Per un Governo debole come quello di Giuseppe Conte l’epidemia di coronavirus rappresenta la prova del nove. Dal momento che l’esecutivo si trascina senza trovare una ragione sociale dal varo della Legge di bilancio, questa settimana potrebbe essere davvero decisiva, per usare una delle più facili espressioni care ai commentatori politici.



Non c’è dubbio che un’emergenza sanitaria quale non si è mai vista della storia nazionale costituisce un’ottima ragione per mettere fra parentesi ogni tipo di polemica, da quelle interne alla maggioranza, a quelle con l’opposizione. Tanto Renzi, quanto Salvini lo hanno capito, e hanno abbassato i toni, ma restano con i fucili spianati e carichi in attesa di un passo falso di palazzo Chigi.



Conte e il Governo hanno scelto una linea tesa a rassicurare i cittadini, e non poteva essere altrimenti. Ma il rosario dei provvedimenti che si stanno prendendo non ha precedenti: scuole, università, musei e chiese chiusi, isolamento per i comuni dove si sono registrati casi di contagio, annullati eventi sportivi e sociali. Ogni giorno nuovi divieti vanno ad allungare una lista che assomiglia sempre di più a una forma soft di stato d’assedio.

Se i partiti di opposizione sono costretti a condividere le misure per non passare per disfattisti, tutti coloro che militano nelle fila della maggioranza non hanno altra scelta che fare quadrato intorno al Governo. E questo accade proprio nel momento di maggiore difficoltà sin dalla sua nascita, a inizio settembre. Il Premier può per di più contare sull’ombrello protettivo del Quirinale. Si è visto bene sabato, quando, con l’esecutivo riunito per oltre 10 ore alla Protezione civile, è toccato al presidente Mattarella colmare quel silenzio preoccupante con il suo appello alla responsabilità e all’unità. Un appello importante anche perché teso a sottolineare la fiducia nei confronti del Servizio sanitario nazionale e di tutti coloro che si stanno prodigando per arginare il virus.



Conte ha avuto cosi il tempo di mettere a punto le prime misure emergenziali, in stretto contatto con i governatori delle regioni del Nord, tutti di segno politico opposto al suo. Poi, a metà pomeriggio di una strana domenica, è andato in televisione per confessarsi sorpreso dal propagarsi del contagio. Toni preoccupati ben differenti da quelli di inizio febbraio, quando aveva sparso a piene mani parole rassicuranti sull’Italia che aveva fatto tutto il possibile per evitare l’arrivo del virus COVID-19 da noi.

Questo stato di sospensione del conflitto in virtù di una minaccia esterna costituisce per il Governo un tesoretto da non dilapidare. È la prova del fuoco: il Premier deve augurarsi che i provvedimenti adottati funzionino, e che la morsa del contagio si allenti in un tempo ragionevolmente rapido. Se così fosse, la posizione sua personale e quella dell’intero esecutivo ne uscirebbero molto rafforzate. La spada di Damocle della crisi si allontanerebbe dalla sua testa.

C’è anche il versante economico da tenere presente, perché l’apparato produttivo del Nord, locomotiva del Paese, può tollerare forse una settimana di forzato stop, ma poi avrà bisogno di un robusto sostegno pubblico per ripartire. Palazzo Chigi ha annunciato un secondo decreto legge, proprio per aiutare le aziende in difficoltà, ma non potrà essere un pannicello caldo.

In Parlamento il nervosismo è già alle stelle, con l’opposizione che chiede lo stop alla discussione della riforma delle intercettazioni per portare in aula al più presto i decreti sull’emergenza sanitaria, mentre la maggioranza fa muro e vuole andare avanti con il calendario previsto. C’è persino chi, come Lucio Barani, chiede il rinvio del referendum del 29 marzo sul taglio dei parlamentari.

Per Conte e i suoi il tempo a disposizione è davvero poco. Se qualcosa dovesse andare storto, se la risposta al coronavirus non dovesse essere efficace, se l’economia ne uscisse in ginocchio, la debolezza del Governo si ripresenterebbe con ancora maggior forza come problema chiave del paese. E a quel punto si possono immaginare scenari diversi, ma tutti coincidenti su un punto: la fine del Conte bis.

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