Fouad Makhzoumil, grande tycon libanese che non parla mai, ha ora parlato su La Repubblica del dì 13 di un agosto 2020 in cui la storia del mondo si è fermata. Si è fermata per l’esplosione nel porto di Beirut: una strage che solo noi italiani (sperando di poterlo ancora dire quel “noi”) potremmo comprendere solo se ci pensassimo su. E si è lanciato a spiegare cosa sia successo con un monito a mo’ di ammonizione: un sistema di spartizione confessionale delle risorse, in un mondo come quello del Paese dei Cedri sempre più estero-dipendente, non poteva reggere con il comando dall’alto che ne derivava. Sotto la pressione finanziaria dipendente da un intreccio mortale tra discredito della Banca centrale e supplenza delle banche internazionalizzate, l’accordo siglato dopo la fine della sanguinosa guerra civile non poteva più reggere.



La strage assume in tal modo un significato insieme liberatorio e liquidatorio di quelle forze che ormai devono essere sostituite da un intervento finanziario e militare internazionale. Esso ridisegnerà la carta del potere libanese, come la visita disperata di Emmanuel Macron ha ben reso evidente dinanzi a tutti.

L’Italia – in tono drammaticamente minore – senza quel boato ma solo ricordando le stragi italiche da Bologna a Ustica a piazza Fontana – stragi che, come ci ha ricordato quell’intellettuale sempre più raffinato e dolente che è Ernesto Galli della Loggia, ci ostiniamo a celebrare senza spiegarne né il contesto, né il dramma che ne seguì, diseducando così la gioventù -, si avvia anch’essa ad avere la sua resa dei conti. Per fortuna il nostro declassamento internazionale a piccola potenza eterodiretta, da media potenza vassallatica con modestissimi gradi di autonomia nazionale che eravamo sino al decennio Ottanta del Novecento, ci fa dire che a segnare la fine di un’epoca non sarà un big bang, ma uno sbadiglio, come ci insegnò a ripensare le tragedie della vita la poesia di T.S. Eliot.



I segnali sono evidenti. Sulle stampe si susseguono i messaggi delle Logge che si manifestano con comprimari patetici. Ma essi tuttavia lanciano avvisi inequivocabili. Il tema scelto per aprire la via alle intimidazioni è quello della cosiddetta rete unica delle telecomunicazioni.

Passi per Bassanini e Bisignani (su La Repubblica il primo e su Il Tempo il secondo) che si muovono su piste non inquietanti. Diverso è il caso dell’avviso minaccioso di Beppe Grillo in caratteri cinesi sui social media, con addirittura un’intervista esoterica che si ricorderà tanto minacciosa è stata. Ma essa era altresì accompagnata dalla definitiva liberazione di quelle energie istituzionali che via via si fan più forti nei 5 Stelle. Energie che sole possono del resto strappare dalla lenta agonia i capi Pd delle varie compagnie di ventura che controllano con i renziani l’accesso alle risorse europee e per questo sono l’un contro l’altro armati. È  ciò che rimane di un Pd anch’esso ormai governato nell’ombra tra la Thailandia e l’Istituto Luce di Roma: eterodirezione che impietosamente disvela dove non poteva non finire la Fgci romana degli anni di Occhetto e Petruccioli e in cui si è fatto crescere Veltroni, così come del resto noi poveri operaisti torinesi e riformisti milanesi avevamo ben capito senza essere stati in grado di far nulla nel pantano romano.



Insomma, nel quadro mondiale di un’America che pare aver ritrovato grazie al ricompattamento anti-cinese mai abbastanza benedetto, un accordo per ritornare a essere se stessa, un nuovo movimento si è disvelato. Nel quadro di un Mediterraneo che sta ritornando ai fasti ottomani, con gli Usa che dovranno tornare all’accordo di Algeciras del 1906 per riportare un po’ d’ordine sempre sotto la minaccia della guerra, un nuovo corso inizia a livello mondiale. Anche l’accordo tra Israele ed Emirati Arabi lo rende manifesto.

Insomma, il mondo esplode letteralmente nel cortile di casa e l’Italia invece di partecipare al grande gioco si fa abbindolare dalla trappola tesa dal Governo ai deputati leghisti (trascinando nella gogna anche qualche 5 Stelle e componenti del Pd ripescati per mascherare malamente l’operazione tutta governativa). Si tratta del boom mediatico sui soldi immoralmente richiesti mentre la fame avanza e i drammi della disoccupazione hanno appena iniziato a farsi sentire dopo la chiusura di tutto il mondo tra le pareti famigliari. Ebbene mentre il mondo esplode, in Italia ci si balocca ancora con la nefasta antipolitica all’odor di manette. Un’altra volta come ciclicamente accade, come ci ha ben ricordato Piero Ignazi.

C’è aria di fine di partita, come in quel teatro che ci fece grandi: anche oggi Godot, infatti, non arriva. Si vedono solo in tv il Conte che scrive senza nulla fare e il Mattarella che pensa senza parlare. È troppo poco per riscattare il dolore di quei bravi ragazzi di Pradleves su nella Valle Grana, su nella Valle Gesso, su sempre più su, lassù dove nasce il Po e dove il popolo ancora esiste e lavora e prega. Lo fa per tutti noi. E noi non lo sappiamo, noi ci occupiamo d’altro, non della vita e del lavoro e di quei valori che spingono ancora dei giovani a non far la movida. In questo agosto terribile e decisivo si continua a non far nulla per loro.