Con l’aggiornamento al World Economic Outlook, il Fondo monetario internazionale sembra aver confermato uno scenario già anticipato dalla Commissione europea a metà luglio: l’Italia, a differenza degli altri Paesi, quest’anno crescerà più del previsto (+3% secondo Washington, +2,9% per Bruxelles), ma le stime sul 2023 subiscono un pesante ridimensionamento (+0,9% per la Commissione europea, +0,7% per il Fmi). Come sottolinea Mario Baldassarri, ex viceministro all’Economia e presidente del Centro Studi EconomiaReale, “considerando che il 2021 si è chiuso con una crescita acquisita del 2,3% per il 2022, queste previsioni confermano che non c’è stata una dinamica brillante della nostra economia quest’anno e il Pil nell’ultimo trimestre, dopo il boom del turismo estivo, potrebbe vedere una brusca frenata. Il problema vero, poi, è che nel 2023 si prevede una crescita inferiore all’1%”.
L’ultimo trimestre dell’anno potrebbe risentire del clima politico?
Io ribalterei la questione, nel senso che dovrebbe essere il clima economico e sociale a condizionare la responsabilità politica, perché dopo il boom turistico estivo, che durerà fino al 10-15 settembre, ci troveremo con famiglie e imprese in difficoltà.
Da che punto di vista?
Le famiglie devono fare i conti con un forte taglio del potere d’acquisto. Il monte salari netto per i lavoratori dipendenti nel nostro Paese ammonta a circa 350 miliardi di euro. Considerando un’inflazione dell’8%, la riduzione del potere d’acquisto è pari a circa 30 miliardi. In queste condizioni, le imprese che riescono a far fronte a rincari energetici non sono certo in grado di effettuare investimenti.
Tra l’altro inizierà poi un inverno che dal punto di vista delle bollette sarà ancora più costoso del precedente…
In realtà, il vero problema è che potrebbero esserci vincoli quantitativi sull’energia disponibile.
Vuol dire allora che anche con il piano europeo di emergenza appena approvato non possiamo essere tranquilli come ha detto il ministro Cingolani?
È un auspicio, speriamo che sia così, ma non se ne può essere sicuri.
Dipenderà anche da quanto sarà mite o rigido l’inverno.
Senz’altro, ma il vero problema è relativo alla quantità di gas che arriverà o meno dalla Russia. Abbiamo visto in questi giorni che è bastato l’annuncio di una riduzione dei flussi nel gasdotto Nord Stream 1 per aver un’impennata dei prezzi.
Torniamo alla situazione che il nuovo Governo si troverà di fronte.
Chiunque vinca le elezioni del 25 settembre si troverà di fronte alla situazione economica e sociale che abbiamo appena delineato. Dovrà predisporre la Legge di bilancio e possibilmente approvarla entro il 31 dicembre. Ed entro tale data dovrà anche aver approvato i decreti delegati relativi alle riforme strutturali collegate al Pnrr per non perdere le risorse a esso collegate.
È praticamente impossibile.
Dipende da come l’eventuale prossima maggioranza di governo affronterà questi temi: se con determinazione o meno, se con credibilità o meno.
Non c’è possibilità che possa essere l’attuale Governo a predisporre la Legge di bilancio?
No, l’ordinaria amministrazione non contempla un Legge di bilancio per l’anno successivo. L’attuale Governo approverà la Nadef, entro il 27 settembre, ma solamente con i dati tendenziali, senza quadro programmatico.
Le elezioni si tengono il 25 settembre. Dopo dovranno riunirsi le Camere, si dovranno eleggere i rispettivi Presidenti e potranno, quindi, iniziare le consultazioni. Il nuovo Governo potrebbe formarsi molto tempo dopo: nel 2018 ci sono voluti quasi tre mesi dalla chiusura delle urne. Sembra inevitabile che scatti l’esercizio provvisorio.
Io non dico che sia inevitabile, ma certamente c’è il rischio che scatti.
A quel punto cosa si può fare: aspettare una Legge di bilancio che arriva magari a febbraio?
Non voglio neanche discutere di questa ipotesi, perché capisce bene che stare a “bagnomaria” fino a febbraio con l’andamento attuale dei mercati, l’aumento dei tassi, la Bce che non compra più titoli di stato come nella prima parte di quest’anno vuol dire rischiare di ritrovarsi in poco tempo in una situazione davvero seria e drammatica.
