Il 2023 si è chiuso con un mercato del lavoro in salute, con un’economia capace di assorbire ancora disoccupati e inattivi e raggiungere livelli di occupazione mai registrati prima. Si tratta di movimenti positivi spinti da fenomeni contingenti in gran parte legati all’uscita dal Covid e alle politiche che hanno sostenuto l’economia durante gli anni difficili delle chiusure forzate favorendo il rimbalzo all’uscita delle misure emergenziali. Ricordiamoli: l’economia è stata spinta dalla spesa pubblica attraverso meccanismi automatici di spesa (bonus edilizi fra tutti) e sostegno al reddito diffuso e praticamente incondizionato, mentre i salari reali sono stati tenuti bassi dall’inflazione.
Ne è emersa un’economia capace di crescere anche di fronte alle incertezze generate dalla guerra in Ucraina e dal successivo conflitto in Medio Oriente, in un panorama internazionale dove le Banche centrali cercano di ridurre l’inflazione alzando i tassi.
Arriva il 2024, e non è detto che le condizioni restino le stesse. Siamo cresciuti tanto, ma l’espansione del debito rallenta e con il calo dell’inflazione finirà anche la caduta del costo del lavoro. E adesso che si fa? Proviamo a vedere cosa si preannuncia nel mercato del lavoro nel 2024, tenendo conto anche delle politiche pubbliche che si annunciano.
L’oroscopo 2024 riguarderà demografia, salari e produttività.
Le vicende legate alle pensioni ci ricordano che l’invecchiamento della popolazione avanza. E con esso avanzano le proposte di allungamento della vita lavorativa e di penalizzazioni per i pensionamenti anticipati (medici e altri comparti del pubblico), si attuano tagli alle pensioni reali (mancata indicizzazione), si ripropongono uscite anticipate a costi elevati e a condizioni raggiungibili da sempre meno persone. Insomma, un insieme di proposte che si attengono all’inevitabile constatazione che la crescita ha bisogno di lavoratori, che i servizi pubblici, come la sanità, sono più richiesti da una popolazione che invecchia e che è meglio tenersi anche i lavoratori senior. Si vedono anche accenni a una politica di invecchiamento attivo, con incentivi a rimandare il pensionamento tenendosi parte dei contributi da versare in busta paga. La soluzione dei problemi emergenti vince sui proclami
Quindi nel 2024, più senior al lavoro, ma non tanti quanti servirebbero, indicatori occupazionali degli over 55 in rialzo, pensionamenti in aumento, data l’onda demografica, usando la Fornero, più lavoro autonomo per i senior.
Sui salari i problemi restano. Per il salario minimo le opposizioni continuano a reclamare, ma il Governo al momento punta alla contrattazione, vedremo cosa si farà veramente. L’Esecutivo cerca anche di rimediare al taglio dei salari reali dovuto all’inflazione con un taglio delle imposte. La risposta quindi è nella riallocazione della spesa pubblica, chiudendo i bonus e puntando sulla riduzione del costo del lavoro. La necessità di non mandare la spesa pubblica alle stelle (per non spaventare chi presta soldi allo Stato) riduce le possibilità in questo senso e limita gli interventi agli stipendi medio bassi.
Previsione 2024: parziale sollievo sui salari bassi con benefici sui consumi interni, chi cerca salari alti continuerà a cambiare lavoro o Paese, oppure a rientrare in Italia puntando sugli sconti fiscali, anche questi previsti in rialzo. Ma non sarebbe meglio non farli emigrare puntando sull’innovazione tecnologica e i lavori correlati?
E qui veniamo al terzo punto chiave, la crescita della produttività del lavoro, che consentirebbe di distribuire salari maggiori, tenersi i cervelli e ridurre gli impatti negativi del calo demografico. E qui servono due cose: investimenti in innovazione tecnologica (impianti e organizzazione del lavoro e degli acquisti, anche pubblici) e competenze. Ma non è affatto chiaro a che punto siamo, ad esempio, con il Pnrr che proprio a quello serviva. Va bene discutere di quello che va riprogrammato, ma quello che si sta facendo va bene così? La formazione che paghiamo sta creando nuove competenze? Almeno per qualcuno, oppure li mandiamo tutti al primo lavoro che capita e che dura poco, sicuramente nobile e degno come gli altri, ma che si può fare con 36 ore corso? Giustissimo, ma fra sei mesi siamo da capo, spesso con le stesse persone.
Si badi bene che molte imprese del settore privato continuano a innovare in silenzio, si pagano la formazione, si accordano con i centri di formazione e la politica locale per usare le risorse pubbliche. Anche nel settore turistico allungamento delle stagione e rimodulazione dei pacchetti testimoniano sforzi di innovazione organizzativa notevoli.
Ma puntiamo su questi innovatori o sulle licenze ai tassisti? Ma puntiamo sulla concorrenza o sul bagnino a vita? Ci mancano i medici? Ma la programmazione degli atenei è una programmazione pubblica! Abbiamo pochi laureati e allo stesso tempo un numero chiuso imposto da enti pubblici. La contraddizione è tutta interna all’amministrazione dello Stato.
Anche qui, fra annunci e prassi non si capisce bene in quale direzione stiamo andando. Il Governo sembra puntare alla riconnessione fra studio e lavoro con sperimentazioni sui percorsi tecnici, speriamo senza dimenticare l’educazione, ma a parte i segnali sulle professioni tecniche, che si fa con il deficit di istruzione universitaria, anch’esso in cima alle segnalazioni di difficile assunzione fatte dalle imprese alla indagine Excelsior?
Previsione 2024: ancora difficoltà sul mercato per la ricerca del personale, seppure in leggero calo, politiche attive in affanno, fuga dei cervelli stabile, rientri in leggero rialzo, indicatori occupazionali stabili, con gli autonomi che riprendono quota anche fra i giovani.
Insomma, siamo ai massimi storici di occupazione, ma distanti 10 punti percentuali da qualsiasi Paese sviluppato con cui vogliamo misurarci o allearci. Demografia, salari e produttività sono tre questioni correlate, tre questioni da affrontare per fare un salto verso un sano e sostenibile sviluppo, tre questioni che non si affrontano solo rispondendo alle sollecitazioni della pubblica opinione. Per affrontarle forse non bastano nemmeno politiche esclusivamente nazionali: sicuramente aiuterebbe un poco di chiarezza politica (sia dal Governo che dalle opposizioni).
Chissà se il 2024 ce la porterà in dono, ma su questo meglio non fare previsioni!
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