La Germania si sta trasformando. È un processo lentissimo, sotterraneo, ma potente e ormai irreversibile. La nomina di Ursula von der Leyen non deve trarre in inganno. La più europeista dei leader germanici, la più convinta interprete di quell’alta cultura luterana che su ispirazione del grande martire Bonhoeffer vide e vede nella trascendenza spirituale europea la possibilità di emendare la Germania delle sue colpe, sarà di fatto l’artefice della grande trasformazione culturale che attende con la Germania l’Europa.



Il motivo di questa trasformazione inevitabile sta in due potenti forze sotterranee. La prima è la deflazione secolare che sta già sgretolando non tanto e non soltanto le certezze e le previsioni economiche, ma la stessa struttura e dimensione del Pil tedesco. Il commercio mondiale da qualche anno scende inesorabilmente e l’ondata emotiva magica e neopagana della Green economy circolare sta facendo franare l’asse strutturale del sistema multipolare del complesso industriale e di servizi di mercati avanzati tedesco. L’input-output delle famose macchine elettriche distruggerà tutto il complesso multifattoriale meccatronico dell’auto con motore a scoppio, con sradicamento delle coorti manageriali e operaie e con una caduta verticale del Pil.



La Confindustria tedesca su Handelsblatt ogni giorno pubblica articoli e valorizza studi di fautori della fine dell’ordoliberismo e di un’ondata di investimenti non crematistici ma in capitale fisso e occupazione con ampliamento del mercato interno e maggiore integrazione con l’effetto a cascata che tutto ciò potrebbe provocare sull’intera economia europea. L’idolo Greta e il suo appello catastrofico neopagano è del resto una grande occasione per quel piano di investimenti verdi che si sono già annunciati con gran flangor di buccine ed effetto trainante su tutto il sistema economico non solo europeo.



È pur vero che io ho sempre affermato la validità della favola di Esopo dello scorpione che uccide la rana che lo porta in groppa nello stagno, così uccidendo la rana e se medesimo, ma il pericolo ora mi pare così grande da far franare la rigidità luterana del debito come colpa sostituendola con il destino escatologico di un nuovo Reich che questa volta salva con la Germania tutta l’Europa. Una Ursula Albrecht und von der Leyen può aiutare a far questo perché solo l’estremo può, rassicurando il centro, trasformare il centro medesimo (Andreotti durante il compromesso storico docet).

Ma infine c’è un secondo motivo prodromico alla trasformazione. Per la prima volta nella sua storia la Germania non può assurgere a una posizione europea mondiale dominante, perché non ha e non avrà mai un esercito e perché il suo passato non passa mai. È destinata a essere una grande potenza dimidiata pur essendo uno dei grandi esportatori e produttori mondiali di armi. Per questo suo implacabile destino, se non si porrà alla testa della trasformazione della sua politica economica e quindi dell’Europa non sradicandone ogni forza economica, ma aiutando la demograficamente intellettualmente economicamente moribonda Europa a ritrovare la via della crescita, il disordine tedesco la distruggerà lentamente.

Non possiamo credere che la grande Germania di Goethe, di Heine e di Wagner possa finire come finisce Tristano nel Tristano e Isotta di Wagner: mentre Isotta giunge e potrebbe salvarlo, egli si erge, si strappa le bende e muore, perché solo nella notte potrà realizzarsi il loro amore. Sarebbe per tutta l’Europa una morte senza ritorno