“La crescita italiana è rimasta pressoché nulla negli ultimi mesi del 2023 frenata dalla restrizione monetaria, dai prezzi energetici ancora elevati e dalla debolezza della domanda estera”, scrive l’ultimo bollettino della Banca d’Italia. Parlando all’Abi il Governatore Fabio Panetta ha detto che l’inflazione è sotto controllo; non solo, sta scendendo anche più rapidamente del previsto: l’aumento dei prezzi si ridurrà all’1,9% quest’anno rispetto al 5,9% del 2023, l’inflazione di fondo (cioè senza energia e alimentari freschi) scenderà al 2,2% e sotto quota due l’anno successivo, quindi l’obiettivo della Bce verrà centrato e forse ancor prima delle attese. Facendo uno più uno la conclusione è che bisogna allentare la stretta monetaria. Come e quando?
Parlando al forum di Davos, Christine Lagarde ha detto che “la normalizzazione è in corso, ma non siamo alla normalità”. Un elegante gioco retorico per dire che non è ancora tempo per ridurre i tassi d’interesse, certo non c’è da attenderselo nella riunione del Consiglio giovedì prossimo, e nemmeno a breve, bisognerà aspettare l’estate, se tutto va bene e tutto non sta andando bene perché la crisi del Mar Rosso sta già facendo aumentare i prezzi petroliferi, i noli marittimi, i premi delle assicurazioni, costi che saranno scaricati sui prezzi finali dei beni, oltre a generare ritardi nelle consegne delle merci.
Secondo le stime della Banca d’Italia, il trasporto navale attraverso il Mar Rosso riguarda quasi il 16% delle importazioni italiane di beni in valore. Su questa rotta transita una larga parte degli acquisti di prodotti dalla Cina (secondo mercato di approvvigionamento del nostro Paese dopo la Germania), dalle altre economie dell’Asia orientale e dai Paesi del Golfo Persico esportatori di materie prime energetiche. Un terzo delle importazioni italiane nella filiera della moda arriva attraverso il Mar Rosso; l’incidenza è elevata anche per le importazioni di petrolio greggio e raffinato e per quelle di prodotti metalmeccanici, che costituiscono quasi il 30% degli acquisti dall’estero del Paese. La rilevanza di tale rotta per le esportazioni è invece sensibilmente più bassa: vi transita circa il 7% delle merci in uscita dall’Italia.
Non c’è da fare i catastrofisti o i profeti di sventura, anche perché “non ci sono sventure in vista”, ha detto Panetta. Tuttavia, l’inflazione è sotto controllo a costo di una forte frenata del prodotto lordo. La Germania è in recessione, quindi anche la locomotiva d’Europa s’è fermata. La prudenza è una virtù, a patto che non si trasformi in ignavia. La Bce non vuole muoversi per prima, il rischio è che si muova per ultima, come ha già fatto quando doveva alzare i tassi per contrastare l’inflazione. Adesso deve ridurli per evitare il rischio recessione. Attendere la Federal Reserve potrebbe dimostrarsi sbagliato perché la congiuntura americana è del tutto diversa, con una crescita che sfiora ancora il 3% rispetto alla stagnazione della zona euro.
È uno scenario molto pericoloso per l’Italia e i suoi conti pubblici. Il Pil aumenterà, se tutto va bene, soltanto dello 0,6% quest’anno, esattamente la metà di quanto previsto dal Governo. Ciò vuol dire che centrare l’obiettivo di un deficit del 4,3% è ormai irrealistico, lo stesso vale per il debito pubblico che dovrebbe scendere, sia pur di poco, al 140,1%. Dunque, bisognerà varare una manovra correttiva nel tentativo di evitare una procedura d’infrazione da parte dell’Unione europea. Il vicepresidente Valdis Dombrovskis ha già chiesto a Roma di “intraprendere delle azioni e di rimettersi in linea con le nostre raccomandazioni”. Il Governo sperava di superare le elezioni europee di giugno, prima di tirare la cinghia, ma a questo punto non sarà più possibile. A metà del prossimo mese Bruxelles aggiornerà le sue previsioni, poi ad aprile il nuovo Documento di economia e finanza dovrà rifare i conti. A quel punto potrà essere necessario varare una stretta fiscale.
Il ministro dell’Economia ha messo in cantiere la vendita sul mercato di pacchetti azionari delle società a partecipazione statale a cominciare dalle Poste per finire all’Eni. Potranno entrare un po’ di miliardi, una boccata d’ossigeno non sufficiente a riequilibrare il bilancio, anche perché nel frattempo incombono spese non evitabili come una ricapitalizzazione dell’Ilva se non si vuole arrivare alla sua chiusura. Maggiori introiti potrebbero arrivare dalla vendita totale del Monte dei Paschi di Siena, ma per ora non si è affacciato nessun compratore, mentre il piatto del Tesoro piange, i problemi di cassa emersi lo scorso anno sono stati tamponati dall’arrivo delle quote del Pnrr, ma non sono certo risolti. Sarà davvero difficile, dunque, evitare tagli e aumenti delle entrate nei prossimi mesi, rischiando di spingere il Pil lungo la china con una politica fiscale restrittiva mentre resta tirata anche la politica monetaria.
Ecco perché l’Italia ha uno spasmodico interesse alla riduzione dei tassi d’interessi e a questo punto prima è meglio è, perché consente di alleggerire subito il costo del debito pubblico. Ricordate i Promessi Sposi? Il gran cancelliere spagnolo Ferrer circondato dalla folta in tumulto invita il suo cocchiere a muoversi con circospezione: “Adelante, Pedro, con juicio”. Prudenza, dunque, ma comunque avanti.
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