Si è parlato molto la scorsa settimana dell’ennesimo calo della produzione industriale italiana. Ma molto indicativi della situazione e delle aspettative delle nostre imprese manifatturiere sono i dati sulle consegne di macchine utensili che sono cruciali per la loro attività. E quelli relativi al 2024 presentati mercoledì scorso da UCIMU-SISTEMI PER PRODURRE, l’associazione dei costruttori italiani di macchine utensili, robot e automazione, come ci spiega il Presidente Riccardo Rosa, «ribadiscono quello che la nostra associazione ripete ormai dall’inizio dell’anno: se i proclami sugli incentivi agli investimenti restano tali e non si concretizzano in vere e proprie agevolazioni a favore delle imprese, non possono non esserci conseguenze. Non a caso le consegne dei costruttori italiani sul mercato interno hanno fatto segnare un -33,5% rispetto al 2023».
Si riferisce alle difficoltà relative al Piano Transizione 5.0, il cui decreto attuativo è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale solo lo scorso agosto?
Le linee guida sono arrivate dopo e da subito abbiamo evidenziato la complessità delle regole, che hanno messo in difficoltà anche i consulenti delle imprese. A novembre il Governo ha annunciato una semplificazione, ma siamo ancora in attesa che vengano approvati gli emendamenti alla Legge di bilancio in materia. Il risultato è che dopo due anni straordinari come il 2022 e il 2023, il 2024 resterà un anno perso per l’industria italiana costruttrice di macchine utensili, che ha saputo comunque riorientare la propria attività verso le aree più dinamiche del mondo, tant’è che l’export è cresciuto del 6,3% rispetto all’anno scorso, raggiungendo il valore record di 4,49 miliardi di euro.
Quale sono le previsioni per il prossimo anno?
Ci aspettiamo un 2025 un po’ più effervescente, con una crescita della produzione del 2,9% rispetto a quella di quest’anno, grazie in particolare a una ripresa pari all’8% della domanda interna, possibile sia con il proseguimento di Industria 4.0 che con l’auspicabile sblocco di Transizione 5.0.
Cosa non sta funzionando in Transizione 5.0? Perché è necessario un suo sblocco?
Il Piano Transizione 5.0 è sicuramente una grande opportunità, anche perché consentirebbe la sostituzione di un macchinario con almeno sette anni di età, che si può considerare obsoleto, ma al momento è troppo complesso a livello di certificazioni richieste e per questo siamo in attesa di una semplificazione che, come detto poc’anzi, dovrebbe arrivare con la Legge di bilancio. Al momento sembra che non ci sarà una proroga dal 31 dicembre 2025 al 30 aprile 2026 del termine per effettuare gli investimenti, ma speriamo sia possibile inserirla in qualche provvedimento legislativo del prossimo anno: sarebbe importante visto il ritardo accumulato finora, ben visibile attraverso un dato.
Quale?
Su una dotazione totale di 6,3 miliardi di euro, finora sono stati prenotati incentivi per circa 200 milioni, neanche il 4%.
Nel 2024 gli Stati Uniti hanno rappresentato il primo mercato di sbocco per le macchine utensili italiane, con una crescita del 17,8%. C’è qualche timore per i dazi che l’Amministrazione Trump potrebbe introdurre nei confronti dei prodotti europei?
Al momento non ci sono stati annunci di dazi specifici nei confronti dei macchinari europei, bisognerà comunque prestare attenzione a quelle che saranno le decisioni effettive della nuova Amministrazione, anche nei riguardi del Messico, altro nostro mercato di sbocco e che è interconnesso con l’economia americana . La cosa che ci fa ben sperare è che la tecnologia italiana, come dimostrato dai numeri di quest’anno, ed europea è molto apprezzata in Nord America, dove non si producono più molte macchine utensili. A proposito di export, quest’anno abbiamo registrato un dato molto interessante.
A quale dato si riferisce?
A quello che vede il valore dell’export di macchine utensili verso l’India in crescita del 100% rispetto al 2023 e pari a 132 milioni di euro, molto vicino ormai ai 138 milioni delle esportazioni dirette in Cina, che sono scese del 15,3% in un anno, segno che il mercato cinese sta utilizzando sempre più la produzione interna e che quello indiano sta ricorrendo sempre più a una tecnologia avanzata come quella italiana.
Ci sono buone prospettive sul mercato indiano?
Sì, siamo presenti da molti anni sia con un desk che con una rete d’impresa (ITC India) partecipata da alcune aziende nostre associate, e la loro attività sta dando buoni risultati a livello di immagine, di marketing, di conoscenza del prodotto, di comunicazione della tecnologia italiana sul mercato indiano.
Per quanto riguarda il mercato europeo, c’è qualche preoccupazione per la situazione dell’automotive?
Sì, anche perché da uno studio che, insieme ad ANFIA, abbiamo richiesto e ottenuto dall’ICE quest’anno risulta che, fra domanda diretta e catena di fornitura, più del 45% del fatturato delle imprese del settore macchine utensili è indirizzato all’industria automotive. La Germania resta poi un importante nostro mercato di sbocco (243 milioni di euro quest’anno, in crescita del 12,3% rispetto al 2023) e sappiamo che i costruttori di auto tedeschi non stanno investendo. Continua a pesare, purtroppo, il piano di transizione all’elettrico con lo stop al motore endotermico dal 2035.
L’Italia è tra i Paesi che chiede di riesaminare già l’anno prossimo questa scadenza. Cosa ne pensa?
Mi auguro che la richiesta venga accolta e, soprattutto, che si possano aumentare le alternative alla sola auto elettrica. Penso non solo agli e-fuels, ma anche ai biocarburanti. A livello di componenti meccaniche, tra vetture tradizionali ed elettriche, infatti, c’è un dimezzamento secco. Rischia, quindi, di amplificarsi quello a cui stiamo assistendo già oggi, con la chiusura di alcune fabbriche di auto e la fuoriuscita di migliaia di lavoratori anche dell’indotto: un grave problema sociale per la gran parte dei Paesi dell’Ue, Italia compresa. Tra l’altro, una volta distrutte queste filiere, sarebbe praticamente impossibile ricostruirle. Occorre, infine, prendere atto che mancano ancora le infrastrutture adeguate alla sola mobilità elettrica e che l’Europa per la produzione delle batterie, a cominciare dalle materie prime, dipende da altri Paesi, Cina in particolare.
Tornando alla Legge di bilancio, nelle ultime settimane c’è stata, pensando in particolare all’introduzione dell’Ires premiale, una piccola svolta in favore delle imprese. Al di là di quanto ha già detto su Transizione 5,0, cosa servirebbe d’altro dal vostro punto di vista?
Sicuramente una politica industriale di medio termine, considerando che Transizione 5.0, se non ci saranno proroghe, durerà di fatto un solo anno. Abbiamo già chiesto anche ai precedenti Governi di introdurre una misura che sarebbe a nostro avviso in questo senso importante: l’ammortamento libero.
Di cosa si tratta?
Se un’azienda, alla fine di un anno proficuo, ritiene di poter rinnovare i propri impianti, dovrebbe poterlo fare decidendo quale percentuale dell’investimento effettuato ammortizzare subito. Questa misura, molto semplice e accessibile anche alle tante Pmi a conduzione familiare del nostro Paese, introdotta con un orizzonte triennale, aiuterebbe sicuramente l’economia e le imprese dal punto di vista della produttività e della competitività. Purtroppo, finora, questa nostra proposta non è stata recepita, ma continueremo a presentarla alle Istituzioni.
(Lorenzo Torrisi)
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