Le proiezioni più recenti in materia di crescita del Pil italiano 2023 sono più ottimistiche di quelle di qualche settimana – aumenta la probabilità che l’anno vada oltre l’1% positivo pur in fase di rallentamento economico causa politiche di disinflazione e residuo inflazionistico nel primo semestre -, ma i dati mostrano anche la possibilità di una crescita diseguale che lasci parte dell’economia italiana in crisi. Quanta parte?
Condizioni avverse con differenti impatti toccano circa il 25-30% degli attori economici italiani: fine dei prestiti Covid, restrizione del credito pesante, inflazione non facilmente assorbibile, crisi aziendali rinviate e ora in esplosione, ecc. Almeno la metà di questa platea potrebbe trovarsi in guai gravi. Tale situazione porta chiedersi quanto sarà il fabbisogno di sostegno pubblico alle imprese in difficoltà.
Il Governo – con una posizione di decidere in base ai dati di situazione come calibrare la politica fiscale, cioè detassazione stimolativa e spesa pubblica per compensare gli stress – sta iniziando a fare tale calcolo. Quindi è il momento giusto per segnalare una questione chiave di politica economica: bisogna usare il poco spazio fiscale per aiutare con sovvenzioni chi è in difficoltà oppure rafforzare, per esempio via detassazione degli utili aziendali reinvestiti, le imprese già solide allo scopo di incentivarle ad aumentare gli investimenti assumendo di più e assorbendo unità economiche ormai senza continuità autonoma?
Ovviamente la politica non potrà far altro che rispondere cercando un giusto mix tra le due opzioni perché non può permettersi una crisi troppo acuta di pur una minoranza dell’economia italiana e allo stesso tempo deve stimolare una maggiore competitività delle imprese. Ma in tale mix resta comunque un problema di calibratura. La Bce ha raccomandato ai Governi di predisporre ammortizzatori a favore delle unità più fragili per salvarle dagli effetti avversi dell’aumento del costo del denaro e della stretta creditizia. Tuttavia, le possibili misure di sostegno non sarebbero sufficienti. Lo sarebbero, invece, imprese più stimolate a investire in crescita, acquisizioni e incremento dell’indotto. Cioè il mettere più in movimento il capitale privato sarebbe molto più efficace che ricorrere a spesa pubblica assistenziale diretta e lascerebbe più volume della seconda per interventi di crisi estrema.
Qualcuno potrebbe dire che c’è il Pnrr. Questo è certamente utile, ma il suo effetto sistemico è stato mitizzato. Altri potrebbero indicare un aumento del debito come soluzione. In realtà. tale soluzione sarebbe immotivata perché l’emergenza Covid è al momento finita e quella inflazionistica in riduzione e se adottata creerebbe una destabilizzazione del sistema italiano. Il tema è certamente politico, ma implica grande consapevolezza tecnica: nel mix deve prevalere l’incentivo a investire di più ai tanti privati che possono farlo.
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