il giudizio su alcuni capitoli importanti della politica fiscale: “Una flat tax sul reddito potrebbe avere delle implicazioni avverse e portare a un significativo calo delle entrate e dell’equità. Continuare a rafforzare la compliance fiscale è necessario, aumentare la soglia delle transazioni cash e introdurre sanatorie sui debiti fiscali non è d’aiuto”. Quindi, la riforma delle tasse dovrebbe puntare ad “allargare la base imponibile e aumentare equità ed efficienza”. Bocciata ogni ipotesi di andare in pensione più presto, una bandierina agitata da Matteo Salvini: la spesa italiana è superiore a quella media europea, mentre l’età di uscita è inferiore. Non c’è spazio per anticipi di sorta.
Il sentiero sul quale deve camminare il ministro dell’Economia è davvero stretto, Giancarlo Giorgetti viene già tirato per i due lembi della giacca, e le spinte non vengono solo da un’opposizione che non ha i numeri in Parlamento per far passare la propria linea, ma dai partiti della maggioranza che hanno in mente ormai un traguardo preciso: contarsi alle elezioni europee del prossimo anno. Su flat tax, pensioni, autonomia, tutte misure costose, punterà i piedi la Lega? Ma non è gratis nemmeno la riforma della giustizia sulla quale s’attesta Forza Italia. E lo stesso partito di Meloni non vorrà accontentare i suoi ceti di riferimento? Quel sentiero, così, si trasforma in un ponte di corda sospeso sul vuoto come quelli degli Incas.
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