Nel novembre 2023 pubblicai il libro “Italia globale” (Rubbettino) per contribuire a strutturare e a espandere una strategia geoeconomica che già appariva come tendenza del Governo per salvare il modello economico export-led (circa il 40% del Pil direttamente e indirettamente) in un contesto di deglobalizzazione conflittuale a cui era necessario reagire con una strategia di riglobalizzazione selettiva con gli alleati, ma dando all’Italia un nuovo attivismo. In parallelo ho chiesto al nucleo italiano nel mio gruppo di ricerca euroamericano in “geopolitica economica e finanziaria” di aggiornare continuamente la strategia.



Oggi questa presenta la necessità di prendere una posizione politica rilevante, che implica alleanze, in tre geocerchi: a) Unione europea; b) Mediterraneo costiero e allargato nella direzione indopacifica e africana; c) nonché globo. Con quali alleanze?

Qui un problema da risolvere. Nel cerchio europeo l’Italia si trova con un Governo di destra-centro nell’ambito di una maggioranza europarlamentare di centro-sinistra più eurocentrica che euroglobale. Non è un grave impedimento perché nell’Ue conta di più il livello intergovernativo, ma potrebbe rendere difficoltoso lo spostamento di risorse europee per investimenti in Africa allineati alla strategia italiana. Bisognerà attendere le elezioni nazionali in Germania per valutare se un’alleanza italo-tedesca, la Francia appare comunque divergente, potrà portare più risorse del programma Ue Global Gateway nel Mediterraneo allargato in convergenza di interessi. Probabile, ma non scontato né in tempi brevi.



Nel secondo cerchio la proiezione italiana richiede una convergenza forte con gli Stati Uniti, il cui grado e raggio potrà essere definito solo dopo le elezioni di novembre. Così come nel terzo cerchio. In sintesi, solo nel 2025 sarà possibile capire su quali alleanze forti poter contare. Quindi: come agire nei prossimi sei mesi?

Il Governo italiano ha aumentato le risorse per la proiezione in Africa sia costiera, sia profonda creando agevolazioni per le imprese che lì investono. Le analisi correnti mostrano che gli alleati dell’Italia non hanno, al momento, programmi di forte proiezione concorrenziale verso l’Africa. E che – dato importante – in parecchie nazioni africane i leader non vogliono più essere strumenti di potenze straniere. Tale situazione favorisce l’approccio cooperativo del “Progetto Mattei” e indebolisce l’espansione del potere russo e cinese nell’area. Quindi la risposta alla domanda con chi cercare alleanze per il progetto africano è: gli africani stessi, in almeno una decina di nazioni.



Le risorse statali italiane sono notevoli, ma ci vorrebbe più mobilitazione del capitale di investimento privato. Da favorire con tre mosse: aumento delle coperture assicurative per le aziende italiane che prendono posizione in Africa, accesso a più finanza agevolata per le stesse e inclusione del sistema bancario italiano negli accordi di partenariato strategico bilaterali.

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