Covid, rincari delle materie prime, caro energia: per le imprese gli ultimi due anni sono stati una strada impervia, piena di buche e costantemente in salita. A soffrire in modo particolare, con prezzi e volumi di vendita per mesi sulle montagne russe, sono stati i responsabili delle aree Acquisti e Logistica. Ma in questa durissima doppia “palestra” della crisi (pandemia ieri, inflazione oggi) c’è chi ha cercato di adattare la propria struttura in modo intelligente e resiliente. E’ il caso di Cambielli Spa, leader in Italia nel mercato idrotermosanitario per la distribuzione di materiali e servizi con un fatturato consolidato di circa un miliardo e oltre 240 punti vendita, che ha puntato con prontezza e decisione su riorganizzazione e digitalizzazione dei processi. Fino ad arrivare a elaborare un modello per cercare di “governare” prezzi galoppanti e volumi altalenanti, come racconta in questa intervista Paolo Di Giulio, direttore Acquisti e Logistica.
Gli ultimi due anni sono stati molto difficili per le imprese italiane, prima di tutto a causa della pandemia e poi per l’aumento delle materie prime e per il caro energia. Come hanno impattato sul vostro settore?
Partirei dal Covid, il primo dei due fenomeni eccezionali che abbiamo vissuto dal 2020 a oggi. All’inizio, quando la pandemia ci è caduta addosso, il primo effetto immediato è stata la paura, per la sicurezza, nostra e dei colleghi, e per la tenuta economica del settore. Si temeva un lockdown totale.
Un lockdown poi c’è effettivamente stato…
Vero, ma noi operiamo in un settore che ha potuto comunque continuare a operare. Nonostante questo, i volumi sono collassati e c’era la paura che i nostri clienti, l’anello più debole della catena del valore nel nostro comparto, non avendo la possibilità di lavorare o avendo dovuto ridurla di molto, trovassero difficoltà a effettuare i pagamenti, creando così un effetto domino su tutta la supply chain.
Queste paure vi hanno costretto a cambiare la vostra strategia?
Sì. Siamo stati costretti a ripensare l’organizzazione del lavoro per garantire la continuità dei processi e la sicurezza delle persone. Il Covid è stato uno stimolo a sviluppare una digitalizzazione rapidissima dei processi, mettendo, per esempio, le persone nella condizione di non lavorare più su supporti cartacei, di cui facevamo davvero ampio uso, come altri competitor del nostro settore. Un’esigenza, quindi, che abbiamo affrontato e risolto in brevissimo tempo. E con il senno di poi posso confermare che ci ha aiutato a evolvere.
Dopo il lockdown iniziale, come è stata gestita la fase successiva della pandemia?
Dopo il periodo davvero buio del Covid, per noi coinciso con il trimestre marzo-maggio 2020, da giugno i volumi sono tornati in linea con quelli del 2019 e poi da luglio è iniziata in Italia una crescita importante.
Finché si sono manifestati i primi segnali di una domanda eccessiva?
Esatto, una domanda boom che è stata una parte importante dell’aumento dell’inflazione, generata anche dalle difficoltà produttive, dovute sempre al Covid, delle materie prime in giro per il mondo. E da lì è partita la spirale di crescita dei prezzi.
L’inflazione oggi è molto difficile da gestire per un’impresa?
In economia si studia che l’inflazione agisce sui sistemi economici come una droga sul corpo umano. All’inizio gli effetti sono molto positivi. Basti pensare, guardando al nostro settore e alla nostra attività, alla rivalutazione del magazzino: la merce stoccata, comprata a prezzi più bassi, posso venderla in condizioni di prezzo migliori. E questo influisce positivamente sulla marginalità.
Ma quando iniziano a farsi sentire i problemi?
Quando i prezzi diventano così alti che logorano la domanda e quando cominciano ad alzarsi i tassi. Noi fortunatamente abbiamo potuto allungare il periodo di inflazione “felice”, perché a trainare la domanda ci sono stati gli incentivi edilizi e gli sconti in fattura varati dagli ultimi governi, che in sostanza hanno fatto sì che fosse meno acuta la percezione dei consumatori su quanto fossero cari materiali e componenti.
E oggi?
Si iniziano a percepire i prodromi di un cambiamento. Per esempio, nel campo dei prodotti per il risparmio energetico in questi due anni il sell-out è stato trainato soprattutto dai prodotti per il riscaldamento, un mondo che ha vissuto una crescita esponenziale grazie agli incentivi come il Superbonus 110%: dalle caldaie, dove il parco esistente da sostituire era enorme, alle pompe di calore e ai sistemi ibridi, che a loro volta trascinano tutta la componentistica. Nell’ultimo mese e mezzo però le richieste delle caldaie sono in rallentamento. E per il futuro molto dipenderà da come verranno ridisegnati gli incentivi del governo per l’efficientamento energetico.
