In attesa delle elezioni in Emilia-Romagna e in Calabria, complice anche il confronto di venerdì tra Governo e sindacati sul taglio del cuneo fiscale, si parla ancora di riforma fiscale, con il Pd che mira a estendere il bonus da 80 euro, mentre il Movimento 5 Stelle, con il supporto dello stesso Conte, punta a ridisegnare e ridurre le aliquote Irpef. «Il carico fiscale in Italia è altissimo e grava sia sui cittadini che sulle imprese. Con la Legge di bilancio è stato previsto un taglio del cuneo fiscale dalla seconda metà del 2020 che certo non esaurisce il tema. Di fronte a questa prospettiva non risolutiva c’è un dibattito sulla prossima mossa da fare e abbiamo già visto posizioni un po’ distanti tra Pd e M5s: insistere di più sul cuneo fiscale o ridisegnare le aliquote Irpef. Il vero problema sono le risorse necessarie, visto che per i prossimi due anni dovremo fare i conti anche con clausole di salvaguardia per 47 miliardi di euro», è il commento di Guido Gentili, ex direttore ed editorialista del Sole 24 Ore.
Si parla anche di rivedere il sistema di detrazioni e deduzioni fiscali.
Il tema non è nuovo, ma nonostante gli annunci finora non si è messa mano alle tax expenditures anche per le diverse pressioni corporative. Resta il problema di fondo che ridurre le detrazioni e le deduzioni vuol dire aumentare la pressione fiscale. Sembra invece che ci si sia dimenticati della spending review.
Parlare di tasse aiuta il Governo e la maggioranza ad avere un po’ di ossigeno in attesa delle regionali?
Certamente profilare grandi scelte fiscali, come la riduzione dell’Irpef, rientra a pieno titolo nella campagna elettorale permanente. Così come quanto affermato dal Pd sul fare della Puglia la nuova frontiera dell’economia green tramite una ristrutturazione dell’ex Ilva, con Taranto che dovrebbe diventare la città più verde d’Europa.
Cosa pensa della decisione di spostare il confronto di maggioranza dopo le elezioni regionali?
All’inizio, quando Conte ha parlato di mettere a punto il cronoprogramma di leggi e riforme da varare fino al 2023, si pensava che il confronto nella maggioranza sarebbe iniziato subito dopo le feste. Poi le difficoltà già esistenti e l’esplodere di varie mine sul tavolo (perché oltre ad avere aperti i dossier Alitalia o dell’ex Ilva è arrivato il problema della politica estera in Libia), i dissapori interni alla maggioranza e l’esigenza di arrivare continuamente a una soluzione di mediazione e di compromesso, hanno fatto sì che lo stesso Premier abbia deciso di rinviare il confronto a dopo le regionali, aggiungendo che non si tratta di elezioni decisive a livello nazionale.
Secondo lei è così?
Ovviamente sappiamo che non è così, perché questo è un voto che può significare molto a livello nazionale. Ora stiamo girando un po’ in tondo a questo tema della verifica cercando di arrivare faticosamente al 27 gennaio. Intanto stanno emergendo all’interno del Pd due diverse ipotesi: c’è chi, come Franceschini, ritiene il voto ininfluente per la vita e la durata della maggioranza, e chi è invece più prudente su questo terreno. Dovremo attrezzarci ad attendere il risultato in Emilia-Romagna e poi vedremo se, nel caso dovesse vincere l’opposizione, la verifica più che sul cronoprogramma sarà su altro.
Potrebbe allora esserci una crisi di Governo?
Il risultato elettorale può essere esplosivo, perché nel caso di sconfitta del Pd in Emilia-Romagna, verrebbe messa a rischio la leadership di Zingaretti. Il tutto si combinerebbe poi con un quasi certo nuovo calo dei consensi per il Movimento 5 Stelle. A quel punto il 27 gennaio ci sarebbe una verifica di governo vera, il cui esito sarebbe tutto da vedere.
Anche senza la vittoria dell’opposizione, il voto potrebbe cambiare gli equilibri nella maggioranza in caso appunto di risultato deludente del Movimento 5 Stelle…
Assolutamente. Il Movimento 5 Stelle potrebbe andare sotto il livello di guardia dal punto di vista dei consensi. Il travaglio che c’è all’interno di M5s, alla ricerca di una nuova identità, e probabilmente anche di una nuova leadership, potrebbe portare a delle ripercussioni immediate a livello di Governo.
M5s potrebbe forse essere rafforzato dalla decisione di revocare la concessione ad Autostrade per l’Italia. Italia Viva è contraria a una scelta in tale direzione. Il Pd si allineerà a M5s?
Il Pd, da quello che si legge negli ultimi giorni, sembra essersi ancorato alla posizione, espressa anche da Conte, secondo cui se sono state violate le regole da parte di Aspi, allora è giusto procedere alla revoca. Credo che un’eventuale decisione in questa direzione creerebbe comunque qualche mal di pancia tra i dem e aprirebbe la via a un possibile fortissimo contenzioso, oltre al dover pensare al “dopo” (l’Anas è pronta a subentrare ad Aspi?). Non bisogna poi trascurare il fatto che quella che appare come una riforma del sistema delle concessioni autostradali a tutti gli effetti è stata inserita in un articolo di un provvedimento come il decreto milleproroghe. Si camminerebbe quindi su un terreno molto scivoloso.
Questo della revoca della concessione ad Aspi è uno dei temi, insieme alla prescrizione, alla politica estera e ad altri, divisivi nella maggioranza. Non porteranno verso una rottura dell’alleanza di governo?
Si tratta di temi dirimenti, tra cui non bisogna trascurare anche quello dei decreti sicurezza di Salvini, dove non manca un confronto piuttosto acceso tra Pd e M5s. I temi oggettivi su cui può crearsi una frattura profonda all’interno della maggioranza ci sono tutti. C’è da dire che c’è comunque una fortissima resistenza all’interno di entrambi i principali partiti a non mollare la presa per mantenere questo assetto di governo e non andare a votare. Fin qui hanno proceduto con limature e compromessi più o meno al ribasso, ma ci sono momenti in cui finisce la possibilità di comprare tempo e o arrivano delle vere intese, delle decisioni strutturate, oppure si arriva per forza di cose a una rottura.
Cosa pensa invece della riforma elettorale con uno sbarramento al 5% che sembra penalizzare un partito come Italia Viva?
Sembrerebbe una scommessa al rialzo, il partito di Renzi rischia. Purtroppo in Italia abbiamo già visto come le leggi elettorali cambino alla velocità della luce e spesso non riescano nemmeno a entrare in vigore. Il fatto è che si cerca di cucire delle leggi elettorali a seconda delle convenienze. Così se prima sembrava necessario avere il maggioritario, ora si sta tornando al proporzionale. Il dibattito attuale sembra il ripetersi di film già visti, immaginando che con la legge elettorale si crei stabilità, ma agendo in questo modo si ottiene l’effetto opposto.
(Lorenzo Torrisi)