Goffredo Bettini, di fatto indiscusso guru della nuova sinistra, identifica Giuseppe Conte non solo come leader del governo ma anche come capo di una nuova formazione che comprenda il Pd e il Movimento 5 Stelle. Il punto riconosce la realtà, il fatto che entrambe le formazioni si identificano con gli ideali della sinistra. Il Pd è la tradizione, il M5s raccoglie invece le frange più nuove. Entrambi sono coalizzati in un governo reso inamovibile perché l’opposizione di destra è in via di estinzione (FI) oppure con un veto europeo a governare (Lega e FdI).



In questo senso Bettini dà un senso alto e una direzione di marcia a un governo formato l’estate scorsa in gran fretta dopo la rottura giallo-verde (M5s-Lega) e per evitare un ritorno alle urne. Inoltre mentre i giallo-verdi ci misero quattro mesi di tormentate discussioni per mettersi d’accordo, la coalizione giallo-rossa (M5s-Pd) fu sfornata in pochi giorni, spazzando in gran fretta sotto il tappeto anni di spietate polemiche dei 5 Stelle contro i democratici. Bettini vede il vuoto ideale e con il suo sforzo cuce addosso al governo in carica un nuovo progetto che gli dia un futuro. È un’operazione di grande dignità intellettuale e ideale. C’è però forse anche altro.



Alle ultime elezioni, tra non votanti e schede bianche appena circa la metà degli italiani ha espresso le sue preferenze elettorali. Ciò va bene in posti come ce ne sono in America, dove votare costa almeno due giornate di lavoro e un impegno vero, ma in Italia, dove si vota di domenica con schede arrivate a casa, non bisognerebbe chiedersi perché la gente non va alle urne? Inoltre questo Parlamento ha poco più di due anni, ma da oltre 18 mesi c’è una distanza enorme tra la sua rappresentanza e quello che dicono i sondaggi di opinione. Sarà anche giusto impedire di seguire i sondaggi e tornare alle urne, ma resta una realtà: gli italiani non votano e la politica non li fa votare.



Nei fatti si è spezzata la rappresentanza democratica. Forse ciò è anche giusto, vista l’eccezionale situazione in cui ci troviamo, ma è bene dirlo, anche per essere chiari su come va gestita la situazione. Il 20 settembre si voterà insieme per un referendum sul sistema elettorale e una serie di elezioni amministrative. È probabile che nelle amministrative il governo sarà sonoramente bocciato; riuscirà la coalizione a resistere alle polemiche che ne deriveranno?

Se si andasse poi al voto con il nuovo sistema elettorale ci sarebbero mille problemi. Il sistema di voto attuale, maggioritario corretto, cerca di mediare il problema della rappresentanza con la necessità della governabilità. Il nuovo sistema elettorale dove troverà il punto di equilibrio? O non avrà equilibrio tra rappresentanza e governabilità?

Quindi c’è la società che dovrebbe essere rappresentata. Nella Thailandia cara a Bettini la novità politica portata da Thaksin Shinawatra, nelle sue varie incarnazioni partitiche, era stata la rottura con il vecchio monopolio di potere del paese fatto dall’alleanza tra corona, militari e borghesia di Bangkok. Thaksin ha creato una nuova maggioranza che ha rotto nei fatti il vecchio monopolio, emancipando i diseredati delle campagne e creando una nuova piccola borghesia, cosa che ha trasformato il paese. In Italia quali sono i problemi sociali? Brevissimamente, c’è la fine della classe media, la fine di una tensione morale e spirituale che aveva sì spaccato il paese all’inseguimento del sogno americano o sovietico, durante la prima guerra fredda, ma l’aveva tenuto unito intorno a due progetti: uno interclassista, l’altro ispirato alla lotta di classe.

Oggi qual è il progetto dell’Italia?

C’è una polarizzazione tra Nord produttivo e Sud parassitario; l’uno è sempre più agganciato al sistema tedesco, l’altro pare sopravvivere solo per gli aiuti di Roma/Bruxelles. Il Sud deve avere una sua produzione e funzione. Inoltre c’è un problema vero di rappresentanza sociale. Ci sono stranieri non integrati, ai margini della società, che non votano ma pagano le tasse e contribuiscono al Pil forse per il 10%. Inoltre l’Italia ha dato il voto agli italiani che vivono all’estero, ma non pagano le tasse in Italia. Questi sono ulteriori squilibri di rappresentanza democratica che si aggiungono a quelli precedenti. Dall’esterno appaiono come moltiplicatori di instabilità, specie se arrivano in un momento di grave crisi economica, con il Covid e la nuova guerra fredda tra Usa e Cina.

Con alle spalle questi problemi sociali si apre una finestra di gravi rischi tra ottobre e marzo-aprile, quando la crisi economica comincerà davvero a mordere e potrebbe intaccare l’occupazione. Allora, con la nuova instabilità, certo Roma potrebbe tornare a bussare a Bruxelles. Ma anche se la Ue si muovesse ancora a pietà, è difficile che nuovi aiuti arrivino in tempo e senza nuove condizioni. Nel frattempo la tensione tra Cina e Usa potrebbe essere aumentata, con gravi ripercussioni italiane. Qui la crisi potrebbe avvitarsi e la mancanza di visione politica potrebbe diventare fatale per il paese.