Prime indiscrezioni sul piano di “pace” che Volodymyr Zelensky ha annunciato da settimane e che dovrebbe presentare a giorni. In un briefing con i media a Kiev, il presidente ucraino ha detto che il suo piano implica l’esecuzione di attacchi in profondità con missili occidentali all’interno della Russia. Londra e Washington avrebbero finora rifiutato. Ma è significativo che le voci abbiano cominciato a circolare proprio il giorno successivo alla visita a sorpresa nella capitale ucraina di Ursula von der Leyen, dopo il voto che ha creato profonde spaccature tra gli eurodeputati italiani circa l’invio di armi all’esercito di Kiev. Giovedì il Parlamento Ue ha infatti approvato una risoluzione (non vincolante e priva di effetti giuridici diretti) che invita gli Stati membri a revocare “le restrizioni all’uso di sistemi d’arma occidentali forniti all’Ucraina contro legittimi obiettivi militari sul territorio russo”.



Di fatto, una forte impronta bellicista. Che però ha scompaginato gli schieramenti italiani. A favore ha votato il “fronte atlantico” di Fratelli d’Italia, Pd (con due astensioni, Marco Tarquinio e Cecilia Strada) e Forza Italia. Contrari la Lega, il M5s, Europa verde e Sinistra italiana. Le divisioni, come si vede, attraversano trasversalmente sia la maggioranza sia le opposizioni. I numeri dicono comunque che l’Unione Europea marcia spedita nel consolidare la conflittualità con la Russia, come confermato anche dal Rapporto Draghi, che auspica una forte politica di difesa e riarmo per l’Ue.



Per la pace rimane la Lega, che con i Patrioti europei rappresenta un pungolo per la Meloni e una spina nel fianco dell’orientamento bellicista di Bruxelles. Salvini e Orbán si sono visti ieri a Budapest per dire che “la strada della pace è quella indicata dal Papa”. Un calcio negli stinchi di Antonio Tajani, che difende la scelta guerrafondaia del Ppe.

Giorgia Meloni martedì all’Assemblea generale dell’Onu ribadirà la linea italiana di stare “dalla parte dell’aggredito”. La premier parlerà di vari temi dell’agenda internazionale: dal governo dei flussi migratori al contrasto delle droghe sintetiche, dalla lotta alla criminalità internazionale allo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Ma la parte più attesa dell’intervento riguarda la posizione italiana sui conflitti in Ucraina e Medio Oriente.



Qui la Meloni confermerà la convinta adesione atlantista, ma con una serie di distinguo dettati dalla necessità di non affrettare l’impiego anti-russo delle nostre armi. Sullo scacchiere internazionale l’Italia sta camminando sul filo del rasoio, su un sentiero che corre lungo un crinale incerto, e tale resterà almeno fino a novembre, quando sarà proclamato il nuovo presidente Usa. Se vincerà la Harris, la politica estera americana proseguirà nella direzione tracciata da Biden, ovvero sostegno all’Ucraina ma anche progressivo disimpegno degli Usa e maggiore coinvolgimento dell’Unione Europea. Non una buona notizia per l’Italia la cui Costituzione “ripudia la guerra”. Viceversa se prevalesse Trump, sul dossier ucraino – e forse solo su quello – più vicino alle posizioni dei Patrioti europei. Non a caso, forse, i rapporti di Meloni con Elon Musk si intensificano.

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