Dopo il voto in Emilia-Romagna, con la crescita del Pd e lo spappolamento del M5s, per il governo giallo-rosso si profila “un nuovo Vietnam”. E’ la previsione di Guido Gentili, editorialista del Sole 24 Ore. Alla luce, poi, dell’allarme lanciato ieri dal Fondo monetario internazionale sull’aumento del deficit, il mancato calo del debito e un tasso di crescita che resta ancora il più basso in Europa, Gentili non scommette affatto sulla capacità del governo – che dopo la sconfitta di Salvini ora non ha più alibi – di uscire dalle sabbie mobili dei rinvii e dei litigi. Anzi, tutti i dossier più caldi – dalla revoca della concessione Autostrade al caso ex Ilva, da Alitalia alla ripresa economica, dalla giustizia al varo del Def in aprile – restano sul tavolo come pesanti ipoteche e fonti di possibili nuove pesanti frizioni fra gli alleati.
Conte, intanto, ha deciso di accelerare la verifica e oggi incontrerà i capi delegazione. Alla luce dei nuovi pesi nella maggioranza giallo-rossa, dobbiamo aspettarci il film già visto dopo le Europee con il governo giallo-verde? Sarà, come lei ha scritto su Twitter, “un nuovo Vietnam”? Perché?
I problemi permangono. Il voto sancisce la caduta verticale del M5s, che pone un problema serio, perché in Parlamento godono ancora della posizione di primo partito, in base al 32% raccolto alle Politiche del marzo 2018. Il Pd invece ha ripreso vigore e nella maggioranza si è creato questo nuovo bilanciamento, che Conte ha cercato subito di gestire, insistendo, nella sua prima uscita dopo il voto in Emilia-Romagna e in Calabria, sul far riferimento al Pd di Zingaretti, che l’aveva del resto già insignito del ruolo di possibile capo della coalizione riformista di sinistra. Questo crea un problema con il M5s, che non solo ha registrato una pesante sconfitta, ma sta vivendo una profonda divisione interna.
Sul piano politico questo in cosa si traduce?
Basta guardare al nodo della giustizia e al tema divisivo della prescrizione. Il primo risultato del voto in Emilia è che appunto è stato rinviato di 10 giorni il problema, perché all’interno della maggioranza giallo-rossa sussistono posizioni distanti, in particolare resta la forte contrarietà di Italia Viva. E torna in discussione anche un cavallo di battaglia dei Cinquestelle, come la revoca della concessione ad Autostrade, visto che si fa strada una soluzione diversa.
Quale rischio corre il governo?
Che su ogni tema, compresi reddito di cittadinanza e quota 100, e su ogni mossa da assumere insorga la necessità di trovare un laborioso e snervante compromesso.
Conte però intende rilanciare l’azione di governo. Ce la farà?
Conte ha davanti a sé un orizzonte tempestoso, anche sul versante della mediazione tra i due partiti. Oltre tutto, il collante finora messo in campo dalla maggioranza di governo, battere Salvini in Emilia, ogni giorno che passa funzionerà sempre meno. E i problemi, come ha ricordato ancora ieri il Fondo monetario internazionale, permangono.
La nomina di Bonafede come capo delegazione al governo per i Cinquestelle dimostra che sui temi più identitari, a partire da prescrizione e revoca concessione Autostrade, i grillini sono pronti a fare le barricate e scontri ad alzo zero con Pd e soprattutto Italia Viva?
E’ facile prevedere che si verificheranno pesanti frizioni. La nomina di Bonafede e la reggenza Crimi lasciano intendere che il M5s su molte posizioni non mollerà. La partita si fa incandescente.
Il Pd è pronto anche a fare il tagliando a reddito di cittadinanza e quota 100, due misure che Conte ha sempre rivendicato e difeso. E ora?
Sarà un percorso lungo e faticoso, non mi aspetto dall’oggi al domani cambiamenti di strategia su questi fronti. La prima tappa sarà la messa a punto del Def ad aprile, poi – come già prefigurato negli incontri dei giorni scorsi con le parti sociali – se ne riparlerà con la NaDef di settembre, dove si cercherà di mettere mano a Rdc e quota 100 senza però rompere le uova, perché il governo cammina sulle uova, soprattutto sul reddito di cittadinanza, che i grillini non intendono toccare.
Sono tutte trappole sulla strada di una maggioranza verso la quale anche il presidente della Repubblica comincia a manifestare qualche “insofferenza”, a causa dei troppi rinvii e dei troppi litigi?
