Prima una lunga intervista a Repubblica sulle ragioni della scissione, poi nel corso di “Porta a Porta” l’annuncio del nuovo partito che si chiamerà “Italia Viva”. Per Matteo Renzi “lasciare il Pd sarà un bene per tutti, anche per Conte, il partito è diventato un insieme di correnti, manca una visione sul futuro”. Nella nuova avventura – “costruire una nuova casa giovane, innovativa, femminista” – lo seguiranno per ora una quarantina di parlamentari e i gruppi autonomi nasceranno questa settimana. E adesso, che cosa farà Renzi? Il suo “programma” è passare i prossimi mesi a “combattere Salvini, non a difendersi dal fuoco amico” e il primo impegno elettorale del nuovo partito, il cui simbolo verrà presentato alla Leopolda, saranno le elezioni politiche, “sperando che siano nel 2023”, e poi le europee 2024. Ma sarà davvero così? Non è che sul Conte-2 peserà, ogni giorno di più, una specie di spada di Damocle? E guardando con attenzione al centro, che capacità di attrazione avrà Renzi sugli elettori moderati? Lo abbiamo chiesto a Mario Sechi, titolare di List e direttore dell’agenzia Agi.



Renzi ha lasciato il Pd: la decisione era nell’aria, eppure è un terremoto politico.

Sì, la scissione era nell’aria, ma lui ha anticipato i tempi, questa è la vera sorpresa.

Perché ha anticipato la sua uscita?

Per due motivi. Il primo, perché vede uno spazio al centro, che molto probabilmente si aprirà. Il secondo, perché vede una corsa di altri soggetti, che possono diventare dei competitor anche temibili al centro.



A chi pensa?

Innanzitutto, anche se non ancora ufficialmente, chi sta pensando a un progetto politico e sta pure effettuando dei test in tal senso è Urbano Cairo. Un soggetto di primo piano, uomo molto concreto, potenzialmente molto forte, che punta proprio a quello spazio che Renzi idealmente vuole occupare. L’altro soggetto, seppur meno forte, è già in campo, dopo aver preso una posizione molto netta contro l’alleanza di governo giallo-rosso, che neanche Renzi vede di buon occhio, ed è Carlo Calenda, il quale si sta già muovendo, contattando i sindaci sul territorio. E a tutto questo bisogna aggiungere Giuseppe Conte.



Anche l’attuale premier?

Sì perché è un soggetto che idealmente sta al centro: non è grillino, non è di sinistra, viene da ambienti cattolici, ha l’appoggio della Cei, il suo progetto è guardato con attenzione e benevolenza dal Quirinale. Mettendo insieme Cairo, Calenda, Conte e chissà chi altro può uscire, Renzi ha dovuto anticipare le mosse, perché anche in politica la tempistica spesso è tutto.

Dove si sentiranno di più le scosse del terremoto Renzi in uscita dal Pd?

I danni maggiori li subisce proprio il Pd. Goffredo Bettini, persona che stimo, sostiene che in fondo la scissione di Renzi è un elemento di chiarezza, non uno scandalo. Può darsi, ma so anche che in Parlamento quando c’è la proliferazione dei gruppi politici di solito poi si crea sempre instabilità. Per cui la maggioranza da oggi non è più forte, come sostiene lo stesso Renzi, ma è più debole.

Renzi ha però assicurato il suo appoggio al Conte-2. Quanto traballa il governo?

A favore del progetto del governo c’è il fatto che per Renzi ha bisogno di durare. Il gioco che è adesso in corso è quello dei due Mattei: Matteo Renzi gioca ad allungare i tempi perché ne ha bisogno per organizzarsi; Matteo Salvini gioca ad accorciare il tempo. Entrambi hanno questo tema aperto della durata. E non sarà una durata sine die, per nessuno dei due coinciderà con la fine della legislatura. Anzi, Salvini dovrebbe cercare di innescare una crisi subito, che però lui da solo non può innescare. La crisi esploderebbe per contraddizioni nella stessa maggioranza.