Dobbiamo allora sperare in una nuova maggioranza di unità nazionale?
Questo dipenderà dai risultati elettorali. Il vero problema è che in questo momento i partiti stanno discutendo delle leadership e delle alleanze, mentre dovrebbero occuparsi sin da ora della politica economica da attuare subito dopo il voto. C’è un ospite silenzioso nel dibattito politico: la situazione economica-sociale del Paese.
Se, come ha detto prima, la spinta del turismo durerà fino a quasi metà settembre, non sembra poter esserci tempo perché vi sia una spinta a discutere di ricette economiche prima delle elezioni.
È assolutamente vero che c’è poco tempo. E infatti sto dicendo che in questi 50 e poco più giorni che mancano al voto i partiti dovrebbero dire qual è la politica economica che intendono attuare dal 26 settembre. Invece, stanno discutendo delle leadership, delle alleanze, delle liste elettorali, dei collegi uninominali.
Se facessero quanto lei auspica, i partiti dovrebbero però dire anche qual è la vera situazione economica del Paese.
Questo credo che lo dirà comunque il Governo Draghi nella Nadef, ma non è difficile immaginare quali numeri conterrà.
Ma la Nadef arriverà anch’essa a settembre inoltrato…
Sì, ma non occorre attendere la Nadef per vedere messe nero su bianco le prospettive che sono già chiare oggi e che erano chiare anche a giugno.
Sono veramente così chiare per i cittadini?
Per chi ha responsabilità politica dovrebbero esserlo. Il problema è che il Def di aprile era palesemente ottimistico. Quindi, i numeri in esso contenuti vanno tutti corretti.
Secondo lei, qual è la politica economica che andrebbe attuata dopo il 25 settembre?
Occorre fare quanto chiesto dal Governatore della Banca d’Italia già nel maggio del 2021. Non si può fare ulteriore deficit, quindi occorre procedere con spostamenti di risorse nel bilancio pubblico, attuando quella che Visco ha definito la madre di tutte le riforme, vale a dire “la ristrutturazione di tutte le poste del bilancio pubblico dal lato delle spese e dal lato delle entrate”.
Se un Governo presieduto da una personalità autorevole come Draghi non è riuscito a realizzare questa riforma non si può essere molto ottimisti sul fatto che possa riuscirvi un altro esecutivo.
Il problema di Draghi era quello di avere una maggioranza composita che di fatto ha impedito lo spostamento delle risorse all’interno del bilancio a parità di deficit. Il Premier ha messo il vincolo sul deficit, ma le forze contrapposte della maggioranza hanno bloccato l’implicito e conseguente spostamento delle risorse all’interno del bilancio.
La priorità poi sarebbe, come ci ha detto in una precedente intervista, tagliare il cuneo fiscale?
Assolutamente, ma il tema vero è dove prendere le risorse per farlo.
Si tratta di agire sul bilancio pubblico come ha detto poc’anzi. Ma questo significa andare a toccare interessi importanti.
Si andrebbero a toccare intrecci di interessi trasversali orizzontali che da oltre 20 anni bloccano la politica economica veramente necessaria al Paese.
Riguardo invece le riforme che vanno portate a casa per il Pnrr si può essere ottimisti?
Occorre approvare non solo la legge delega, ma anche i decreti delegati. Se a dicembre si arriverà ad aver approvato almeno i due terzi di quelli necessari, allora è ragionevole chiedere una piccola proroga per completare il rimanente terzo all’inizio del 2023, riuscendo quindi a ottenere il via libera per la nuova tranche di risorse. Se, però, si fanno solo minimi passi in avanti da qui a fine anno, sarà difficile dimostrare che abbiamo rispettato gli impegni per ottenere i fondi legati al Pnrr.
Quindi, i partiti devono muoversi adesso sia per quel che concerne i lavori parlamentari sulle riforme legate al Pnrr che nella messa a punto del programma elettorale nella parte economica.
Esattamente. Il dibattito della campagna elettorale dovrebbe essere sui contenuti e non sul contenitore. Io resto ottimista, perché questo è un Paese che quando arriva sull’orlo del baratro riesce sempre a trovare la forza per tirarsi fuori d’impiccio. Speriamo vada così anche questa volta.
(Lorenzo Torrisi)
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