L’economia italiana ed europea si trovano di fronte a un periodo critico. Quanto lungo? C’è molta varietà di opinioni, con prevalenza di quelle allarmate. Giustificate? Tra il rischio di recessione e quello di inflazione la Bce ha deciso con più chiarezza di prendere il primo attraverso una politica monetaria restrittiva per ridurre la domanda di energia e, soprattutto, di aumenti salariali che renderebbero l’inflazione strutturale.



Ciò mette in difficoltà i Governi perché impedisce loro di usare più debito, il cui rifinanziamento sarà più costoso, come strumento anticrisi. Inoltre, nel 2024 tornerà il Patto di stabilità, sospeso per motivi pandemici, che pur ammorbidito imporrà rigore. 

Poteva la Bce agire diversamente? No. Potrà attutire gli effetti della stretta monetaria? Sì. Una parte degli strumenti è già in atto: l’acquisto selettivo di debiti nazionali più a rischio di inaffidabilità come quello italiano. Ma la parte maggiore, cioè un vero scudo anticrisi, trova due posizioni diverse: “lo si potrà attivare solo a crisi evidente” (divergenza degli spread) o “bisogna crearlo preventivamente”. 



Da un lato, è una divisione preoccupante, ma dall’altro va sottolineato che comunque la Bce è pronta a intervenire come prestatore di ultima istanza se le cose andassero male. Questa è una diga che limita il potenziale di crisi. Ma a fine 2022 e inizio 2023 la crisi potrebbe avere un picco non ancora contenuto dal rallentamento economico. Inflazione ancora eccessiva con erosione dei redditi bassi/fissi, motivo di dissensi popolari aperti. Questa è la massima preoccupazione del Governo Draghi, per esempio motivo che lo spinge a chiedere un tetto forzoso europeo di breve periodo ai prezzi dell’energia anche se difficilmente fattibile. Per inciso, anche motivo del ricatto russo sul piano delle interruzioni di gas. Ma se tale caso peggiore si verificasse è alta la probabilità di un intervento “scudo” sia dell’Ue, sia della Bce pur condizionato dal requisito di disinflazione rapida. Per esempio, il Governo italiano potrà essere aiutato a ridurre il cuneo fiscale nelle buste paga, misura poco inflattiva, per evitare aumenti salariali. 



In sintesi, il periodo critico potrebbe avere un picco, ma gestibile, nell’autunno-inverno; durerà con intensità decrescente man mano che la sostituzione energetica prenderà concretezza; fino a un’inversione espansiva (probabilmente duratura) a partire da inizio 2024. Pertanto chi scrive ribadisce che l’eccesso di pessimismo non sembra giustificato, pur dovendo l’Italia modificare abitudini di spesa pubblica non produttiva. 

www.carlopelanda.com

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