Una sorpresa positiva, finalmente. Le trimestrali in arrivo a Piazza Affari in questi giorni stanno raccontando un quadro assai più positivo di quanto già temuto dagli operatori, stressati dalla corsa dello spread e dalle tensioni della campagna elettorale.

A trasmettere il buonumore sono stati innanzitutto i conti di Unicredit, uscita alla grande dalla trappola russa e in forte crescita sul mercato italiano. A seguire le performances di multinazionali del calibro di Prysmian, di Brembo o di Moncler, capaci in settori molto diversi di saper far fronte all’aumento delle materie prime, alla rivoluzione delle catene del valore e, più in generale, al rallentamento delle economie.



Insomma, un quadro roseo che contrasta con i segnali in arrivo dalla congiuntura, segnata dal calo della fiducia di imprenditori e consumatori, che accomuna un po’ tutte le economie del Vecchio continente, a partire dalla Germania. 

C’è da chiedersi, a questo punto, quanto valgano le indicazioni in arrivo dalle società quotate. Rappresentano un segnale rilevante oppure c’è un evidente scollamento tra lo stato di salute delle imprese e quello delle famiglie? 



Una chiave di lettura utile arriva dai conti di Stellantis. Carlos Tavares, il numero uno del gruppo, ha sfruttato con grande abilità una situazione anomala caratterizzata dalla scarsità dell’offerta, condizionata dalla penuria dei semiconduttori e dall’elevata domanda che ha consentito alle case di aumentare i prezzi, spuntando profitti senza precedenti. Dietro questa strategia ci sono alcune convinzioni ben radicate: 1) l’auto, visto l’aumento dei prezzi imposto dalle nuove regole e dalla tecnologia, è sempre meno un prodotto di massa: 2) per ora, i produttori sono in grado di scaricare l’aumento dei prezzi sui compratori finali; 3) il settore, comunque concentrato sulla rivoluzione dell’elettrico e, non meno importante, sulle nuove esigenze della mobilità, deve però attrezzarsi per una stagione difficile, sotto i cieli della recessione. Le vendite del gruppo caleranno del 12%, ma l’azienda sarà in grado di fronteggiare la crisi anche grazie al portafoglio ordini ancora da soddisfare. Ma sarà necessario abbassare brutalmente (il 40%) il punto di pareggio. Senza sperare che in aiuto dell’Europa, stremata dalla crisi energetica, arrivi una boccata d’ossigeno dalla domanda cinese.



Proviamo a tradurre la filosofia del manager in una riflessione “politica” più generale. 1) Stellantis prende atto che la globalizzazione, per ora, è alle spalle. Di qui la rinuncia a investire in uno stabilimento in Cina che, come insegnano le sanzioni contro Mosca, potrebbe un domani rappresentare un costo doloroso. 2) I nuovi modelli saranno concentrati nella fascia premium, al servizio di quei clienti che possono permettersi una spesa sempre più rilevante rispetto ai budget familiari. 

Insomma, anche senza aver letto l’indagine della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane, Tavares ha colto il segnale più rilevante e inquietante: la classe media non ce la fa più. Aumentano i debiti (+30% rispetto al 2026), cala la percentuale di patrimonio detenuta dai ceti medi. Al contrario, sale la ricchezza media delle famiglie più ricche, quel 5% che ha approfittato del rialzo degli assets, immobili e Borse, degli ultimi anni. Migliora anche la situazione dei più poveri, supportata dal Reddito di cittadinanza e da altri sostegni. 

I grandi perdenti sono i ceti medi, quel 60% che negli ultimi anni non ha in pratica registrato aumenti di reddito. Sono i figli di quegli italiani che negli anni Sessanta hanno comprato loro prima “500” e oggi rischiano di dover rinunciare a quello che fu il simbolo dell’emancipazione. A meno di non cercare di tenere il passo con l’indebitamento. Tavares, com’è giusto, si limita a prender atto dell’evoluzione dei mercati. Non è del resto tempo per un nuovo boom di massa delle quattro ruote stile America di Henry Ford, insostenibile sul piano ambientale. 

Ma resta il fatto che sono loro, lavoratori dipendenti, pensionati e buona parte delle partite Iva, a pagare il prezzo della crisi ormai endemica del Bel Paese. E saranno probabilmente loro, incattiviti dalla frustrazione, a determinare i risultati delle elezioni condizionate dalla rabbia che non è mai buona consigliera.

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