Corre veloce la discussione sui destini delle cosiddette società liberali. Diamo per scontato ch’esse siano mai esistite secondo le illusorie silhouette disegnate dal costituzionalismo post-napoleonico e formuliamo la domanda riflettendo su quali siamo le implementazioni dell’offerta politica in corso in Europa in rapporto alle aspettative sollevate durante le campagne elettorali testé placatesi e che dovrebbero costituire i punti di riferimento delle negoziazioni in corso. Esse dovrebbero definire i meccanismi di comando della macchina tecnocratica Ue a partire dal Consiglio europeo che si è riunito ieri. La partita decisiva è quella sulla nomina del presidente della Commissione europea. E qui si inizia a delineare la prima increspatura.
Il centro tedesco non può mantenere la sua promessa. Lo Spitzenkandidat Martin Weber non può in alcun modo raggiungere la maggioranza perché socialisti (in vertiginosa decadenza) e liberali (in forte ascesa con i verdi) sono concordi nel non appoggiare il candidato tedesco bavarese proposto dalla signora Angela Merkel in caduta libera tanto per consensi quanto per prestigio. La crisi tanto della socialdemocrazia europea quanto del centro popolare ha fatto collassare l’offerta politica. Nessuna maggioranza sembra possibile.
E qui casca l’asino, ossia si disvela tutta la crisi del liberalismo-liberista-tecnocratico: mentre per la politica economica vige il pilota automatico dei regolamenti spacciati per trattati europei (tenere sempre a mente la lezione magistrale di Giuseppe Guarino, essenziale per districarsi nella selva oscura del gioco illusorio di specchi della macchina burocratico-eurocratica), per la politica tipicamente liberaldemocratica nessun pilota automatico esiste. E qui ecco la contraddizione: che fare per risolvere l’impasse? I voti si contano e non si pesano… le maggioranze non si formano automaticamente!
La soluzione è allora quella di stravolgere l’offerta disvelandone i contenuti emozionali, febbricitanti e in definitiva demagogici. Spesso a questo tracimar della verità in menzogna si dà il nome di mediazione, compromesso di onorevole composizione. Più di sessanta anni or sono Theodor Geiger, nei suoi indimenticabili studi sulle democrazie febbricitanti degli anni Venti, definiva anti-illuministici questi percorsi di un liberalismo democratico esangue che tradiva tutte le promesse formulate dinanzi alle piazze o nelle pagine dei mass media di quel tempo. Oggi assistiamo allo stesso fenomeno con una rapidità e un’omologazione devastante.
Macron ha sacrificato la sua candidata Loiseau in un fiato senza batter ciglia. La Merkel ha abbandonato Weber in un attimo e i liberali con il nuovo candidato rumeno Dacian Ciolos a capo del loro gruppo europeo si preparano a una lunga battaglia di nervi perché nessuna maggioranza appare possibile. L’Italia in questi contesti brilla per un basso profilo che mira ad abbassare l’attenzione sulla crisi epocale in cui è piombato il suo regime liberaldemocratico da sempre balbettante. Dopo le febbricitanti promesse elettorali, il primo ministro Conte presenta a Bruxelles una mediazione sulla procedura d’infrazione minacciata che tutto è meno che un tener fede alle esaltanti promesse elettorali che hanno infiammato cuori e menti italiche per mesi e mesi.
Il pilota automatico funziona benissimo e funziona perché è egemonico, ossia convince, avvince e tutto trascina con sé. Qui da Parigi, in un temporaneo esilio senza ormeggi di sostegno di nessun potere tecnocratico, si può assistere alla sbadigliante fine del liberaldemocraticismo italico con uno sgomento che dilava ogni angoscia: nessun giornale francese dedica una parola alle reprimende della Commissione europea nei confronti di una Francia che sprofonda in una crisi che mai si è vista così acuta a iniziare da quella dei suoi grandi gruppi industriali, Edf in testa seguita da Renault.
E che dire della crisi delle banche tedesche? La Germania si avvia alla creazione di una bad bank che se fosse stata avviata in Italia avrebbe certo risolto ogni italico problema, ma avrebbe nel contempo scatenato l’opposizione della Commissione. Ebbene, non giungono voci dall’Italia che pongano questi temi all’ordine del giorno e non invece i giochi di specchi per far dimenticare le dichiarazioni elettorali. Anomalia italiana? Può darsi. Occorre discuterne… Occorrerebbe farlo con i decisori politici… Cerchiamoli…