Il Cdm ha approvato mercoledì la Nota di aggiornamento al Def, che lascia una situazione dei conti pubblici favorevole al nuovo Esecutivo che dovrà predisporre in tempi strettissimi la Legge di bilancio. Il deficit/Pil per quest’anno si attesta, infatti, al 5,1% contro il 5,6% previsto ad aprile, mentre nel 2023 sarà pari al 3,4% contro il 3,9% programmato dal Governo Draghi.
Questo nonostante le stime sul Pil dell’anno prossimo siano state riviste, prudenzialmente, dal +2,4% al +0,6%. Nella Nadef si legge, infatti, che si è tenuto conto sia “di possibili effetti negativi sulla fiducia di famiglia e imprese del complesso quadro geopolitico che si prospetta per i prossimi mesi”, sia del fatto che “le misure di calmierazione delle bollette saranno in vigore solo fino al termine del 2022”. “Mi sembra – ci dice Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano – che venga in qualche modo riconosciuto che il rischio di un ulteriore rallentamento dell’economia non è diminuito. C’è quindi una situazione di incertezza che fa sì che basti poco per far passare le previsioni di crescita dal +0,6% a zero”.
C’è allora troppo ottimismo su come andranno le cose?
Più che altro non bisogna dimenticare che se stiamo parlando di una crescita dello 0,6% vuol dire che ci sarà qualcuno che finirà in negativo. Ci saranno sicuramente imprese che riusciranno ad andare avanti, ma altre incontreranno molte difficoltà. Se la crescita fosse del 2-3%, allora il quadro sarebbe completamente diverso. In generale non stiamo parlando di un clima con aspettative di crescita: a essere generosi sono aspettative di estrema cautela. Si dice anche che il tasso di disoccupazione diminuirà, ma allo stesso tempo si riconosce che quello di occupazione quest’anno è cresciuto “anche per via del declino della popolazione in età lavorativa“.
Nella Nadef si legge che la spesa primaria nel 2023 sarà inferiore alle entrate totali, facendo così migliorare il saldo primario. Viene anche spiegato che “la crescita delle entrate tributarie è attesa rallentare nel 2023 e negli anni seguenti, ad eccezione delle entrate da imposte indirette, che accelereranno nel 2023”. Dunque sarà soprattutto grazie a esse che avremo un deficit/Pil inferiore alle previsioni…
Non dobbiamo dimenticare che le imposte indirette sono strutturalmente regressive, riguardano anche i beni di consumo quotidiano essenziali.
Praticamente, se le entrate da imposte indirette aumentano, ciò avviene a scapito dei redditi più bassi?
Sì. Sarebbe anche interessante capire – e purtroppo nel documento non è specificato – se stiamo parlando di valori nominali o reali, perché i primi incorporano l’inflazione. Quindi, se anziché tre mele ne consumo due, perché mi costano di più, le entrate fiscali comunque aumentano.
Quindi, i consumi non aumenterebbero quanto le imposte…
Esattamente. Stiamo dicendo che il tenore di vita materiale probabilmente non aumenta. Non va dimenticato che se c’è una caratteristica di questa fase economica non positiva è che scontiamo una situazione di costi dell’energia saliti alle stelle, che stanno facendo crescere il prezzo di altri beni, mentre i salari non aumentano. Il risultato è che la domanda interna è una curva piatta.
A proposito di prezzi, nella Nadef si legge che “il tasso di inflazione tendenziale dovrebbe cominciare a scendere nel quarto trimestre di quest’anno giacché i livelli dell’indice dei prezzi, segnatamente nella componente energetica, si confronteranno con quelli già molto elevati degli ultimi mesi del 2021. L’inflazione di fondo salirebbe fino al primo trimestre dell’anno prossimo dati i ritardi di aggiustamento dei prezzi degli altri beni e servizi, per poi seguire la tendenza al ribasso dell’indice generale”.
L’importante è che non si confondano le variazioni con i livelli. Quello che intendo dire è che il livello dei prezzi energetici è altissimo e se rispetto a un anno prima questo livello non aumenta, ciò non significa che i prezzi non siano altissimi. L’anno scorso i salari reali sono diminuiti a causa dell’inflazione e oggi rimangono bassi. Spero per poco, nel senso che che dobbiamo augurarci che i prezzi scendano, non che restino invariati.
Il Governo sta lasciando di fatto circa 20 miliardi di euro a disposizione del nuovo Esecutivo. Non sono pochi considerando che nella stessa Nadef si ricorda che nel 2022 sono stati finora stanziati oltre 53 miliardi per interventi destinati a contrastare l’aumento del costo dell’energia?
È così. E se continua la guerra dovremo cominciare a chiamare le cose con il loro nome e parlare di economia di guerra. E nell’economia di guerra, purtroppo, l’inflazione la fa da padrone.
Lei sarebbe favorevole all’introduzione di un tetto al prezzo delle bollette?
Non credo sia un’ipotesi da scartare. Quanto meno, per quel che riguarda le imprese, dovrebbe essere applicato a quelle private, perché altrimenti i lavoratori perderebbero il loro posto: in questo frangente bisogna cercare di salvaguardare l’occupazione e i redditi.
Farebbe anche più deficit per finanziare un intervento di questo tipo?
Credo occorra essere molto cauti su questo, perché c’è il rischio di far aumentare lo spread e, quindi, la spesa per gli interessi sul debito.
Si potrebbe allora pensare di lasciare, nel 2023, il deficit/Pil al livello che era stato previsto per quest’anno, il 5,6%, anziché portarlo al 3,4%, avendo quindi il 2,2% di Pil a disposizione?
Sì, l’importante è non farlo da soli. Se una manovra di questo tipo fosse coordinata con una buona parte dell’Europa allora se ne potrebbe parlare. Se, invece, l’Italia si muovesse da sola, allora rischierebbe di annegare.
(Lorenzo Torrisi)
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