È accaduto raramente che gli uffici di Palazzo Chigi diffondessero il testo “integrale” del discorso tenuto dal presidente del Consiglio in apertura del Consiglio dei ministri. Segno di un momento particolarmente delicato, nel quale non una parola deve essere fuori posto. E a confermarlo anche la scelta della premier di non scendere in conferenza stampa, ma di inviarvi fra gli altri il ministro dell’Economia Giorgetti, l’alleato su cui conta di più per scollinare lo Stelvio autunnale, la “Cima Coppi” della legge di bilancio.
Forma e sostanza: la prima manovra targata Meloni, un anno fa, aveva visto due terzi delle risorse assorbite dalla necessità di attutire l’impatto della mazzata energetica sulle famiglie. Il resto lo aveva lasciato scritto Draghi. Quindi poco spazio alle priorità politiche di campagna elettorale. Questa volta la preoccupazione della premier è lasciare davvero il segno. Nasce da qui il suo appello a fare politica nel decidere cosa tagliare, ministero per ministero: “Se ci sono misure che non condividiamo politicamente, quelle misure non vanno più finanziale, e le risorse recuperate utilizzate per gli interventi che sono nel nostro programma”, ha scandito.
Primo obiettivo dichiarato confermare il taglio del cuneo fiscale. La regia dei tagli chirurgici (e non più lineari come all’epoca di Tremonti) spetterà a Giorgetti. Una specie di argine contro i partiti famelici. Sui giornali sono apparse stime approssimative secondo cui per attuare tutto quello che i leader del centrodestra hanno promesso sotto l’ombrellone servirebbero 40 e più miliardi di euro. In cassa c’è una cifra infinitamente inferiore, e per raggranellare un tesoretto che si avvicini alla metà bisognerà lavorare alacremente di forbici.
Esempio da manuale degli sprechi che non saranno più permessi il superbonus targato 5 Stelle, definito “la più grande truffa ai danni dello Stato” con una stima di 12 miliardi di irregolarità. Peraltro, Meloni è stata chiara, non è che si possa abbandonare del tutto chi nel superbonus ha creduto e ora rischia “di trovarsi per strada”.
Cautela, e priorità politiche, dunque, un modo nemmeno troppo velato di ammonire chi si agita. In primo luogo Forza Italia, che alla disperata ricerca di visibilità dopo la morte di Berlusconi ha lanciato proposte che hanno agitato la politica d’agosto, come le privatizzazioni (anche se Giorgetti non le ha escluse a priori), dimostrando di non aver affatto digerito la tassa sugli extraprofitti delle banche, di cui – al contrario – la Meloni rivendica la piena responsabilità politica. Anche la Lega, che vuole interventi a sostegno di salari e pensioni, è avvertita: vietato esagerare nelle richieste.
La lista delle emergenze è lunga: si pensi solo alle cifre necessarie per calmierare il prezzo dei carburanti. Ma non si tratta solo di soldi (da trovare). Ci sono anche nodi delicati da sciogliere non direttamente quantificabili in termini di bilancio. Si pensi al dossier migranti, su cui Piantedosi e Mantovano hanno spiegato esserci un rallentamento della crescita degli arrivi, pur ammettendo che i numeri sono inammissibili e l’aumento dei primi otto mesi dell’anno è del 103%. E poi riforme istituzionali e premierato, autonomia differenziata, separazione delle carriere dei magistrati. Agenda fittissima, bucce di banana possibili ad ogni angolo.
Come ogni anno la stagione della legge di bilancio si preannuncia bollente, per di più con gli occhi dell’Europa puntati addosso. A pochi mesi dalle elezioni europee sarebbe illusorio attendersi sconti. C’è il Pnrr da rinegoziare per una larga fetta, c’è sullo sfondo la trattativa ormai serrata sulle regole dell’austerità, destinate a tornare in vigore dal primo gennaio 2024, dopo la sospensione pandemica. L’Italia è forse il Paese che ha più da perdere da un ritorno integrale al Patto di stabilità e crescita.
E anche sui migranti l’unica svolta possibile, la condivisione della pressione migratoria, passa dal pieno coinvolgimento di Bruxelles. Certo, molti paesi sono in difficoltà, a cominciare dalla locomotiva tedesca quasi ferma. Ma è inutile farsi troppe illusioni: per l’Italia di Meloni l’autunno sarà un percorso a ostacoli, che la premier dovrà stare bene attenta a schivare.
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