Le notizie che giungono sotto traccia dalla comunità di burocrati che in perfetta guisa neo-cameralista si dedica da anni e anni ad amministrare il destino delle nazioni che aderiscono all’Ue, non è stata scalfita nelle sue pratiche di governo né dalla pandemia, né dall’aggressione russa neo-etnica all’Ucraina. E a quanto pare lo stesso è successo al Fondo monetario internazionale. Leggiamo, infatti, in un documento a conclusione della missione del Fmi in Italia che “è necessaria una credibile duplice strategia per ridurre significativamente – anche se gradualmente – l’elevato disavanzo e il debito nel medio termine”.
È vero che, dinanzi alla recessione che si avvicina a passi da gigante, teoria e prassi vorrebbero che la cura fosse quella di rilanciare la produttività e la crescita del Pil. Ma il Fmi (come del resto la Commissione europea) insiste nel punto archetipale errato e disastroso: “Per raggiungere tali obbiettivi – si afferma – sono necessarie … ampie riforme strutturali … (con) un ampliamento della base imponibile con effetti neutri per le finanze pubbliche, per rendere il sistema fiscale più equo”. Ma questo presupporrebbe, al netto degli interessi sul debito, “una crescita della spesa corrente inferiore di 2 punti percentuali rispetto alla crescita nominale del Pil”.
Il che è paradossale, perché si richiede un equilibrio di mercato mentre si auspica una rottura dell’equilibrio medesimo: solo un tasso di crescita superiore al tasso di debito può ingenerare una virtuosità anti-ciclica. E questo un tempo – quando esistevano ancora università pubbliche degne di questo nome – lo si sapeva sin dal primo anno di corso… Ah! Le università di un tempo dove insegnavano Lombardini, Momigliano, Coda e Caffè e non i cosiddetti “professori” attuali mai vincitori di concorso.
Ebbene, tutti sapevano, allora, pena la cacciata sin dal primo anno, che quel rapporto tra tasso di crescita e tasso di debito era possibile solo in un tempo t+1 e t+2 e t+…., e non in t con 0, ossia nell’immediatezza del porsi delle due variabili nel medesimo momento (porsi storicamente impossibile nel reale, ma solo nell’immaginario robinsoniano dei decaduti economisti e burocrati).
L’equilibrio economico non esiste se non nell’astrattezza di una matematica deteriore, né quantistica, né intelligente, e quindi il rispettare ciò che si chiede da parte dei mediocri economisti di regime del Fmi e dell’Ue non solo è impossibile, ma ostacola qualsivoglia crescita.
La crescita può solo essere il frutto di un processo dinamico, dove centrale non è il debito pubblico, ma semmai l’avanzo primario e il bilancio dello Stato, come ci insegnava anche il venerando Luigi Einaudi.
Anche l’insegnamento einaudiano è stato dimenticato. E si ha il coraggio di scrivere cose simili e di applicarle, ahimè, mentre si cosparge di una pioggia malefica di sussidi e di aiuti il mondo intero: pioggia anti-economica e distruttiva, dal punto di vista etico e morale: questo populismo algoritmico che dispensa doni a tutti e a nessuno e produce recessione perché non crea né profitto capitalistico, né salario: ci riduce a un popolo di servi e di assistiti.
Il Libano è alle porte. I drusi, i sunniti, gli sciiti e i capi maroniti autoctoni con gli Hezbollah sempre più aggressivi, si stanno “posizionando”: mancano solo colui e coloro che accenderanno le polveri nel porto della nostra Beirut. Verranno da Oltralpe.
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