La Commissione europea ha presentato ieri il pacchetto di primavera del semestre europeo. Oltre ad aver sancito la proroga per un altro anno (fino alla fine del 2023) della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita, Bruxelles ha elencato tre raccomandazioni specifiche per l’Italia: 1) assicurare una politica di bilancio prudente, mirata al sostegno di famiglie e imprese più vulnerabili agli aumenti dei prezzi energetici, e varare la riforma fiscale, comprensiva della revisione del catasto; 2) implementare il Pnrr e aumentare gli investimenti per le transizioni green e digitale; 3) ridurre la dipendenza da combustibili fossili e diversificare il mix energetico.



Come ricorda Domenico Lombardieconomista ed ex consigliere del Fondo monetario internazionale, “il non rispetto di queste raccomandazioni, vigendo la sospensione delle regole del Patto di stabilità e crescita, non comporta l’apertura di una procedura d’infrazione. Sono, tuttavia, ugualmente importanti perché segnalano l’evoluzione del pensiero della Commissione che, non va dimenticato, è poi chiamata a monitorare l’attuazione del Pnrr per autorizzare l’esborso delle risorse del Next Generation Eu”. 



In questo senso cosa emerge dalle raccomandazioni?

Emerge una forte preoccupazione: la Commissione registra un lento progresso nell’approvazione delle riforme che erano state concordate nel Pnrr. Naturalmente questo rappresenta un segnale d’allarme. Peraltro non è un segreto che lo stesso presidente del Consiglio ne sia consapevole, visto che ha convocato un Cdm d’urgenza nel quale ha fatto presente le scadenze pressanti per il Governo. C’è anche un altro punto rilevante del documento di Bruxelles che tuttavia credo rischi di passare inosservato.

Di che cosa si tratta?



Al paragrafo 22, la Commissione segnala che “il coinvolgimento sistematico delle parti sociali e di altri importanti stakeholders rimane importante per l’efficace attuazione del Pnrr, nonché di altre politiche economiche e occupazionali che vanno oltre il Piano, per assicurare un’ampia titolarità dell’intera agenda politica”. Di fatto viene rilevato un punto debole della strategia di ingaggio di alcuni ministri del Governo: per fare un esempio concreto, la riforma del catasto rappresenta un caso in cui il coinvolgimento degli stakeholders è stato solo sulla carta; all’atto pratico si è vista una scarsa capacità di ascolto. 

In che senso?

Il Governo ha presentato il progetto di riforma, ma era diventato palese che questo preannunciasse futuri incrementi di patrimoniale. Peraltro in una situazione in cui ci sono casi riportati anche dai media di morosità assai protratte nel tempo, che talvolta nulla hanno a che fare con la pandemia, e che mettono in difficoltà molti piccoli proprietari. Correvano, inoltre, voci che la riforma fiscale potesse comprendere un aumento della cedolare secca. Non c’è stato, quindi, un approccio bilanciato e, soprattutto, sufficientemente condiviso nella messa a punto della riforma del catasto. E senza una condivisione ampia non si va molto lontani: lo nota anche il documento della Commissione.

Proprio la riforma del catasto è uno degli interventi al centro delle raccomandazioni. Perché è così importante per Bruxelles?

Me lo chiedo anch’io. Sembra che si stia costruendo una sorta di abito mentale: fino a qualche anno fa si pensava che i problemi strutturali dell’economia italiana fossero legati alla mancata liberalizzazione delle licenze dei taxi, oggi il problema sembra stare nella revisione del catasto. E questa insistenza della Commissione sembra avvalorare il timore che la riforma possa rappresentare il preludio a un aumento della patrimoniale sugli immobili. Si teme, di fatto, che l’incremento del deficit e del debito degli ultimi anni possa essere in prospettiva compensato da una patrimoniale sulla ricchezza immobiliare. Non dobbiamo dimenticare che negli ultimi decenni l’imposizione sui patrimoni immobiliari si è già enormemente accresciuta. 

Questi timori non fanno altro che aumentare le frizioni all’interno della maggioranza sul varo complessivo della riforma fiscale.

Sì, la riforma del catasto sembra essere diventare una specie di linea rossa su cui si consumano gli attriti di questa maggioranza che poco condivide sul futuro dell’Italia. 

Cosa dicono le raccomandazioni, invece, riguardo i conti pubblici del nostro Paese?

Al di là della preoccupazione sulla situazione politica espressa in un linguaggio felpato che è tipico della burocrazia di Bruxelles, c’è n’è anche una relativa all’evoluzione della spesa pubblica e al suo incremento permanente. In questo senso si cita, per esempio, anche l’aumento delle retribuzioni dei dipendenti pubblici, ma si nota un’assenza piuttosto sorprendente.

A che cosa si riferisce?

Si parla di aumento della spesa pubblica, si ricorda l’importanza di incrementare la produttività e il tasso di partecipazione della forza lavoro, ma non viene menzionato il Reddito di cittadinanza. In un documento che entra abbastanza nel dettaglio di una serie di misure, esprimendo valutazioni, questa assenza non può non sollevare un punto interrogativo.

Bruxelles raccomanda di implementare il Pnrr. L’Italia lo può fare nel momento in cui le viene anche detto di fare attenzione ai suoi conti pubblici?

Secondo alcune simulazioni, il pieno utilizzo delle risorse del Ngeu sarebbe incompatibile con gli obiettivi fiscali di deficit contenuti nel Patto di stabilità e crescita. Per gestire un Pnrr di grandi dimensioni come quello dell’Italia occorrerebbe avere una flessibilità fiscale nel breve periodo rispetto agli obiettivi di lungo termine che vengono condivisi. Di fatto, per poter beneficiare appieno dell’impatto propulsivo dei fondi legati al Pnrr occorre disporre di deficit fiscali in linea con il pieno assorbimento di tali risorse. 

Queste raccomandazioni rappresentano un assist per Draghi, visto che viene ribadita l’importanza di varare le riforme contenute nel Pnrr?

A una lettura superficiale si potrebbe concludere che è così. Tuttavia, come abbiamo detto, nel documento viene ricordata l’importanza del dialogo e della condivisione con gli stakeholders, quindi in ciò vi si può vedere una sorta di rimbrotto verso un Governo che a volte ha lasciato poca disponibilità per la discussione con quanti non erano d’accordo. Dunque, occorrerebbe molta cautela, da parte dell’esecutivo, se si volessero utilizzare queste raccomandazioni per rafforzare la propria posizione.

Serve costruire un grande consenso intorno alle riforme: è questo il punto?

Le riforme le vogliono anche gli italiani: il diritto di poter lavorare di più è meglio è qualcosa che tutti i cittadini vogliono, come pure consentire che le donne lo possano fare più facilmente che in passato. Detto questo, sta al premier e alla sua rissosa maggioranza trovare una quadra per fare in modo che vengano approvate riforme condivise.

(Lorenzo Torrisi)

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