Chi l’avrebbe detto che il primo partito a voler destabilizzare il governo Draghi sarebbe stato il Pd. “Un governo che non debba identificarsi con alcuna formula politica”. Sono le parole che Mattarella pronunciò il 2 febbraio scorso, quando l’ultimo tentativo di tenere in piedi il governo Conte 2 si arrese al pallottoliere, al Covid, a Renzi e al Recovery.
Le ripete Stefano Folli, editorialista di Repubblica, per dire che a questo governo concepito come oltre gli schemi non ci sono alternative. “Per Letta l’ideale sarebbe che Salvini facesse un’altra mattana e uscisse dalla coalizione. Ma l’esecutivo Draghi non può essere trasformato in un governetto precario di centrosinistra. Né Draghi né Mattarella ci starebbero”. Ma ancor più interessante è quanto Folli rivela sulla partita del Colle.
La modifica della norma Orlando sul blocco dei licenziamenti appare un altro boccone indigesto per il Pd.
Il Pd ha il problema di rappresentarsi come forza di sinistra: il nuovo assetto politico esclude uno spostamento verso il centro, caratteristico della gestione renziana. Se dunque Letta vuole recuperare consensi, deve parlare ad un elettorato giovane segnato dalla precarietà lavorativa.
Anche l’uscita sulla tassa di successione va vista in questo senso?
Sì. Il fatto è che queste prese di posizione costituiscono un problema per il governo, che deve muoversi su un crinale delicato. Le spinte destabilizzanti non gli fanno bene.
Non le sembra una veste inconsueta per il Pd?
Lo è. Vengono da un partito che dovrebbe essere l’asse portante di un governo europeista come quello di Draghi, non da una forza più irrequieta come la Lega di Salvini.
Errata valutazione o volontà di logorare il governo?
C’è una differenza di fondo tra il modo in cui è nato questo governo, per iniziativa e secondo le indicazioni del presidente della Repubblica, e il modo in cui è percepito dal Pd.
Allude alle parole di Mattarella del 2 febbraio scorso? “Un governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica”.
Proprio quelle. Il Pd invece sta cercando di spostare a sinistra l’asse del governo. Come se nel Pd ci fosse il rifiuto di questa alleanza che va al di là delle vecchie formule e che quindi deve comprendere, inevitabilmente, anche la Lega.
Dunque Letta intende spingere Salvini all’opposizione?
Le sue iniziative dicono questo. Per lui l’ideale sarebbe che Salvini facesse un’altra mattana e uscisse dalla coalizione. In questo modo potrebbe trasformare questo governo “oltre gli schemi” in un governo di centrosinistra.
Magari con il puntello di Forza Italia.
Di Forza Italia, anche se a mio avviso sarebbe tutto da vedere, e di un po’ di parlamentari racimolati in parlamento. Non dimentichiamoci che si tentò fino all’ultimo di puntellare Conte in questo modo e che è stato Mattarella a stoppare questi tentativi. L’idea di trasformare Draghi in un premier di centrosinistra è ben chiara nella testa del Pd. Naturalmente non può essere la posizione di Draghi.
Tutto questo che cosa significa?
Significa che questo governo regge finché è fedele al profilo tracciato da Mattarella, nel quale Draghi si è riconosciuto fin dal primo momento. Massima possibilità di manovra del presidente del Consiglio, massima rappresentatività nei consessi europei. Qualcosa di completamente diverso da un governetto precario di centrosinistra.
Secondo lei Letta ha buone possibilità di riuscire?
Con l’obiettivo di spingere Salvini all’opposizione, ha finito per fare di lui il primo puntello del governo. Più si tenta di portare il governo a sinistra, più il governo si appoggia al centrodestra.
Draghi ha voluto Figliuolo e Curcio, è intervenuto su Cts, servizi segreti, Recovery. A breve toccherà alle nomine. Ha vinto la partita vaccinale. Non dev’essere facile appoggiarlo.
No, senza dubbio. Per i partiti è un trauma. Le reazioni sono diverse, ma tutte improntate a un certo timore. E questo produce fibrillazioni. Tutto comunque viene dai successi del governo, che solo in parte nascono dalle forze che sostengono l’esecutivo e molto dipendono da Draghi e dai suoi collaboratori. Tutto questo fa sì che il governo Draghi, nonostante tutto, sia percepito come una parentesi.
Il nodo giustizia è delicato e complesso. Si va dalla crisi del Csm al no alla “liberalizzazione dei subappalti” (Landini). Giustizia vuol dire anche veto 5 Stelle.
Io credo che sugli appalti e su altre questioni prettamente tecniche la cosa migliore sia rifarsi alle normative europee. I 5 Stelle invece non mi sembrano in condizione di far saltare il tavolo. Tutto possono volere meno che accorciare la legislatura o andare all’opposizione.
Come potrà essere la partita del Colle nel ’22 alla luce della situazione che ha descritto? Un tutti contro tutti? O una prova di unità?
La prima ipotesi sarebbe un suicidio, perché questo sistema tiene l’anima coi denti, è debolissimo. Per capirci, non siamo in condizione di reggere uno scenario come quello che portò nel 1992 all’elezione di Scalfaro.
Che cosa dovrebbero fare i partiti?
Trovare un accordo di larga intesa per eleggere il capo dello Stato ai primissimi turni. Sarebbe indispensabile, in questa situazione. Che possano riuscirci è un altro discorso.
Chi ha le caratteristiche?
Solo due persone. Mattarella, per un mandato bis, e Draghi. Quest’ultimo non perché lo dicano tutti, ma perché ha i requisiti e guida un governo di unità nazionale. Detto questo, bisogna considerare l’altro lato della medaglia.
Il governo?
Draghi al Quirinale significa due cose: abbandonare il governo nel pieno del suo mandato complesso e difficile, ed elezioni anticipate, perché è evidente che l’attuale assetto politico si romperebbe. È questo che vuole il centrosinistra?
Lei cosa risponde?
È prematuro dirlo, vediamo tra qualche mese. Però non mi sembra che Pd e M5s non abbiano tutta questa voglia di voto anticipato come Salvini o Meloni.
Vede personalità politiche emergenti, oltre a Draghi?
No. Ci sono solo questi due signori, Mattarella e Draghi, che danno un’impronta di stabilità al governo e alla politica italiana.
Che rapporto c’è tra i due?
Sono una sorta di tandem. Lo stesso Draghi vorrebbe che Mattarella restasse al Quirinale, perché pensa che solo con Mattarella al Colle questo governo abbia una prospettiva.
E Mattarella?
Ritiene Draghi l’unico vero premier che in questo momento il Quirinale è disposto a sostenere.
(Federico Ferraù)
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