Mattarella ha fatto capire in più occasioni che la stabilità non può assolutamente significare comprare tempo, in vista di altre soluzioni, ma significa governare e assumersi la responsabilità delle decisioni. Su questo il governo rischia, perché ogni scelta dovrà essere oggetto di contrattazione all’interno di una maggioranza che fa i conti con nuovi equilibri post voto in Emilia, ma su un numero di seggi parlamentari fermi al marzo 2018. In particolare su politica economica, Rdc e quota 100, su cui ieri il Fmi è stato molto critico. Senza dimenticare i vincoli di compatibilità della finanza pubblica, con un quadro in peggioramento, visto che lo stesso Fmi stima un deficit già al 2,4% rispetto al 2,2% indicato dal governo e il debito pubblico ancora al 135%. O si rimette mano a una rimodulazione dell’Iva oppure ci ritroveremo tra pochi mesi a dover mettere da parte una ventina di miliardi per scongiurare l’aumento dell’Iva.
Oltre a Rdc, quota 100 e revoca Autostrade, il governo deve affrontare altri due dossier delicati: Alitalia ed ex Ilva. Dopo il voto in Emilia ci sarà un cambio di rotta?
Penso di sì. Anche se su Alitalia non c’è l’idea di far prevalere una soluzione di mercato. Nessuno vuole abbandonare il sostegno pubblico ad Alitalia, il che vuol dire impegnare una valanga di soldi pubblici, ma senza una strategia industriale decisiva per il risanamento, anzi con il rischio di continuare a perdere risorse dello Stato.
E sull’ex Ilva?
E’ una partita che è rimasta in una fase di sospensione, di galleggiamento, in una zona molto incerta. Non solo è in campo la magistratura, ma le condizioni perché l’acciaieria torni a competere sul mercato restano molto complicate. Si parla di riconversione, di svolta green, ma è ancora una pagina tutta da scrivere. E con l’incognita accessoria, ma tutt’altro che secondaria, che in primavera si voterà alle regionali in Puglia…
Renzi ha già rilanciato la sua terapia shock per far ripartire la crescita. Ma servono risorse. E con un deficit in aumento, andare a bussare alla porta di Bruxelles non sarà facile. Come riprenderà il confronto con la Ue?
In un’economia che non cammina come dovrebbe, la Ue ci chiederà un impegno più forte sul consolidamento fiscale per ridurre il debito. Ma il confronto con Bruxelles ripartirà con un dato positivo: dopo il voto in Emilia lo spread è sceso. E a tal proposito vorrei aprire una parentesi.
Prego.
Questo calo dello spread pone un problema di rotta per Salvini e per tutto il centrodestra. Evidentemente significa che il leader della Lega in Europa è ancora percepito come un rischio.
Il Conte 2, invece, godrà ancora dell’accondiscendenza dell’Europa? O la luna di miele è finita e potremmo ritrovarci ben presto sotto la lente occhiuta di Dombrovskis?
La Commissione manterrà un atteggiamento sostanzialmente dialogante, disponibile a trovare spazi di flessibilità, ma ciò non significa che per l’Italia, rimanendo ancora un’anomalia nell’Eurozona in termini di crescita, non risuonerà più forte l’accento, che a dicembre è stato un po’ lasciato correre, sulla necessità di riprendere una rotta di controllo dei conti pubblici e di politiche a favore della crescita.
A tal proposito, ieri il Fmi ha confermato che l’Italia registra il tasso di crescita più basso dell’Europa e sul tavolo resta il nodo manifattura. In questo governo, che dopo la sconfitta di Salvini e il voto in Emilia non ha più alibi a rinviare le soluzioni, si vedono tracce di politica industriale?
No, ancora non ne vedo. Ancora non si è affrontato seriamente il tema della ripresa della produttività, su cui il nostro paese latita. E dubito che verrà affrontato con una verifica, coraggiosa e realistica.
Da Medio Oriente e Cina possono arrivare nuovi problemi per l’economia italiana?
Assolutamente sì. Su questi temi non abbiamo possibilità di incidere più di tanto, se non sulla Libia, dove la nostra strategia a difesa degli interessi nazionali doveva essere più pregnante. Il rischio coronavirus, con la notizia della ritirata delle grandi corporation dalla Cina, lascia presagire una grandissima incertezza e per l’Italia enormi problemi sul lato della produzione industriale e dell’export.
(Marco Biscella)