E Renzi?

Deve allungare la vita del governo, ma non troppo, cioè fino al momento in cui sarà pronto e potrà capitalizzare un eventuale incidente o dissidio o dissonanza. Qualcosa che giustifichi il suo passaggio alle urne. Ma per fare questo deve tessere alleanze, strutturare il partito nel territorio, stilare un programma. È molto dura. Renzi ha giocato una carta rischiosa, formidabile.

In che senso?

Renzi è un formidabile giocatore sul piano della tempistica e del gioco istituzionale. In una mossa è riuscito a far cascare il governo giallo-verde sostituendolo con il governo giallo-rosso. Governo di cui ha pure la golden share: ha i voti per farlo nascere e ha i voti per farlo cadere. Non solo: fa i gruppi parlamentari che rispondono direttamente a lui, mina la forza di Zingaretti, anzi a una forza crescente di Renzi corrisponde una proporzionale ma esponenziale diminuzione del potere di Zingaretti. E questo è destinato a essere un problema per il prosieguo della legislatura.

Punterà, allora, come scrive Il Foglio, a de-grillizzare il governo a partire dalla Legge di bilancio?

Ho qualche dubbio che la dinamica di cui parla Cerasa si svolga in modo virtuoso. Temo che Renzi inserirà non delle soluzioni, ma delle contraddizioni, che poi esploderanno e Pd e Cinquestelle non riusciranno più a trovare il bandolo della matassa. Quando c’è un elemento terzo nella maggioranza come il gruppo renziano, il rischio di caos è molto elevato.

Prima accennava al fatto che Renzi guarda al centro. Ma l’elettorato moderato sarà attratto da un rottamatore seriale?

Si andasse a votare oggi, Renzi varrebbe il 5% circa e sarebbe già un grande risultato. Tra sei mesi-un anno gli scenari cambiano. E nell’elettorato c’è un elemento molto interessante: da tutta questa vicenda emerge che Renzi è uno che sa fare politica. Dal punto di vista simbolico, oggi nel gioco di palazzo Salvini ha perso e Renzi ha vinto. In piazza vince ancora Salvini. E può darsi che regga ancora, ma non è detto che non possa diminuire.

Renzi infatti vuole sfidare Salvini a tutto campo. La guerra di logoramento a chi dei due potrebbe fare più male?

Se c’è durata, farà più male a Salvini; se dura poco, Salvini avrà la possibilità di vincere le elezioni, qualora ci fosse un voto anticipato. Però c’è un aspetto di cui bisogna tenere conto e su cui bisogna riflettere: nel gioco istituzionale Salvini ha mostrato un deficit notevole, si è isolato prima in Europa e poi anche in Italia, alla fine è stato un po’ anche lui causa del suo male. E Salvini oggi ha un partito che non è coalizzabile, se non in una logica di centrodestra, ma cedendo parecchio in futuro a Forza Italia e ai suoi alleati.

Renzi fuori dal Pd, taglio dei parlamentari e legge elettorale proporzionale. Che miscela ne può venire fuori?

Il centrodestra è ancora maggioritario in Italia, ma se nasce un partito di centro che raccoglie il 10-12%, con il proporzionale, mi aspetto che diventi l’ago della bilancia: un partito di estrazione giscardiana, che fa da pendolo tra destra e sinistra e arriva persino a determinare il presidente del Consiglio o a nominarlo e poi a eleggere il presidente della Repubblica. Può nascere un nuovo sistema politico.

Tra un mese si vota in Umbria. L’alleanza M5s-Pd può funzionare, può essere competitiva a livello territoriale?

In Umbria per le condizioni particolari in cui si vota è difficile, ma in Emilia-Romagna può fare da argine all’avanzata del centrodestra.

(Marco Biscella)