I ministri dell’Economia tedesco e francese e il ministro delle Imprese italiano Urso si sono incontrati lunedì per discutere di sviluppo green e digitale per migliorare la competitività e la produttività dell’Europa. I principali punti hanno riguardato i tagli alla burocrazia, l’accelerazione degli investimenti pubblici e privati e l’ulteriore impegno per le “transizioni green e digitali” con una base economica forte e affidabile. Le Maire ha identificato la sfida: “Abbiamo confermato il bisogno di garantire un quadro di competizione giusta per le nostre aziende nei confronti di Cina e Stati Uniti”. I competitor dell’Europa, secondo Le Maire, sono due.
È una buona notizia che le tre maggiori economie dell’area euro si incontrino per discutere di competitività europea perché la questione è urgente. Lunedì Janet Yellen, segretario al Tesoro americano, dichiarava: “Sono particolarmente preoccupata dell’impatto della sovracapcità industriale cinese in alcuni settori come risultato dei sostegni governativi e dell’impatto che questo potrebbe avere sull’economia americana”. Janet Yellen citava come esempio la chiusura di una fabbrica di pannelli solari, non in grado di competere con le produzioni cinesi, nello Stato americano della Georgia. “È importante che questo non accada più. Queste preoccupazioni sono condivise dai nostri alleati e partner che vedono i rischi potenziali per le loro imprese e i loro lavoratori”.
Quello a cui stiamo assistendo è la fine della globalizzazione così come l’abbiamo conosciuta negli ultimi tre decenni; questo processo obbliga l’Europa a reinventarsi in un clima di competizione con Cina e Stati Uniti e dopo la rottura con la Russia che aveva garantito all’Unione europea due decenni di forniture di gas stabili e a basso costo. Gli Stati Uniti sono i principali esportatori di gas al mondo ed esportatori netti di petrolio; il prezzo dell’elettricità è un quinto di quello italiano e la metà di quello spagnolo che è tra i più competitivi nel Vecchio continente. Il sistema-Pese americano si è scoperto nelle ultime settimane molto più realista sulla transizione green. Due settimane fa il Ceo del principale gestore di fondi al mondo, Blackrock, spiegava che occorre passare da un dogmatismo climatico a un pragmatismo climatico. Ieri è toccato all’ad di Jp Morgan, la maggiore banca al mondo, spiegare che la decisione di cancellare i progetti nel gas liquefatto per placare chi pensa che i progetti di gas e petrolio debbano essere stoppati è “non solo sbagliato ma anche enormemente naif”. Gli Stati Uniti si stanno reindustrializzando forti di costi dell’energia estremamente competitivi, robusti incentivi fiscali e un approccio alla transizione pragmatico. Il rapporto americano con la Cina è completamente diverso da quello che ha l’Europa. La Germania è stata per anni, senza avere gas e petrolio, uno dei pochi paesi al mondo con un surplus commerciale con la Cina. L’America si può permettere un approccio molto più intransigente.
L’Europa si lancia nelle “twin transitions”, la transizione green e digitale. Allarghiamo lo sguardo: i pannelli solari cinesi sono non solo i più economici ma anche quelli con le prestazioni migliori. La capacità solare in Italia è cresciuta del 20% nel 2023 ed è salita di un altro 20% a gennaio e febbraio. Parte del calo dei prezzi dell’elettricità è avvenuta, dopo due inverni eccezionalmente miti, anche grazie ai pannelli solari cinesi che gli italiani, dopo la batosta del 2022, hanno messo sui tetti a ritmi mai visti. Sull’auto elettrica, che l’Europa ha sposato, la Cina ha accumulato un vantaggio enorme sia sulle batterie e la loro gestione sia sulle catene di fornitura e sui materiali che le alimentano. La guerra commerciale con la Cina che gli americani sembrano voler fare e voler far fare agli alleati trova l’Europa in una condizione di fragilità energetica e geopolitica.
L’Europa deve competere con l’America senza le sue risorse energetiche e sposando una transizione green cui gli Stati Uniti hanno rinunciato per via dei costi; deve affrontare la Cina sull’elettrificazione che però ha un vantaggio decennale. Si appresta ad accelerare su una transizione costosissima che la vede indietro di anni nei confronti del concorrente cinese esponendosi a rischi di rialzo dei prezzi e ritorsioni di cui si vede l’inizio ma non la fine. Erigere barriere commerciali per l’Europa ha un costo molto più alto dell’America.
Dentro lo schema che l’Unione sembra aver sposato il rischio di perdere l’industria europea è concreto. L’Europa dovrebbe smettere di considerarsi ricca e in condizione di sprecare e fare un bagno di realismo mettendo una croce sopra alle “transizioni gemelle” e, come minimo, abbracciando un approccio pragmatico.
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