Parecchi centri di ricerca proiettiva, tra qui quello euroamericano coordinato da chi scrive (Stratematica), stanno cercando di capire se la concentrazione di eventi critici che è visibile nel calendario 2024 produrrà una turbolenza globale stabilizzabile o meno. L’interesse per il lettore italiano, oltre che per le possibili conseguenze economiche e politiche nel proprio perimetro di riferimento, è aumentato dal fatto che nel 2024 Roma presiederà il G7.
Le elezioni presidenziali del gennaio 2024 a Taiwan sono un punto critico perché in caso di vittoria degli indipendentisti la Cina potrebbe aumentare l’aggressività mentre ora spera di ridurre la divergenza di Taipei sostenendo il partito collaborazionista con una strategia di dissuasione via bastone (esibizione di potenza militare), ma anche di carota in caso prevalessero i collaborazionisti stessi. Se Pechino decidesse un’azione punitiva verso Taiwan, dovrebbe darle ombrello con un aumento della deterrenza verso tutta l’area del Pacifico a cui l’America e il Giappone, nonché l’Aukus, dovrebbero rispondere simmetricamente, alzando le tensioni.
Verso metà del 2024 il fronte ucraino potrebbe trovare una sorta di stabilità che sarebbe precursore di un cessate il fuoco oppure un inasprimento del conflitto. In quel periodo entrerà nel vivo la campagna per le elezioni presidenziali di novembre negli Stati Uniti dove nessuno dei due candidati potrà essere troppo pacifista data la tendenza anti-cinese e anti-russa dell’elettorato, pur una sua parte – ma non quella centrista che determina la vittoria dell’uno a altro fronte – isolazionista, cioè indifferente ai movimenti globali che non tocchino interessi vitali dell’America. Agosto, settembre e ottobre 2024 potrebbero vedere un’amplificazione statunitense della possibile turbolenza globale.
Va poi considerata la possibilità – con probabilità basse, ma non evento escludibile – di una implosione violente del regime di Putin in Russia e l’estensione del conflitto tra Alleanza delle democrazie e Cina per condizionare il nuovo assetto della Federazione russa.
Le elezioni europee di circa metà 2024 potrebbero produrre una maggioranza parlamentare più favorevole alla convergenza euroamericana e un maggior potere del Ppe e della Germania che persegue un trattato economico tra Ue e Usa come bilanciamento della perdita del mercato russo e della minore relazione con quello cinese. Ma la Francia, nel Consiglio europeo, sarebbe contraria. L’America, segnata da forti correnti protezioniste in ambedue i partiti principali, non sarebbe pronta per un tale passo, pur interessata a rafforzare le relazioni industriali con gli europei. Senza un trattato bilaterale commerciale euroamericano, la base economica della pur forte compattezza politica del G7 resterebbe debole, rallentando la strutturazione di questo organismo come guida del blocco delle democrazie contro quello dei sistemi autoritari. Saltando qualche passaggio nella catena logica dell’analisi di (in)stabilità, il rischio è che nel 2024 prenda piede una tendenza multipolare. Tale rischio è che un mondo multipolare sarebbe meno stabile di uno bipolare.
Sul piano economico il 2024 in America e Ue potrebbe avere un inizio recessivo e, per l’Ue, di stagflazione, complicando il consenso interno nelle sue nazioni mentre è probabile che il mercato statunitense riduca più velocemente l’inflazione grazie alla maggiore efficienza del suo mercato. Pertanto l’Ue appare l’attore globale dove, oltre al caso Taiwan, è più probabile un focolaio di instabilità.
Tralasciando altri punti critici nello scenario globale, quelli detti sono sufficienti per prevedere una turbolenza e una forte incertezza sulle proiezioni di instabilità-stabilità sistemica. C’è un modo per ridurre i rischi? C’è: iniziare già nel 2023 a demoltiplicare i rischi stessi, uno a uno. Aggiornamenti.
www.carlopelanda.com
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