Sembra ormai certo che la Banca centrale europea taglierà i tassi di interesse in occasione della riunione del Consiglio direttivo di giovedì prossimo. Non è ben chiaro, però, se a luglio o a settembre ci sarà un’ulteriore riduzione. Molto dipenderà dai dati e mercoledì dalla Germania, principale economia dell’Eurozona, è giunto quello sull’inflazione di maggio, che è tornata a salire al +2,4% dopo il +2,2% di aprile. Come evidenzia Domenico Lombardi, economista, direttore del Policy Observatory della Luiss ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale, «il dato tedesco conferma la difficoltà che si registra anche nell’Eurozona nel portare stabilmente l’inflazione sul target del 2%. Dopo giugno, dobbiamo aspettarci una velocità di riduzione dei tassi molto prudente. Questo anche in virtù di quel che sta accadendo Oltreoceano».
Com’è, da questo punto di vista, la situazione negli Stati Uniti?
C’è una situazione che presenta le sue specificità e dove è più evidente la difficoltà a stabilizzare l’inflazione nell’ultimo miglio. Nel semestre ottobre 2023-marzo 2024, l’indice generale dei prezzi è aumentato del 3%, contro il +1,9% del semestre precedente. Pertanto, nonostante un’inflazione core che ad aprile ha raggiunto il livello più basso degli ultimi tre anni, pari al +3,6%, la Fed ha dovuto assumere una posizione attendista e ritardare l’avvio del ciclo di riduzione dei tassi. In ogni caso, anche negli Stati Uniti si prospetta una velocità di riduzione dei tassi molto più lenta rispetto a quella registrata nella fase del loro aumento.
In ogni caso, tenendo presente che l’inflazione italiana è inferiore all’1%, dopo giugno c’è il rischio che nel nostro Paese i tassi reali siano superiori al 3%…
In Italia c’è stata una dinamica inflazionistica, completamente diversa da quella della Germania, che ha portato l’indice generale dei prezzi ben al di sotto del target di medio periodo, in una situazione in cui l’elevato costo di finanziamento ha ripercussioni considerevoli sulla gestione del debito e del bilancio pubblico. La crescita dell’economia finora ha in parte alleviato queste difficoltà, ma non dobbiamo mai darla per scontata. A oggi la crescita rimane nel complesso soddisfacente, tuttavia se la Bce non dovesse ridurre in misura apprezzabile l’inasprimento monetario, rischieremmo un deterioramento significativo delle prospettive congiunturali.
Dunque ci vorrebbe almeno un altro taglio dei tassi nel corso dell’anno.
È difficile dire con precisione quanti saranno i tagli dei tassi nel corso dell’anno. Negli Stati Uniti il dato di aprile sull’inflazione è stato favorevole, ora bisognerà attendere almeno i prossimi due per capire se la stabilizzazione è tale da indurre la Fed ad avviare il ciclo di riduzione dei tassi già a settembre. Cosa che potrebbe rendere più semplice un altro allentamento da parte della Bce.
Quindi, per la Bce resta importante il riferimento della Fed.
Sì, sia per ragioni strettamente economiche, sia perché di fatto le scelte della Fed esercitano un condizionamento culturale sulle view dei membri del Consiglio direttivo della Bce.
Di fatto, la possibilità di un secondo taglio dei tassi da parte della Bce si intreccerà, non solo a livello temporale, con la messa a punto della Legge di bilancio in Italia: se non ci sarà un allentamento, gli spazi per la manovra saranno ancora più stretti.
A oggi lo scenario più probabile prevede almeno due tagli entro la fine dell’anno e l’effetto sulle aspettative di mercato circa l’evoluzione dei tassi. Il che dovrebbe fungere da ulteriore elemento di compressione dei tassi di mercato, facilitando il rifinanziamento del debito pubblico. Qualora questo scenario non dovesse concretizzarsi, ci sarebbe un ulteriore elemento di stress sul bilancio pubblico data l’elevata mole di debito da rifinanziare ogni anno.
Come già aveva evidenziato il ministro dell’Economia Giorgetti, il costo degli interessi sul debito rischia di sottrarre risorse ad altri interventi nella manovra.
Esattamente. Da questo punto di vista resta poi importante, soprattutto per i parametri di finanza pubblica, l’andamento del Pil. L’Italia, a seguito sia dello shock pandemico che di quello energetico, ha mostrato una resilienza particolarmente significativa, ma questa performance di crescita favorevole, come ho detto prima, non può essere data per scontata, soprattutto in un regime di alti tassi di interesse. Questo vuol dire che se la Bce dovesse mantenere una stance iper restrittiva, la performance sinora osservata non potrà essere data per scontata nei prossimi tempi.
(Lorenzo Torrisi)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.