Aggiornamento della ricerca continuativa “deglobalizzazione conflittuale e riglobalizzazione selettiva” dopo il summit G7 di Hiroshima. Per i beni non strategici la deglobalizzazione conflittuale ha trovato un limite. I flussi mondiali di questi beni stessi, dal punto di vista del G7 in relazione alla Cina, non avranno barriere particolari, salvo possibili sanzioni. Tale postura è coerente sia con il linguaggio adottato da qualche settimana dal segretario al Tesoro statunitense, sia dall’Ue (passaggio dal de-coupling ad un più morbido de-risking).
Ma in materia di deterrenza e dissuasione con implicite possibili sanzioni il G7 ha espresso una posizione comune durissima e attivamente limitativa nei confronti della Cina: negazione dell’accesso a tecnologie strategiche, contrasto all’espansione militare cinese nel Pacifico e all’uso di pressioni economiche da parte di Pechino per scopi coercitivi e di influenza, dipendenza decrescente dalla Cina per l’importazione di materiali strategici, ecc. In più, l’invito a India e Brasile – non allineata la prima e più vicina alla Cina la seconda – indica un’intensificazione della competizione tra alleanza delle democrazie per ridurre la scala della sinosfera che si era espansa globalmente, in particolare dal 2007 in poi.
Semplificando, il limite posto alla deglobalizzazione appare uno strumento per permettere a Francia e Germania di continuare relazioni commerciali non strategiche con la Cina, rendendo meno difficoltosa la loro adesione al nuovo bipolarismo sul lato guidato dagli Stati Uniti. Va anche annotato che questa postura mitiga il conflitto tra Tesoro americano e Consiglio della sicurezza nazionale – il secondo propenso alla deterrenza dura, il primo preoccupato dagli effetti depressivi e inflazionistici di una de-globalizzazione dei flussi commerciali – mantenendo la dottrina Biden delle tre “C”: contenimento, competizione e cooperazione, armonizzando le prime due e fissando uno spazio più stretto, ma non inesistente, per la terza che è attualmente oggetto di non facile dialogo tra le diplomazie statunitensi e cinese.
La configurazione del mercato internazionale che sta emergendo da questa situazione tende a confermare la previsione di una “ri-globalizzazione selettiva” intesa come formazione di due aree, una sinocentrica e l’altra amerocentrica, che consolidano internamente – in tal senso la selettività – il ciclo del capitale, interpretato in senso ampio: c’è una tendenza crescente alla creazione di un mercato delle democrazie e nazioni affini e/o affiliate separato da quello sinocentrico.
L’analisi di destino (15 anni) mostra che l’area guidata dal G7 ha la maggiore probabilità di diventare più grande di quella sinocentrica, ma l’esito realistico dipende da quanta “area grigia” (nazioni non allineate) verrà conquista dall’uno o altro blocco e come: un bipolarismo a confini dinamici che rende sfidante per le imprese internazionalizzate definire quale zona di mercato possa essere sicura
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