La visita lampo di Trump in Gran Bretagna segna l’inizio di una nuova era delle relazioni internazionali e delle costellazioni commerciali che legano insieme sia le società dei mercati che le società politiche. La ragione è semplice e insieme complessissima. La sostanza risiede nella faticosa e sempre incompiuta ricerca di costruire un nuovo impero senza fondamenta giuridiche costituzionali: l’Ue, unico tentativo mondiale di costruire un sistema di relazioni interstatuali non più esplicitamente fondato sulle relazioni tra Stati, bensì su accordi tra tecnici sì di nomina partitica, ma di fatto dipendenti da un formidabile sistema lobbistico che non trova spazio né nella ricerca scientifica sociale, né nella lotta politica europea, così dipendendo dagli interessi capitalistici dominanti.
Non si comprende la disgregazione sociale e politica europea se non si comprende che la storia non si può cancellare ma sempre ritorna. L’anglosfera riappare con una forza inaspettata, come sempre accade quando il continente europeo per non inabissarsi richiede una nuova alleanza con la grande potenza insulare mondiale, ossia gli Usa. La deflazione secolare europea rischia di trascinare tutto il mondo nella stagnazione economica mentre un’altra grande potenza insulare sorge con la sua potenza marittima oggettivamente aggressiva, così come fu per la Germania prima della Prima guerra mondiale e sempre per la stessa Germania e per il Giappone negli anni precedenti la Seconda guerra mondiale.
A questo si deve pensare oggi quando un Parlamento europeo privo di capacità legislativa è solo chiamato ad approvare direttive partorite da capi della tecnocrazia e dalle lobbies. Quale sarà l’accordo europeo tra nazioni che condurrà alla nomina dei commissari europei? All’Italia fu riservata l’inefficace politica estera. Mario Draghi alla testa della Bce – ossia di un’autorità che è indipendente solo dalle società ultime dominate dal mercato e che dipende dagli equilibri di potenza tra nazioni – rappresentava com’è noto la mediazione raggiunta tra Usa e Germania, come ha dimostrato la politica monetaria di difesa delle banche e del credito a dispetto dello stesso statuto della Bce. Mario Draghi non ha mai rappresentato l’Italia neanche da direttore generale del ministero del Tesoro e quindi non può essere annoverato tra le vittorie lobbistiche italiche. l’Europa che emergerà dal predominio liberista, verde-liberale e popolare non potrà che accentuare ancor più i processi di divergenza intraeuropei e ancor più approfondirà la disgregazione sociale. In questo senso si tratterà di una corsa contro il tempo.
La Cina conquisterà completamente con la sua aggressiva politica gli Stati deboli europei, ossia Portogallo e Grecia, a cui da poco si è aggiunta un’Italia sull’orlo della disgregazione se non si ritornerà a breve al confronto con il Centro tedesco e lo Stato profondo francese per rinegoziare gli equilibri di potenza europei. In questo senso la minaccia cinese può trasformarsi in opportunità, se si concorderà una fuoriuscita dalla subalternità alla Cina possibile solo con una nuova grande alleanza tedesca-franco-italiana.
Resta poco tempo, il cambiamento va fatto ora, immediatamente. Se sciaguratamente si farà tardi, l’Italia sarà declassata per sempre con conseguenze questa volta veramente irrimediabili.