“Stiamo affrontando una tempesta. Una terribile tempesta, che sta rendendo difficile la navigazione alle nostre navi, tra venti a traverso e onde violente che si infrangono sulla risacca. La paura si è insinuata nei loro equipaggi e anche i velisti più esperti hanno difficoltà a prendere le giuste decisioni. Chi sta a poppa, con la responsabilità dei propri equipaggi e delle proprie navi, può fare la differenza… Questa è precisamente la scelta che, come leader, abbiamo davanti a noi: o ondeggiare in acque turbolente o guidare le nostre navi verso la sicurezza di un porto amico. La nostra bussola è il nostro sforzo comune, per proteggere i valori umani condivisi che costituiscono la base della nostra convivenza”.
Con queste parole Giorgia Meloni ha finalmente rotto l’incantamento che i rapporti tra India e Italia si portavano appresso, dopo anni di incomprensioni e stridori diplomatici che erano seguiti alla triste vicenda dei nostri Fucilieri di Marina, il cui onore va salvaguardato ancora oggi con fierezza e dignità.
Il viaggio in India della presidente del Consiglio deve essere visto, infatti, come un avanzamento nella nuova dislocazione del potere mondiale che segue e accompagna la vicenda dell’aggressione russa all’Ucraina. L’India può svolgere un ruolo centrale nel delinearsi dei tanti frattali che vanno componendo un orizzonte internazionale completamente nuovo rispetto a quello che va dalla Guerra fredda al periodo di decantazione post-Urss e che poi tracima nella guerra inter-imperialistica in Ucraina.
Il ministro indiano degli Esteri Subrahmanyam Jaishankar ha bene espresso la volontà delle nuove classi dominanti e dirigenti indiane nel suo libro The India Way: Strategies for an Uncertain World (Harper &Collins, 2020). In esso delinea per la sua patria un “ruolo di mediazione protagonistico” sia nei confronti del conflitto sistemico tra Usa e Russia, sia nell’altrettanto sistemico conflitto Cina-Russia, checché ne dicano i superficiali osservatori che sottostimano la volontà unipolaristica dell’imperialismo cinese. Il mondo va verso una poliarchia di grandi potenze unipolariste, non vi è dubbio. Per questo il futuro sarà delle “potenze di mezzo”, dei vassalli che saranno sempre più liberati dagli obblighi di vassallaggio e sempre più conquisteranno poteri di intervento e di mediazione – appunto – prima inusitati. È l’emergere della guerre locali, contestualmente alla crescita della minaccia nucleare, che affida a tali “potenze di mezzo” questo ruolo, tanto più se sono armate nuclearmente.
L’India, potenza nucleare, entra ormai di getto nella scena, con una consapevolezza nazionalistica che prima dell’era Modi non esisteva. Non sarà una via indolore e sarà anche ricca di pericoli e di incomprensioni. I prezzi da pagare saranno ingenti, forse inevitabili, e di ciò ne risentirà in primo luogo, come ci insegna la drammatica storia indiana, il rapporto tra induismo e islamismo.
L’India è stata un alleato storico della Russia, un alleato che solo negli ultimi anni del regime post-Nehru ha visto via via sgretolarsi il potere del Partito del Congresso che di quella alleanza era l’architrave. Il nazionalismo indù era destinato a svolgere in India, tuttavia, quel ruolo di mediazione che non è stato in grado di assolvere la dinastia Gandhi, soprattutto a fronte non tanto della Russia, ma in primo luogo della potenza delle monarchie del Golfo e della potenza sciita dell’Iran.
La linea di faglia che va superata e che si delinea oggi è molto chiara. L’alleanza tra Italia e India deve servire a rafforzare quella linea di condotta internazionale che non vuole lasciare alla Cina un ruolo di comando nell’addensarsi di quel gruppo di grandi nazioni che stanno dando vita a una nuova forma di “non allineamento post Bandung” (tra Russia e Usa) a cominciare dal Brasile e dal Sud Africa, per finire con le potenti monarchie del Golfo prima evocate e il cui peso internazionale è inversamente proporzionale alla potenza demografica, ma direttamente proporzionale, invece, alla loro potenzialità energetica.
La fedeltà all’asse anglosferico, che è l’interesse prevalente dominante per l’Italia, a cominciare dal ruolo che grazie a questa alleanza l’Italia può svolgere nel Mediterraneo e nel Fianco Sud della Nato, non deve far dimenticare gli altri due poli in cui il nostro interesse dominante deve esercitarsi: in Europa, con un riferimento costante all’asse franco-tedesco e alle nuove potenze mitteleuropee e baltiche; nell’Indo-Pacifico, attraverso il non-nesso con la Cina, che all’Italia ha provocato solo declassamenti di potenza ed estrazioni di risorse da parte di quel feroce capitalismo monopolistico di Stato che – ovunque giunge – più di altri distrugge risorse e provoca indebitamento.
L’India è destinata a crescere come grande potenza militare ed economica a fronte del decadere ormai inarrestabile della Cina. E l’Italia, dunque, deve spostare il suo asse commerciale e culturale con grande forza verso quel continente indiano che segnerà il passo del mondo nel prossimo futuro, sia militarmente sia economicamente.
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