L’ennesimo provvedimento varato “salvo intese”. Vuol dire che tutto può ancora cambiare. Il decreto semplificazioni, quello che dovrebbe far ripartire i cantieri, è solo virtuale. Nel frattempo l’economia non aspetta più; e muore. Lo dicono gli ultimi dati Istat e Bankitalia.
“Per semplificare si dovrebbe innanzitutto derogare, mentre, invece, il decreto legge in corso di approvazione prende la strada opposta: regola troppo, prevede cascate di altre norme e regolamenti”. Non lo hanno detto Salvini o Meloni, ma Sabino Cassese nel suo ultimo editoriale sul Corriere della Sera.
Viene un sospetto. Ne abbiamo parlato con Antonio Pilati, già presidente della Fondazione Rosselli e commissario dell’AgCom, scrittore e opinionista.
Pensavamo che il governo prendesse tempo perché non sapeva cosa fare.
La scarsa attitudine operativa del governo è ormai un’evidenza. Far ripartire il paese dopo tre mesi di chiusura è un compito molto complesso, ma non mi pare che questo governo, che mette insieme due forze politiche con visioni del mondo spesso incompatibili, sia in grado di portare a termine il lavoro.
Per incapacità o per scelta?
Alcuni, soprattutto il premier, hanno la convinzione tutta politica che rimandare è meglio che fare.
Perché secondo lei?
Comincerei col dire che alcuni nodi non si compongono perché le visioni del mondo di Pd e 5 Stelle hanno storie e ideologie totalmente diverse.
Eppure c’è chi pensa a un progetto organico, a cominciare dalle prossime regionali.
Il Pd è l’erede di una visione industriale, produttivista, mentre i 5 Stelle, soprattutto dopo la morte di Casaleggio, sono diventati un partito assistenziale, disinteressato alla produzione della ricchezza. Qualcuno dovrà crearla, ma è un problema che non li riguarda.
E in questa situazione rinviare è facile. Però?
Però si creano dei grossi problemi. Perché dipendiamo sempre di più dall’Ue.
Gualtieri intende addirittura accelerare la riduzione del debito mediante gli avanzi primari di bilancio per non farsi trovare inadempiente quando tornerà in vigore il Patto di stabilità. Le pare possibile?
I nostri governanti, esponenti dell’ortodossia europea, Gualtieri in modo particolare, vogliono che l’Ue continui a sostenerci, e per questo sono rigidi custodi dei parametri europei. L’aiuto europeo però non è incondizionato.
Lo sappiamo bene. In cambio, la Germania vuole avere rassicurazione che la spesa sia sotto controllo e non sia sprecata.
Infatti. Ma se continuiamo a spendere male i soldi che non abbiamo, le iniezioni di liquidità che arrivano dagli acquisti di titoli di stato da parte della Bce servono a poco: solo ad aumentare il rapporto debito/Pil.
Dove vuole arrivare?
È presto detto. La tecnica del rinvio adottata dal governo rischia di entrare in contrasto con la volontà dell’Ue. Che è darci dei soldi controllando che siano spesi bene. Il Mes serve a questo. Il punto, però, è che la situazione italiana è così grave che rinviare i provvedimenti è molto pericoloso, e crea preoccupazione anche nei partner europei.
Tutto questo significa che il partito del vincolo esterno, Conte e il Pd, non riesce a far bene neppure il suo lavoro?
Direi che il partito del vincolo esterno non riesce a rispondere alle attese di chi governa il vincolo esterno. L’Europa chiede interventi efficaci e tempestivi.
Secondo un’indagine di Bankitalia, un terzo delle famiglie ha risparmi solo per tre mesi, mentre il 40% ha difficoltà con le rate del mutuo. A che cosa preludono questi dati?
Secondo me, ed è il punto che viene sottovalutato dal governo, annunciano una crisi sociale ed economica gravissima. La gente non ha prospettive, non trova lavoro ed esaurisce i risparmi.
E allora?
Non credo che questo faccia molto piacere all’Ue. Bruxelles ha bisogno di un’Italia anche debole, ma che stia in piedi. Se l’Italia perde tempo e spreca soldi in monopattini, non fa ciò che l’Europa chiede e crea un rischio di tracollo che nessuno ha voglia di vedere. Nel Nord Italia – a Verona, Bergamo, Brescia – terminano molte filiere produttive tedesche. Se salta questo retroterra produttivo, la Germania ci rimette.
Che conclusioni dobbiamo trarne?
Questo governo non è adeguato nemmeno dal punto di vista dell’Ue.
Le sue previsioni?
Premessa: l’Europa è sempre riuscita a venire a capo, sia pure indebolendosi, delle crisi in cui si è venuta a trovare. Non sto discutendo il come. Ma ho l’impressione che questa sia più difficile da gestire delle precedenti.
Scenario numero uno.
L’Italia è un paese di fragile struttura, è stato costruito male quando è stata fatta l’unità e le linee di frattura sono sempre state evidenti. Si sono sanate nel periodo del miracolo economico, ma oggi potrebbero riemergere.
Una per tutte? Giova ripeterlo, anche se lo sappiamo.
La frattura tra il Nord produttivo e il Sud assistito. Quello che invece sappiamo ma tendiamo a dimenticare è che la Germania è il paese che di fatto ha dato il via alla guerra nell’ex Yugoslavia riconoscendo prima di tutti gli altri Slovenia e Croazia. Sappiamo dove sono collocati i suoi interessi produttivi.
Ebbene?
A qualcuno potrebbe venire in mente che è più facile salvare il Nord “padano” che tutta l’Italia. Una situazione di crisi sociale ed economica drammatica, come i dati lasciano pensare, può diventare una situazione di rottura. Questo è lo scenario estremo.
E l’altro?
È quello di un progressivo impoverimento del paese. Con misure molto pesanti per rimetterne in piedi l’economia.
Non da parte di questo governo, viste le premesse.
Se la situazione continua a peggiorare e diventa drammatica, non sarà più questo governo a occuparsene. Ma a quel punto la domanda sarà: quali misure bisognerà prendere? Come si rimette in sesto un bilancio che alla fine di quest’anno vedrà un calo dell’11% del Pil?
Chi può farlo? Un nuovo Monti? O un governo di larghe intese?
Oggi, credo, nessuno lo sa. Forse neppure Mattarella.
Per essere espliciti: la tattica del rinvio serve a farci commissariare dall’Ue?
Non so se è un disegno, ma certo non funziona: è completamente fuori misura rispetto alla gravità della situazione. Lei citava i dati di Bankitalia; chi siede al governo vede e conosce queste cifre ma non le metabolizza, perché pensa soltanto all’elezione del presidente della Repubblica.
E a beneficiare i dipendenti pubblici.
Ma i sacrifici domani non lasceranno fuori nessuno. La Grecia insegna. O no?
Rinviare conviene: finora è servito a rimanere in sella…
A rimanere in sella e a mandare l’Italia verso il precipizio.
(Federico Ferraù)