Chiamiamola pure “scarsa vitalità” come fa la Confcommercio e rallegriamoci perché non è recessione come fa il Governo, ma le ultime stime economiche della Commissione europea fanno venire l’orticaria al ministro dell’Economia che ha già messo al lavoro i suoi tecnici per rifare i conti in vista del Documento di economia e finanza da presentare dopo Pasqua. Bruxelles ha abbassato la crescita italiana per quest’anno, portandola allo 0,7% (dallo 0,9% indicato a novembre), mentre per il 2025 è confermato un +1,2%. L’Ue si allinea dunque alle recenti previsioni dei principali istituti: il Fondo monetario e l’Ocse, entrambi con lo 0,7%, mentre l’Ufficio parlamentare di bilancio ha appena rivisto al ribasso le proprie previsioni portandole a +0,8% quest’anno e +1,1% il prossimo. Ben più ottimistici sono invece gli obiettivi indicati a fine settembre dal Governo nella Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza: +1,2% la crescita del Pil nel 2024 e +1,4% nel 2025. Sono percentuali che, a cascata, cambiano previsioni e obiettivi per il disavanzo pubblico e per il debito destinati a crescere entrambi.
Un sollievo potrebbe venire da una sollecita riduzione dei tassi d’interesse da parte della Banca centrale europea, come auspicato anche dal Governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta il quale ha richiamato comunque il Governo italiano a essere rigoroso sui conti pubblici. Le ultime dichiarazioni di Christine Lagarde sono dubbiose e super caute, la Presidente della Bce ha paura di essere ancora una volta intempestiva, volge lo sguardo verso Washington, ma anche la Federal Reserve è incerta sul da farsi. L’andamento dell’inflazione negli Usa spinge alla prudenza (i prezzi al consumo a gennaio sono saliti attorno al 3% su base annua): sia chiaro lo tsunami è passato, ma le acque si ritirano ora rapidamente ora con maggior lentezza e rischiano di formare pozze e paludi putrescenti. Meglio le previsioni sull’area euro (+2,7%), mentre l’Italia dovrebbe addirittura raggiungere la mitica meta del 2%.
Sulle due banche centrali incombono le elezioni, quelle europee a giugno e quelle per la Casa Bianca a novembre, il rischio di compiere mosse che incidano sul voto in un senso o nell’altro è molto alto. Le banche centrali sono indipendenti, ma non vivono nell’iperuranio come ha ricordato Mario Draghi nel suo discorso di giovedì scorso a Washington<.
Aspettando madame Lagarde e mister Powell, c’è da valutare se in Italia sia o no necessaria una manovra aggiuntiva da varare anch’essa dopo Pasqua insieme al Def. A sentire Paolo Gentiloni da Bruxelles non c’è nessuna pressione in tal senso: “Non è mai modo di agire della Commissione parlare di manovre correttive tanto meno di fronte a cambiamenti dello zero virgola”. Perché in fondo la zona euro in media crescerà appena dello 0,8% un decimo più dell’Italia, mentre la Germania farà molto peggio (+0,3%) e la Francia poco meglio (+0,9%); la vera eccezione è la Spagna che continua a correre (+1,7%).
Le incertezze questa volta vengono dalla politica internazionale non dall’economia: la crisi del Mar Rosso secondo Gentiloni fa moltiplicare di quattro volte i costi dei noli. “Se scoppia una guerra al mese sarà difficile aumentare la crescita”, è sbottato Giorgetti. E gli ultimi mesi sembrano davvero fiacchi: la Confcommercio stima un misero 0,1% in più a febbraio. Secondo Luigi Marattin (Italia Viva) in base ai conti dell’Ue bisogna recuperare almeno dieci miliardi di euro. Aspettiamo i calcoli dell’Istat prima di fasciarci la testa. Intanto il debito riprende il proprio percorso ascendente: a fine dicembre secondo i dati della Banca d’Italia, è salito a 2.862,8 miliardi, ben 105,3 miliardi in più rispetto all’ammontare del 2022, da coprire stampando altri buoni del Tesoro. Bruxelles deciderà a fine giugno, dunque dopo le elezioni se avviare o no le procedure per deficit eccessivo, quindi lo spettro della manovra correttiva non è affatto esorcizzato.
Molte speranze erano poste sull’effetto volano del Pnrr che avrebbe rilanciato gli investimenti e di qui anche la domanda interna per contrastare la discesa di quella estera: l’avanzo della bilancia corrente italiana si sta erodendo rapidamente e ora è attorno ad appena mezzo punto di Pil, nonostante la riduzione dei prezzi del gas e del petrolio, principali voci delle importazioni. Però proprio dal Pnrr stanno arrivando amare delusioni, l’apertura dei cantieri va molto, troppo a rilento, anche la Corte dei Conti ha fatto suonare un campanello d’allarme, parla di ritardi e irregolarità.
Il Governo ha chiesto già la quinta rata che ammonta a 10 miliardi e 600 milioni, meno dei 18 miliardi previsti prima della revisione, ma in ogni caso fondamentali anche per rimpolpare le casse del Tesoro. Il versamento è legato al raggiungimento di ben 52 obiettivi, bisogna sperare che la magistratura contabile abbia esagerato oppure che splenda ancora una volta lo stellone. Ma la fortuna, come scriveva Machiavelli, va sempre in coppia con la virtù.
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