Il 30 gennaio l’Istat diffonderà la stima preliminare sul Pil del quarto trimestre del 2023. Secondo Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison e docente di economia industriale all’Università Cattolica di Milano, non si tratterà di un dato deludente, “anche perché è proseguito il calo dei prezzi energetici e l’avvio dell’inverno è stato piuttosto mite, comportando minori consumi. Ci sono, quindi, elementi che potrebbero far sì che il Pil termini l’anno stupendo tutti ancora una volta”.
Cosa possiamo aspettarci, invece, per il 2024?
Il quadro internazionale in questo momento è piuttosto nebuloso. Ci sono elementi positivi che arrivano dalla fine del 2023, come i primi segnali di ripresa della manifattura cinese, la continua discesa dell’inflazione e la tenuta dell’economia americana, che non basta però da sola a compensare il principale elemento negativo: il calo degli scambi internazionali. L’export mondiale, infatti, secondo le ultime statistiche della Wto, nei primi nove mesi del 2023 è sceso del 5,6% in valore. A questa diminuzione ha contribuito sicuramente la discesa dei prezzi delle materie prime, di cui diversi Paesi sono esportatori, ma anche la frenata della manifattura. C’è da dire, tuttavia, che nello stesso lasso di tempo l’export dell’Italia è cresciuto del 3,7%.
Possiamo, quindi, sperare nell’export per il nuovo anno?
Nonostante questa tenuta, in un contesto internazionale come quello attuale non abbiamo grandi possibilità di far crescere ulteriormente le esportazioni. Considerando anche una forte caduta degli ordini e, con la fine del Superbonus 110%, delle forniture per l’edilizia, tutto lascia presagire che l’inizio del 2024 sarà fiacco per la nostra manifattura. Tuttavia, la fiducia delle imprese, salvo quelle manifatturiere, è salita, come pure i consumi delle famiglie, che hanno recuperato potere d’acquisto grazie anche al calo dell’inflazione. La vera sfida per l’anno appena iniziato sarà riuscire a portare finalmente dentro ai dati macroeconomici gli investimenti del Pnrr.
È questa la carta su cui l’economia italiana deve puntare per quest’anno?
Sì, anche perché devo dire che obiettivamente il lavoro di rinegoziazione con l’Ue che è stato compiuto ha aperto degli spazi di investimento più concreti verso le imprese. Ci può, quindi, essere un mix interessante di investimenti che il Pnrr può spingere in avanti.
Ci spieghi meglio.
Nel 2023, con l’esaurirsi del piano Transizione 4.0, dopo sei anni c’è stata una frenata degli investimenti delle imprese: con i tassi di interesse in aumento e senza un orizzonte chiaro sugli incentivi fiscali hanno tirato i remi in barca. Ora, con un Pnrr che può rimodulare risorse anche a loro favore, potremmo assistere a un rilancio degli investimenti delle imprese unito a quelli in infrastrutture e opere pubbliche da parte dello Stato. Dobbiamo solo aspettare di vedere se l’Italia sarà capace di sfruttare bene questa carta in più che ha da giocare rispetto ai partner europei.
Un buon utilizzo del Pnrr potrà portare il Pil italiano vicino al +1%?
Chi può dirlo. Finora le previsioni sono andate peggiorando per tutti, probabilmente stiamo arrivando a un punto in cui può esserci una svolta e un sapiente uso delle risorse legate al Pnrr potrà farci andare meglio degli altri grandi Paesi europei. Vorrei sottolineare che l’attuale andamento soddisfacente della nostra economia dipende principalmente dalla sua forza intrinseca, non dovuta a una manovra di politica economica. Nel momento in cui i fattori esterni, come l’inflazione e l’aspettative sui tassi, verranno meno, potrà esserci un miglioramento.
A proposito di aspettative sui tassi, quanto potranno incidere le decisioni della Bce sulla nostra economia nel 2024?
Le scelte della Bce sono legate anche all’andamento dell’inflazione, che si sta però riducendo in maniera significativa. Penso, quindi, che la Banca centrale europea dovrà cominciare a mettere da parte ulteriori rialzi dei tassi, se non provvedere più avanti nel corso dell’anno anche a un loro taglio. Questo favorirà la crescita degli investimenti che già potrebbe essere spinta, come detto poc’anzi, dall’afflusso dei fondi legati al Pnrr.
Ci sarà qualche impatto derivante dal nuovo Patto di stabilità e crescita?
Non penso che l’avvio del nuovo Patto comporterà un rapido insieme di comportamenti conseguenti: ci vorranno diversi mesi prima di capire come andranno i conti pubblici e cosa andrà fatto di conseguenza. Non mi aspetto, quindi, grandi sorprese in questi primi mesi dell’anno.
(Lorenzo Torrisi)
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