Gli aggiornamenti di scenario devono annotare un’alta probabilità (già attualizzata in questi giorni) di blocco totale delle forniture del gas russo.
Ciò implica un tipo di scudo europeo che preveda sostegni finanziari diretti o indiretti immediati agli Stati che dovranno impiegare più spesa pubblica per calmierare i costi delle bollette per imprese e famiglie, una riorganizzazione del mercato paneuropeo dell’elettricità – annunciata dalla Commissione per inizio 2023, ma che dovrebbe essere anticipata – per separare i costi di quella generata via gas da produzioni meno costose e creare una rete europea di distribuzione per evitare scarsità grave in alcune nazioni. E’ auspicabile che tali misure vengano decise dal summit Ue del 9 settembre.
In parallelo, ogni Stato europeo dovrà curare un piano nazionale sia di risparmi energetici sia finanziare un tetto temporaneo di interventi calmieranti, particolarmente in Germania (che ha appena stanziato 60 miliardi per coprire l’emergenza) e Italia, nazioni più dipendenti dal gas russo.
L’Italia appare nei guai a breve perché, per i limiti allo scostamento di bilancio, potrà – a giorni – stanziare solo 10-12 miliardi, ma in posizione migliore nel 2023, perché potrà ricevere più flussi alternativi dalle nazioni gasifere con cui ha già siglato contratti di incremento delle forniture.
Tuttavia, comincia a essere visibile un periodo molto critico di 7 mesi per il sistema produttivo italiano: i costi delle bollette potrebbero non essere coperti in quantità sufficiente e generare chiusure e disoccupazione massive, ferita difficilmente rimarginabile anche se la situazione migliorasse nel corso del 2023.
Per questo motivo il Quirinale ha enfatizzato la necessità di uno scudo europeo e la politica sta considerando sia variazioni del Pnrr, qualora l’Ue non attivasse un nuovo fondo d’emergenza simile a quello pandemico, o deficit di bilancio oltre soglia.
Cosa fare, nel caso peggiore, se lo scudo europeo risultasse meno efficace o di applicazione più lenta del necessario? Escludendo la rottura del fronte delle sanzioni, bisognerebbe attivare un piano di risparmi energetici che metta in priorità la tutela del sistema produttivo. In campagna elettorale è difficile per i partiti evocare tale opzione, ma è probabile che il nuovo governo dovrà considerarla se il caso peggiore dovesse realizzarsi.
Calcoli preliminari indicano che in tale eventualità, pur di gestione complessa, l’Italia riuscirebbe a salvare le sue economia e occupazione, ma con sofferenze evitabili da uno scudo europeo efficace.
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