Chi scrive pubblicò il 20 gennaio 2000 un articolo sul Quotidiano Nazionale che annunciava e spingeva in Italia l’avvento dell’età dell’idrogeno in sostituzione di quella del petrolio, con particolare riferimento alla mobilità, a quei tempi: nel 1999 alcune grandi case automobilistiche nel mondo investirono cifre notevoli sulla tecnologia delle “cellule a combustibile” alimentate da idrogeno che a loro volta facevano girare un motore elettrico, con l’ossigeno come gas di scarico. Ricevette critiche di irrealismo da parte di molti addetti ai lavori.



Soprattutto, lo scenario non si realizzò – per problemi comparativi di efficienza competitiva con i combustibili fossili, ma più per lobbying conservativo che li enfatizzava oltre modo – e poca disponibilità di idrogeno distribuibile a parte alcuni esperimenti (rilevante in Italia quello a Bolzano). Ma la consapevolezza che prima o poi l’idrogeno sarebbe stato utile e competitivo fece avviare programmi di ricerca (precompetitiva) nell’Ue, e altrove, per la produzione di idrogeno verde, cioè da fonti rinnovabili (solare, biogas da scarti organici poi convertito in idrogeno, ecc.), nonché l’inserimento di idrogeno nella distribuzione di metano per ridurne l’impronta carbonica e la quantità importata, come sperimentata da Snam.



Oggi, a quasi 23 anni di distanza, chi scrive, sciogliendo un vecchio nodo nel fazzoletto, ha più basi realistiche e motivi concreti di utilità per ri-annunciare l’avvento dell’età dell’idrogeno, versione “verde”, e per spingere a una realizzazione più rapida e diffusa di questa tecnologia pulita.

Il punto: come produrre idrogeno verde. Elettrolisi alimentata da corrente elettrica generata da impianti solari e idro, ma chi scrive trova più interessanti la produzione da biogas perché se ci sono nuvole il solare funziona poco e se c’è siccità l’idro è limitato. Da biogas come? Da biodigestori anaerobici dove fermenta materia organica, sia essa rifiuto urbano organico o agricolo. Il biogas prodotto nei digestori può essere convertito in metano, ma anche in idrogeno: il biogas, prima della metanizzazione, viene fatto passare attraverso membrane (al platino) che filtrano l’idrogeno. Un’azienda italiana in provincia di Verona, in collaborazione con altre europee, ha aumentato dal 40% a quasi il 70% l’efficienza del processo, così smontando le critiche alla produttività di questa soluzione. Inoltre, un gruppo di ricerca italiano ha brevettato l’inserimento nei digestori di batteri che eliminano quelli che hanno un effetto limitante della fermentazione nel digestore, aumentando di molto la produzione di biogas (test metrici in corso).



Le aziende agricole da tempo hanno costruito digestori per l’uso degli scarti a fini energetici e l’Italia ne è piena. Soprattutto, il rifiuto urbano e agricolo organico è riclassificabile come fonte energetica. Le imprese agricole, poi, possono anche trasformare l’idrogeno in ammoniaca per fertilizzanti. Inoltre, mentre è difficile conservare l’energia elettrica prodotta in eccesso, se la si usa per fare idrogeno questo può essere immagazzinato per future conversioni in elettricità stessa.

In sintesi, c’è la base per diffondere a massa impianti a idrogeno da biogas che poi possano alimentare distributori di idrogeno verde anche per autotrazione: Toyota, recentemente anche Stellantis e altri hanno dichiarato limiti di costo, efficienza e peso per i sistemi mobili a batteria e hanno (ri)aperto gli investimenti sulla trazione a idrogeno, già applicata da Alstom nei treni che sostituiscono la trazione diesel con quella elettrica.

Ciò non vuol dire abbandonare l’auto a batteria, che per i piccoli mezzi potrà essere efficiente, né tantomeno abbandonare i motori termici alimentabili con combustibili sintetici. Vuol dire, invece, passare a un modello di mix energetico molto più ampio di quello attuale, e meno limitativo di quello imposto dall’Ue, dove aumentare moltissimo la produzione di idrogeno verde. Poiché la tecnologia italiana è d’avanguardia in questo settore, che sta esplodendo nel mondo, l’augurio per il 2023 è che Governo e categorie produttive si mettano in posizione di massimo investimento e facilitazioni.

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