Sul fronte della catena dell’approvvigionamento e della logistica, quali sfide vi attendono nel 2023?
Una doppia sfida. Innanzitutto, si dovranno stringere ancor di più i rapporti con i fornitori, perché dovremo condividere insieme il loro rischio imprenditoriale.
In che modo?
In un contesto di domanda non normale, ma eccezionale, in cui i volumi di diverse categorie merceologiche non seguono più un trend storico, quindi ipotizzabile dai nostri fornitori e facilmente gestibile con i livelli produttivi, bisogna migliorare la capacità di programmazione, giocando con largo anticipo. Dovendo in pratica programmare acquisti validi per tutto l’anno su centinaia di codici, anziché come in passato ordinare a mano a mano che c’è bisogno, è chiaro che l’errore, sul mix giusto o sulle quantità, è dietro l’angolo. E questi margini d’errore li avranno anche i nostri fornitori, perché potrebbero andare incontro a problemi o ritardi nei loro flussi logistici e di approvvigionamento.
Avete subìto anche voi strozzature o carenze di approvvigionamenti?
Le merci salgono di prezzo proprio perché la capacità produttiva non riesce a tenere il passo della domanda, non ce n’è abbastanza per soddisfare tutto il sell-out. Negli ultimi due anni l’incertezza su tempi, mix e quantità di consegna è stata davvero elevata.
E la seconda sfida del prossimo anno?
Sta crescendo la necessità di avere sempre maggiori spazi in magazzino, perché l’anticipo degli acquisti per tutto l’anno richiede la possibilità di stoccarli fisicamente, il che però genera costi aggiuntivi legati al trasporto, ai carburanti, al ribilanciamento degli stock fra i vari depositi. Sono sfide, oneri, lavoro e costi ulteriori, apparsi progressivamente in questi due anni. Una crescita dimensionale che abbiamo potuto affrontare disponendo delle risorse finanziarie necessarie e adottando una modalità elastica.
In che senso?
I volumi sono in crescita grazie agli incentivi, ma per loro natura i bonus sono destinati prima o poi a finire. Quindi, per poter essere pronti a una anche rapida decrescita, tornando a dimensioni inferiori, abbiamo scelto per la gestione dei nuovi magazzini la strada dell’esternalizzazione, appoggiandoci a professionisti della logistica.
Questa esperienza, accumulata in fretta negli anni di crisi, l’ha spinta a elaborare un modello utile per provare a ragionare sui trend attesi di prezzi e volumi d’acquisto?
In un contesto volatile che offre ben pochi punti di riferimento oggi è difficile pianificare, ci troviamo in un territorio inedito, in cui sarà importante avere una buona capacità di analisi, perché i numeri sono molto altalenanti. Ma per sapere se è il momento o meno di assumersi dei rischi aggiuntivi, un conto è avere numeri complessi da interpretare e un conto è non avere la capacità di interpretarli.
In cosa consiste il suo modello?
E’ estremamente empirico, totalmente basato sui nostri numeri aziendali. Parte dall’analisi dell’inflazione, che in questo caso non è misurata, come avviene per quella nazionale, su un panel di prodotti, bensì su tutti i nostri prodotti. Una misurazione che offre un’affidabilità pressoché totale. Analizzando bimestri o trimestri, cioè periodi abbastanza brevi, ho misurato il trend sia dell’inflazione congiunturale che di quella tendenziale.
Perché questa scelta?
L’inflazione tendenziale ci aiuta a elaborare i nostri budget e quella congiunturale ci aiuta a capire se sono in atto dei trend.
Limiti?
Diciamo che il limite è dato dal fatto che è un modello ombelicocentrico, cioè tarato solo sui nostri numeri e sui nostri dati. Per affinarlo occorrerà integrarlo con informazioni più qualitative, provenienti dall’industria, dai fornitori. Intanto servirà a prevedere cosa potrebbe accadere nel 2023.
In base al suo modello, che tasso di inflazione dovrà affrontare la vostra azienda?
Premesso che il modello è basato su basi storiche e che non è una sfera di cristallo, il bello del mondo degli acquisti e della logistica è che i risultati arrivano sempre molto velocemente. Penso quindi che avremo un primo semestre con un’inflazione tendenziale ancora a doppia cifra e un secondo semestre in cui calerà.
Un’ultima domanda: è un modello che può essere utilizzato anche da altre imprese per cercare di governare la loro sfera di inflazione?
E’ molto semplice e replicabile: basta avere a disposizione tutti i propri dati d’acquisto, un po’ di competenze di economia aziendale e la possibilità di “condirlo” con le analisi qualitative, dialogando con i fornitori e il mondo dell’industria.
(Marco Biscella)
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